Note di commento sulla zonazione sismogenetica ZS4
e di introduzione agli obiettivi del progetto 5.1.1
(a cura di P. Scandone e M. Stucchi - marzo 1999)

1. Introduzione

2. Modello sismotettonico adottato e criteri seguiti nel tracciamento delle zone

3. Significato e limiti delle zone sismogenetiche ZS4

3.1 - Definizione

3.2 - Dimensione e numero delle zone

4. Nuove zonazioni per nuovi obiettivi

4.1 - Scopi ed elementi innovativi

4.2 - Obiettivo a: valutazione la probabilità di occorrenza di terremoti medio-forti

4.3 - Obiettivo b: nuova zonazione input per valutazioni convenzionali di hazard

5. Elementi per la discussione in occasione del Workshop


1. Introduzione

Prima di avviare la discussione sugli obiettivi specifici del progetto 5.1.1 sembra opportuno fare il punto sui criteri utilizzati per il disegno della zonazione ZS4.

Come le sue versioni precedenti, la zonazione sismogenetica ZS4 è stata tracciata con lo scopo prevalente di servire da input per valutazioni di pericolosità sismica (hazard) effettuate dal GNDT applicando la metodologia di Cornell (Slejko et al., 1998) o altre metodologie (metodo "misto", ecc.).

Vale la pena di ricordare che la metodologia di Cornell era una fra le possibile scelte effettuabili all'epoca, ed anche una fra le piu' usate in Europa e nel mondo. Nonostante il fatto che alcuni dei presupposti su cui si basa siano chiaramente delle approssimazioni molto preliminari (distribuzione poissoniana dei terremoti nelle Zs, indipendenza di ciascuna sorgente da quelle adiacenti, ecc.), la metodologia e' stata adottata in quanto ritenuta coerente con il livello delle conoscenze allora disponibili e adeguata per fornire il prodotto convenuto, di tipo convenzionale (mappa degli scuotimenti con periodo di ritorno di 475 anni) finalizzato in prima istanza all'aggiornamento della normativa sismica.

ZS.4 rappresenta dunque una delle possibili zonazioni sismogenetiche; lo specifico ruolo rivestito nel calcolo dell'hazard dalla zonazione, assieme a catalogo dei terremoti, modalità di valutazione dei ratei di sismicità e leggi di attenuazione, ne ha profondamente determinato le caratteristiche, in particolare quanto a numero e dimensioni delle zone. Questo significa che una zonazione orientata a un prodotto diverso avrebbe potuto essere concepita e disegnata secondo criteri diversi da quelli adottati da ZS.4, quanto a modello di riferimento, dimensione e numero delle zone, ecc.


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2. Modello sismotettonico adottato e criteri seguiti nel tracciamento delle zone

Il modello sismotettonico che ha guidato il tracciamento delle zone è basato sulla correlazione incrociata di tre basi di dati che riguardano:

L'analisi cinematica ha svolto un ruolo di primo piano nella costruzione del modello sismotettonico, a partire dal primo obiettivo che era quello di cercare di capire dove e perché colpiscono i terremoti e con quale tipo di meccanismo si generano le rotture. L'approccio strutturale-cinematico, in definitiva, è sembrato il più promettente per giungere ad un quadro interpretativo coerente della sismicità in una regione tettonicamente complessa quale l'Italia. Questo approccio, tuttavia, non è stato inteso come alternativo ad altri approcci più classici, che utilizzano criteri di tipo geomorfologico e paleosismologico, dal momento che questi possono fornire fondamentali contributi alla caratterizzazione delle singole sorgenti in termini di massima magnitudo attesa e intervallo di ricorrenza.

La figura 1 mostra gli elementi strutturali e cinematici di ordine maggiore utilizzati nell'analisi sismotettonica per fissare le condizioni ai margini e per introdurre ulteriori vincoli all'interno del sistema. Gli elementi rappresentati sono:



Le figure 2 e 3 mostrano la distribuzione dei terremoti storici (fig. 3, catalogo NT) e attuali (fig. 2, ING 1981-1995) nel sistema cinematico analizzato.

Nel modello sismotettonico utilizzato i terremoti che bordano il margine esterno (convergente) dell'Adria sono attribuiti a thrusts e a faglie transpressive legati alla rotazione antioraria dell'Adria rispetto all'Europa. La posizione del polo di rotazione spiega, a parità di velocità angolare, l'incremento dei vettori di spostamento dalle Alpi occidentali alle Dinaridi.

Per quanto riguarda il territorio italiano, il massimo raccorciamento e il massimo potenziale sismico sono attesi a nord del Golfo di Venezia, in accordo con la sismicità storica e attuale del Friuli. Nessuna convergenza di placche, invece, viene riconosciuta in Appennino.

Nell'Arco Appenninico Settentrionale la migrazione del sistema catena-avanfossa, ancora attiva, sembra essere legata alla velocità di arretramento dell'asse di flessura della piastra adriatica più elevata della velocità di divergenza Europa-Adria nell'area. Questo processo sembra giustificare la sismicità regionale, caratterizzata da:

Nell'Appennino meridionale esistono numerose evidenze circa la cessazione della subsidenza flessurale intorno a 0.65 Ma. Il regime estensionale attuale, responsabile dei numerosi terremoti distribuiti lungo l'asse della catena, è messo in relazione alla rotazione antioraria dell'Adria.

Sul comportamento cinematico attuale dell'Arco Calabro esistono numerose incertezze dal momento che non è chiaro se la zona di Wadati-Benioff del basso Tirreno sia ancora solidale o no con la litosfera ionica. Un serio motivo di dubbio è costituito dall'assenza di terremoti superficiali con meccanismo compressivo nelle strutture ioniche dell'Arco Calabro. D'altro canto i meccanismi focali disponibili mostrano assi T compatibili con un persistente arretramento flessurale della litosfera ionica. E' stato preferito un modello di arretramento flessurale persistente e questo, di conseguenza, ha condizionato l'interpretazione sismotettonica della Sicilia settentrionale dove è stata postulata una zona di taglio transpressiva con dislocazione destra.

In Sicilia meridionale il quadro è profondamente diverso. La Scarpata Ibleo-Maltese viene interpretata come possibile limite di placca in un sistema divergente (Africa-Adria). Il sistema di faglie NE-SW presente lungo il margine nord occidentale del Plateau Ibleo è considerato attivo e legato alla flessura dell'avampaese. La sismicità del Belice è attribuita ad una zona di strappo litosferico lungo la quale vengono accomodati i diversi arretramenti flessurali del Plateau Ibleo (massimo arretramento) e della zona di Sciacca (minimo arretramento). Non viene considerato attivo, nel modello utilizzato, il sistema di Scicli.

L'attività tettonica dell'area Gargano-Tremiti e dell'Adriatico centrale è ancora mal conosciuta. Una rimobilizzazione di vecchie strutture estensionali in un regime compressivo/transpressivo (tettonica di inversione) sembra essere una ragionevole ipotesi di lavoro.

In conclusione, la sismicità dell'area italiana si inserisce in un quadro geodinamico complesso nel quale trovano coesistenza processi cinematici diversi:

La figura 4 mostra il comportamento cinematico atteso delle strutture sismogenetiche nelle varie zone del territorio nazionale:



  1. zone legate alla convergenza Adria-Europa.
    Meccanismi attesi: thrusts prevalenti con assi P paralleli ai vettori di spostamento dell'Adria (zone 4, 6, 8 16-21); transpressione destra lungo faglie NW-SE (zone 1-3); strike-slip destro (zone 10, 15) e sinistro (zona 22) lungo faglie orientate da W-E a WNW-ESE; strike-slip sinistro lungo faglie N-S (zona 5); meccanismi misti di thrust e strike-slip (zona 9).
  2. Zone di trasferimento Alpi-Appennino e Mar Ligure.
    Meccanismi attesi: strike-slip sinistro in strutture crostali superficiali e dip-slip in strutture più profonde (zone 23, 25, 26); compressione (thrust e strike-slip sinistro con assi P W-E e WNW-ESE) sovrapposti a vecchie strutture estensionali (zona 24).
  3. Zone legate allo sprofondamento passivo della litosfera adriatica sotto il sistema di catena nell'Arco Appenninico Settentrionale.
    Meccanismi attesi: thrust e strike-slip con assi SW-NE nella fascia adriatica (zone 30, 35, 38, 48, 53); prevalente dip-slip con assi T SW-NE nella fascia assiale (zone 28, 29, 32-34, 36-37, 44-47, 50-52); prevalente strike-slip destro lungo faglie NNE-SSW e subordinato dip-slip (strutture crostali più profonde) lungo faglie di strappo (zone 40, 55); dip-slip con assi T SW-NE nella fascia tirrenica (zone 27, 31, 41-42, 49, 54) con possibile strike-slip destro lungo faglie NNE-SSW.
  4. Zone legate alla disattivazione del sistema catena-avanfossa nell'Appennino meridionale e alla rotazione antioraria dell'Adria.
    Meccanismi attesi: dip-slip con assi T SW-NE (zone 57-58, 62-64).
  5. Zone dell'Arco Calabro, verosimilmente legate alla subduzione passiva della litosfera ionica, e Sicilia Settentrionale.
    Meccanismi attesi: dip-slip con assi T W-E e WNW-ESE nelle strutture longitudinali (zone 66-67, 69-72); strike-slip sinistro lungo faglie W-E (zone 65, 68); transpressione destra lungo faglie WNW-ESE (zone 75-76); strike-slip destro lungo faglie NW-SE (zona 74).
  6. Zone legate alla divergenza Africa-Adria.
    Meccanismi attesi: dip-slip lungo la Scarpata Ibleo-Maltese e strike-slip lungo faglie di trasferimento minori orientate all'incirca a 90deg. rispetto alla direzione della scarpata (zona 79).
  7. Zone di avampaese, con diversi comportamenti cinematici.
    Meccanismi attesi: dip-slip legato a faglie NE-SW connesse alla flessione della piastra di avampaese (zona 78); strike-slip destro, e possibile dip-slip in strutture più profonde, lungo faglie di trasferimento N-S (zona 77); thrust e strike-slip con assi P paralleli ai vettori di spostamento dell'Adria (zone 7 e 59-61); dip-slip legato a faglie NE-SW (zona 80).
  8. Zone in aree vulcaniche attive.
    Meccanismi attesi: dip-slip (Ischia-Campi Flegrei e Vesuvio, zona 56); dip-slip e strike-slip destro lungo faglie NW-SE (Etna, zona 73).
  9. Zone con comportamento cinematico indefinito.

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3. Significato e limiti delle zone sismogenetiche ZS4

3.1 - Definizione

Nelle valutazioni di hazard che utilizzano l'approccio Cornell ogni zona sorgente, rappresentata da un poligono, viene assunta come omogenea; all'interno di essa i terremoti possono verificarsi in ogni punto con la medesima probabilità e sono distribuiti casualmente ("spalmatura" degli eventi). E' bene sottolineare che le ZS concepite in questa prospettiva rappresentano una combinazione ragionata di elementi geologici e sismologici e non, viceversa, un contour di elementi geologici nel quale si innesta, successivamente, un catalogo sismico. In altre parole, geometria delle zone e ratei di sismicità sono entrambi elementi costitutivi della zonazione.

Ora, l'assunzione che terremoti di magnitudo medio-alta possano verificarsi con la stessa probabilità in un punto qualsiasi di una certa zona rappresenta, ovviamente, una sovrasemplificazione. Ciascuna ZS di ZS4, infatti, è caratterizzata da un sistema di strutture sismogenetiche consistente al proprio interno in termini di geometria e cinematica e coerente con i sistemi attivi delle zone adiacenti. Ciascuna zona rappresenta in sostanza la proiezione in superficie di un segmento più o meno lungo di un sistema di faglie attive capaci di generare terremoti; essa contiene quindi uno o più segmenti di faglie maggiori, responsabili degli eventi di più alta energia, e numerose faglie minori associate, responsabili degli eventi di più bassa energia. In questo senso i ratei di sismicità di ciascuna zona, comunque vengano calcolati, rappresentano valori che spesso mediano fra caratteristiche di rilascio dell'energia molto diverse fra loro.

La sovrasemplificazione che è stata introdotta assumendo zone al loro interno omogenee ha rappresentato dunque un prezzo coscientemente pagato per procedere in tempi ragionevoli a valutazioni di hazard relative all'intero territorio nazionale che tenessero conto in qualche modo delle informazioni allora disponibili.

Va infine osservato che, di fatto, nella prospettiva adottata ZS4 identifica 80 zone indipendenti ciascuna dall'altra e che il catalogo sismico, costruito in stretta connessione con la zonazione, può essere inteso come la somma di 80 sottocataloghi indipendenti (più uno riferito alla zona di background).

3.2 - Dimensione e numero delle zone

L'operazione di "spalmatura" che viene effettuata nelle procedure di tipo Cornell fa sì che, a parità di eventi contenuti in catalogo, i valori dei descrittori dello scuotimento atteso in un sito, in un certo intervallo temporale, varino sensibilmente al variare della dimensione dell'area sorgente.

Il criterio adottato nell'assegnare alle zone una certa larghezza è stato quello di mediare tra terremoti maggiori (che potrebbero essere contenuti in poligoni più stretti) e terremoti minori, ma comunque superiori alla soglia del danno, che sono di regola circoscritti da zone più larghe. Circa la lunghezza, il criterio seguito è stato quello geometrico-cinematico (continuità o meno delle strutture e omogeneità di comportamento cinematico) integrato dalle conoscenze disponibili sulla distribuzione spazio-temporale della sismicità. Il numero di zone nelle quali è stato diviso il territorio nazionale è la diretta conseguenza dell'applicazione di questi criteri.

Rispetto a dimensione e numero delle zone adottati da ZS4 si sono avute, da parte della comunita' scientifica, obiezioni di segno opposto.

Da una parte alcuni utenti, preoccupati del basso numero di eventi disponibili per effettuare valutazioni statistiche in determinate zone, hanno suggerito accorpamenti di piu' zone. Ora, operazioni che comportano l'accorpamento di più zone sismogenetiche di piccola estensione in poligoni di dimensioni maggiori possono apparire, prima vista, come un'utile semplificazione di un modello troppo articolato e, tutto sommato, non esente da grosse incertezze. E' da tener presente, tuttavia, che, come si e' detto, l'effetto "spalmatura dei terremoti" nelle procedure di tipo Cornell influisce pesantemente sui risultati. In caso di accorpamenti non giustificati dalla geologia e dalla sismicità questo effetto potrebbe portare ad una sensibile sopravalutazione dell'hazard in aree a sismicità moderata e ad una sottovalutazione in aree ad elevata sismicità.

Dall'altra parte e' stato obiettato che alcune zone proponevano una immagine troppo ampia della zona sorgente, e determinavano pertanto una distribuzione dei valori di scuotimento atteso al sito troppo smussata (valori troppo alti in periferia e non abbastanza alti al centro). In un buon numero di casi questo problema è stato parzialmente superato con l'adozione, in sede di calcolo, di distribuzioni non uniformi di probablità all'interno delle sorgenti.


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4. Nuove zonazioni per nuovi obiettivi

4.1 - Scopi ed elementi innovativi

Gli obiettivi e i risultati da conseguire entro la fine di giugno 1999 sono esplicitati nel PE 1998. Prima di entrare nel merito delle modalità di disegno di una nuova zonazione o anche, più semplicemente,dell'eventuale revisione di ZS4, occorre porsi il problema della sua possibile destinazione.

La situazione attuale si presenta abbastanza diversa rispetto al 1996. Da un lato l'aggiornamento delle classificazione sismica è in marcia, a cura di una commissione istituita dal DPS presso il SSN che ha utilizzato l'elaborato GNDT accanto ad altri elaborati. L'obiettivo di una nuova mappa di pericolosità sismica a scala nazionale, in termini di probabilità di scuotimento al sito, non e' quindi fra gli obiettivi prioritari del GNDT in questa fase di chiusura della convenzione triennale 1996-1998. Dall'altro canto la comunità scientifica ha da tempo convenuto che le nuove valutazioni dell'hazard debbano essere effettuate con metodi nuovi, capaci di utilizzare appieno il patrimonio di informazioni geologiche e sismologiche che si viene accumulando: in questa direzione si muove il progetto 6a2.

In questo contesto il progetto 5.1.1 si pone i seguenti obiettivi:

   a valutare la probabiltà di occorrenza di terremoti medio-forti sul territorio nazionale
   b(in sub-ordine) riconsiderare la zonazione ZS4 nella prospettiva nell'ipotesi di un suo possibile futuro utilizzo come input per il calcolo dell'hazard con metodologie convenzionali.

Per il conseguimento di entrambi gli obiettivi un passaggio chiave è rappresentato da un ruolo maggiore e piu' decisivo giocato dalle faglie attive principali e dai terremoti medio-forti, rispetto a quelli di energia minore. In questa prospettiva gli elementi di novità possono riguardare:

4.2 - Obiettivo a: valutazione della probabilità di occorrenza di terremoti medio-forti

Per il conseguimento di questo obiettivo verranno considerati prevalentemente i terremoti di energia medio-alta (M 5.5) e le strutture attive ritenute capaci di generare i suddetti terremoti. I terremoti di energia inferiore verranno utilizzati solo come traccianti delle zone attive e non come elementi utili per il calcolo dei tassi di sismicità all'interno di una singola zona, posto che le relazioni tipo Gutenberg e Richter sono provate funzionare solo su aree molto estese.

Ove possibile, i tassi di sismcità saranno valutati non solo a partire da ipotesi di indipendenza delle singole zone rispetto a quelle circostanti, ma introducendo elementi di dipendenza.

4.3 - Obiettivo b: nuova zonazione input per valutazioni convenzionali di hazard

La gestione differenziata delle strutture sismogenetiche si tradurrà nel fatto che le faglie maggiori verranno rappresentate da linee o poligoni più o meno stretti (proiezione in superficie della porzione sismogenetica della superficie di faglia); a ciascuna linea o poligono dovrebbe corrispondere una singola faglia o segmento di faglia. Le faglie minori, invece, potrebbero essere rappresentate da poligoni più larghi risultanti dalla proiezione in superficie dell'inviluppo dei sistemi sintetici e antitetici associati alla faglia principale.

La completezza dei dati andrà valutata con criteri misti (solo storici per terremoti medio-forti - vedi obiettivo a - e storico-statistici per i terremoti di energia medio-bassa). I ratei di sismicità andranno valutati in modo coerente con il diverso ruolo attribuito ai terremoti medio-forti e con le modalità di valutazione della completezza.


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5. Elementi per la discussione in occasione del Workshop

Scopo del Workshop del 30/31 marzo e' di discutere i punti programmatici esposti piu' sopra e i contributi delle UR al raggiungimento degli obiettivi fissati.

La discussione generale sulla zonazione ZS4, prevista al mattino del giorno 30, richiede brevi interventi da parte di tutte le UR sugli aspetti generali discussi più sopra in questo documento.

La discussione sulle caratteristiche sismogenetiche delle varie aree, prevista al pomeriggio del 30, richiede interventi di maggior dettaglio riguardanti:





Figura 1


Figura 2




Figura 3




Figura 4

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Ultimo aggiornamento: 24 marzo 1999