La revisione delle ZS è stata fatta sulla base di un percorso logico che usa, come dato di partenza, i terremoti. E' il modo forse più semplicistico per affrontare il problema, non esente anche da alcuni rischi se si pensa al caso del Belice, area riconosciuta sismica solo in seguito agli eventi del 1968. Tuttavia, considerato che i dati geologico-strutturali e neotettonici disponibili per la Sicilia sono spesso fortemente disomogenei per quantità, dettaglio ed interpretazione, l'approccio adottato è una scelta pressochè obbligata per chi non si confronta giornalmente con problematiche geologiche specifiche.
Abbiamo quindi da una parte i terremoti conosciuti, dall'altra un quadro strutturale di riferimento con i problemi di cui sopra; per correlare gli uni all'altro dobbiamo rispondere ad alcune domande:
Il procedimento seguito è articolato essenzialmente in tre fasi. Viene riportato di seguito un esempio relativo alla Sicilia sud-orientale.
Prima fase
1) Analisi dei dati sismologici disponibili, macrosismici e strumentali,
per i terremoti medio-forti; analisi degli eventi minori, con studi
ad-hoc per quelli privi di dati di base; analisi dell'evoluzione
spazio-temporale delle sequenze sismiche. Questo ultimo punto è molto
importante soprattutto per i grandi terremoti storici che abitualmente vengono
considerati come un unico evento ma di fatto sono spesso la somma di scosse
ripetute in breve spazio di tempo (es. 1542, 1693, 1968). La figura in alto
mostra la distribuzione della sismicità nell'area iblea dal 1000 ad
oggi. I cerchi rappresentano gli epicentri macrosismici tratti dal catalogo
NT4.1.1 (Camassi & Stucchi, 1996) e CFT (Boschi et
al., 1997), nonché da studi recenti (Azzaro & Barbano, 1999);
i quadrati gli epicentri strumentali recenti (dati ING 1986-1995, da Amato
et al., 1995; Salvi et al., 1996). I poligoni rappresentano le zone
sismogenetiche definite da Scandone et al. (1992).
2) Analisi dei singoli terremoti: epicentro macrosismico e strumentale, se
disponibili eventuali informazione sulla profondità e sul meccanismo
focale; problematiche relative alla parametrizzazione dell'evento da dati
macrosismici: distribuzione delle intensità nel near e
far-field, sovrapposizione delle aree di danneggiamento dell'evento
principale e di eventuali fore- e aftershocks; distribuzione
degli aftershocks. Informazioni su fagliazione di superficie, fratture,
distribuzione di frane, fenomeni di liquefazione, tsunami, etc. associati
ai terremoti. Tutti questi elementi possono aiutare a vincolare meglio
l'ubicazione della sorgente, in mancanza e/o ad integrazione dei dati
strumentali.
Seconda fase
1) Analisi delle carte geologico-strutturali e neotettoniche disponibili;
eventuali profili sismici, anomalie gravimetriche e vulcanismo; scelta di
un modello cinematico di riferimento. La mappa a fianco mostra un esempio
di sintesi fatto per la Sicilia sud-orientale, sulla base dei dati di Carbone
et al. (1987), Bianchi et al. (1987), Grasso & Reuther (1988), Ben-Avraham
& Grasso (1991), Lentini et al. (1996).
2) Raccolta di informazioni di letteratura sull'attività recente di
sistemi strutturali e singole faglie: in particolare successione delle fasi
deformative, elementi morfotettonici di rilievo, cinematica, tassi di
scorrimento, campi di stress locale e regionale.
Terza fase
1) Individuazione delle faglie (o sistemi) più vicine alle sorgenti dei terremoti e compatibili con i meccanismi degli stessi. Associazione dei terremoti alle faglie sulla base della loro attività, geometria, dimensione; evidenze per una loro eventuale segmentazione.
Le associazioni che ne derivano possono non essere univoche e talora sono anche problematiche, soprattutto quando mancano (o non sono noti per il tipo di approccio usato) gli indicatori di attività recente per una data faglia. In tal caso si possono ipotizzare riattivazioni di strutture più antiche od anche cieche.
Nel caso della Sicilia sud-orientale la sismicità sembra prevalentemente
associabile a faglie regionali che giocano un ruolo importante nell'evoluzione
geodinamica recente dell'area. E' stata considerata anche l'associazione
strutture-terremoti minori per avere un quadro quanto più omogeneo
e completo possibile delle strutture potenzialmente sismogenetiche. I dati
analizzati suggeriscono che la Scarpata Ibleo-Maltese sia la sola struttura
con dimensioni tali da poter generare terremoti di magnitudo M > 7 e provocare
tsunami come quelli verificatisi in occasione dei catastrofici terremoti
del 1169 e 1693. Altri terremoti che potrebbero essere associati a questa
struttura sono quelli del 20/2/1818, del 1846 e 1848. Alla Linea di Scicli
ed al sistema di faglie che delimita a nord il Plateau Ibleo (graben
Scordia-Lentini, strutture responsabili della flessura dell'avampaese al
di sotto la catena) sono associabili terremoti con magnitudo massima 5.2
e 6.4, rispettivamente. Strutture minori legate alle principali causano terremoti
con magnitudo minori a 5.0. Tenendo conto dell' ubicazione delle faglie
principali all'interno delle ZS di riferimento si può ipotizzare il
loro ridimensionamento.
2) Verifica che i segmenti attivi ipotizzati siano dimensionalmente compatibili
con la rottura del terremoto associato.
Nella tabella qui allegata la lunghezza dei segmenti di faglia è ricavata
dalla cartografia geologica disponibile, quella delle rotture sismiche è
calcolata tramite la relazione di Wells & Coppersmith (1994) per i terremoti
di MS >= 5.2.
|
prevalente |
|
|
associati |
rottura (km) |
|
|
|
|
||
Scarpata di Malta |
|
|
|
11.1.1693 22.4.1846 11.1.1848 |
41 3.8 |
|
|
9.1.1693 ? |
7 |
||
|
|
28.2.1818 13.4.1895 |
|
||
|
|
|
|
23.1.1980 |
|
|
|
|
|||
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
||
|
|
|
4.10.1878 |
|
|
|
|
|
|
13.7.1903 2.1.1909 |
|
|
|
|
10.2.1903 |
|
|
|
|
|
6.3.1937 |
Bibliografia
Amato, A., R. Azzara, A. Basili, C. Chiarabba, M. Cocco, M. Di Bona & G. Selvaggi (1995): Main shock and aftershocks of the December 13, 1990, Eastern Sicily earthquake, Annali di Geofisica, 38, 2 (May), 255-266.
Azzaro, R. & M.S. Barbano (1999): Analysis of seismicity of Southeastern Sicily: proposal of a tectonic intepretation. Annali di Geofisica, in stampa.
Ben-Avraham, Z. & M. Grasso (1991): Crustal structure variations and transcurrent faulting at the eastern and western margins of the eastern Mediterranean, Tectonophysics, 196, 269-277.
Bianchi, F., S. Carbone, M. Grasso, G. Invernizzi, F. Lentini, G. Longaretti, S. Merlini & F. Mostardini (1987): Sicilia orientale: profilo geologico Nebrodi-Iblei, Memorie Società Geologica Italiana, 38, 429-458.
Boschi, E., E. Guidoboni, G. Ferrari, G. Valensise & P. Gasperini (Editors) (1997): Catalogo dei forti terremoti in Italia dal 461 a.C. al 1990, ING-SGA, Ozzano Emilia, 644 pp.
Camassi, R. & M. Stucchi (Ed.) (1996): NT4.1 - a parametric catalogue of damaging earthquakes in the Italian area (release NT4.1.1), GNDT-CNR open file report, Milano, 93 pp.(http://www.emidius.itim.mi.cnr.it/NT/CONSNT.html).
Carbone, S., M. Grasso & F. Lentini (1987): Lineamenti geologici del plateau Ibleo (Sicilia SE). Presentazione delle carte geologiche della Sicilia sud-orientale, Memorie Società Geologica Italiana, 38, 127-135.
Grasso, M. & C.D. Reuther (1988): The western margin of the Hyblean Plateau: a neotectonic transform system on the SE Sicilian foreland, Annales Tectonicæ, II, 2, 107-120.
Lentini, F., S. Carbone, S. Catalano & M. Grasso (1996): Elementi per la ricostruzione del quadro strutturale della Sicilia orientale, Memorie Società Geologica Italiana, 51, 179-195.
Salvi, S., C.A. Brunori, A. Amato, E. Boschi & G. Selvaggi (1996): Italian seismicity 1986-1995, carta a scala 1:1.500.000, Istituto Nazionale di Geofisica, Roma.
Scandone, P., E. Patacca, C. Meletti, M. Bellatalla, N. Perilli & U. Santini (1992): Struttura geologica, evoluzione cinematica e schema sismotettonico della penisola italiana, Atti Conv. Naz. GNDT, Pisa, 25-27 Giugno 1990, 1, pp. 119-135.
Wells, D.L. & K.J. Coppersmith (1994): New empirical relationships among magnitude, rupture lenght, rupture area, and surface displacement, Bulletin Seismological Society of America, 84, 4, 974-1002.