Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell'emergenza post-sismica

 

 

 

4. ISTRUZIONI ALLA COMPILAZIONE DELLE SEZIONI 4, 5, 6 e 7: DANNO AD ELEMENTI STRUTTURALI E NON STRUTTURALI, PERICOLO ESTERNO, TERRENO E FONDAZIONI

 

4.1 Premessa

4.2 Definizione sintetica del livello ed estensione del danno agli elementi strutturali principali

4.3 Edifici in muratura

4.4 Edifici in c.a.

4.5 Danni ad elementi non strutturali

4.6 Pericolo esterno indotto da altre costruzioni

4.7 Terreno e fondazioni

 

 

4.1 Premessa

L'esame del danno e delle condizioni di vulnerabilità conduce alla stima del rischio strutturale (Sezione 8), in termini di modifica della capacità portante della struttura rispetto ad uno stato originario di riferimento. Per un edificio progettato secondo i criteri di un moderno Codice per le costruzioni antisismiche tale stato corrisponde concettualmente ad un livello di sicurezza assoluta accettato; per gli altri edifici questo livello non è garantito.

Ovviamente un esame speditivo, come quello condotto per la verifica di agibilità, non può avere l'obiettivo di garantire un definito grado di sicurezza assoluta (come già discusso nel § 1.3), tuttavia non è in molti casi accettabile nemmeno limitarsi alla considerazione della modifica della situazione dell'edificio rispetto alle condizioni pre-evento. Questa seconda impostazione, infatti, è basata sul duplice assunto che la condizione dell'edificio prima dell'evento fosse soddisfacente (socialmente accettata) e che l'agibilità è dichiarata tenendo conto di una scossa che sia risentita con intensità non superiore a quella già sperimentata. Il patrimonio edilizio italiano, però, ha una forte presenza di strutture antiche, sulle quali, successivamente all'originale realizzazione, sono intervenute modifiche, ristrutturazioni, danneggiamenti di varia natura e successive riparazioni. Ci sono poi situazioni in cui anche la realizzazione originaria non dà nessuna reale garanzia essendo legata a processi edilizi spontanei. Su tali strutture il danneggiamento deriva da un processo di accumulo dei danni, nel quale la sicurezza non è riferibile all'incremento di danno prodotto dall'ultimo evento, ma piuttosto alla condizione complessiva di danneggiamento. In conseguenza di ciò limitare l'osservazione del danno all'effetto dell'ultimo evento potrebbe essere fuorviante. Al contrario è opportuno prendere in considerazione il danno totale come effetto cumulato di tutte le modifiche intervenute. In questo modo, inoltre, il compito del rilevatore è fortemente facilitato, riducendo la possibilità di errori di giudizio su una situazione non direttamente conoscibile. La stima della condizione pre - evento è, pertanto, richiesta solo in termini sintetici e globali, al solo scopo di capire quale sia stata l'incidenza dell'evento sismico nel determinare le condizioni attuali dell'edificio.

Nel § 4.2 sono riportate descrizioni dei livelli di danno più estese di quelle contenute nella 4° facciata della scheda di rilievo, in modo sintetico. Nei §§ 4.3 e 4.4 tali descrizioni sono ancora più dettagliate per gli edifici in muratura e gli edifici in c.a..

Per consentire una migliore comprensione, agli aggettivi che qualificano i livelli sono spesso associate delle misure orientative che hanno il solo scopo di uniformare il linguaggio, senza che sia richiesto al rilevatore di procedere alla misura in sito. Nei commenti vengono forniti alcuni spunti di riflessione per interpretare il più possibile in chiave meccanica i livelli di danno: le descrizioni non sono esaustive e sono riferite a casi frequentemente osservati; in condizioni particolari, ad uno stesso danno apparente sarà possibile associare meccanismi e conclusioni diverse. In generale al danno leggero D1 è associato un rischio strutturale basso (anche se non si può escludere un danno non strutturale elevato e quindi la necessità di provvedimenti cautelativi), mentre al danno D4-D5 è associato in ogni caso un rischio strutturale elevato. Il livello di danno intermedio D2-D3 comprende una varietà di situazioni che, in relazione al tipo e alla estensione, possono condurre a diversi giudizi di rischio strutturale: la sua interpretazione è quindi più articolata e problematica.

 

 

4.2 Definizione sintetica del livello ed estensione del danno agli elementi strutturali principali

 

 

 

 

I danni da riportare nella sezione 4 sono quelli apparenti, cioè quelli riscontrabili a vista sui componenti strutturali al momento del sopralluogo, siano essi preesistenti o collegabili al sisma.

Le prime 4 righe sono riferite agli elementi strutturali principali; la riga 5 è riferita ad elementi non strutturali di particolare rilevanza (tamponature e tramezzi) che possono modificare la resistenza e/o la risposta della struttura, in particolare di quelle intelaiate; la riga 6 invece registra in modo cumulativo per tutto l'edificio la parte del danno totale che si valuta preesistente al sisma. Le colonne sono differenziate in modo da consentire di definire il livello di danno e la sua estensione.

 

La descrizione si effettua semplicemente spuntando le caselle della tabella pertinenti al caso in esame con le seguenti avvertenze:

 

 

La stima dell'estensione va effettuata separatamente per ogni riga e con riferimento all'intero edificio. Questo deve essere inteso nel senso che per ogni componente elencata nelle righe si deve:

 

  1. rilevare la presenza di ognuno dei tre livelli di danno; va precisato che se uno dei tre livelli di danno non si presenta per una data componente, non si spunterà nessuna delle tre caselle previste sulla relativa riga;

  2. stimare l'estensione da assegnare a ognuno dei tre livelli. Si dovranno opportunamente combinare rapporti percentuali relativi al numero di piani danneggiati rispetto al numero di piani totali e rapporti percentuali, in ogni piano, delle parti o superfici danneggiate sul totale delle parti o superfici totali del piano.

 

Ad esempio se in un edificio in muratura di 3 piani il livello di danno D2-D3 riguarda il 60% delle pareti al piano terra, l'estensione per l'intero edificio sarà pari a 60 x 1/3 = 20 % e quindi <1/3 (riga 1, colonna F).

Analogamente per un edificio in c.a. di 3 piani, qualora fossero compromessi con un livello di danno D3 il 90% dei nodi del primo livello, la relativa estensione del danno D3 per le strutture verticali sarebbe <1/3 (90% x 1/3 = 30%).

Va precisato comunque che la misura dell'estensione non è il solo indice significativo della gravità del danno dal punto di vista strutturale (evidentemente molto più alto nell'esempio precedente).

La somma delle estensioni danneggiate per ogni riga non potrà superare 1. Non è pertanto compatibile ad esempio una codifica che attribuisca estensione > 2/3 sia a D1 sia a D2-D3.

Viceversa quando la somma delle estensioni per la stessa riga è inferiore a 1 si intende che in significative parti dell'edificio la componente considerata non ha subito alcun danno (stato D0). Ad esempio se in riga 1 l'estensione < 1/3 è attribuita sia a D1 sia a D2-D3, e non si registrano danni di livello D4-D5, deve presumersi che almeno in 1/3 dell'estensione delle pareti dell'edificio non presenta alcun danno.

 

Nel caso degli orizzontamenti la stima può essere fatta considerando il rapporto tra tutti i campi di solaio (volte o solai piani) che presentano il livello di danno considerato in rapporto al totale dei campi nell'edificio.

Nel caso delle scale il riferimento può essere il totale delle rampe inclusi i pianerottoli.

Nel caso della copertura si può fare riferimento all'estensione della superficie danneggiata (riferita all'area coperta in pianta) o al numero di elementi portanti.

Nel caso del danno preesistente (riga 6), per la stima dell'estensione valgono le considerazioni sin qui fatte con la differenza che essa deve essere espressa con riferimento all'insieme di tutte le componenti dell'edificio e quindi deve risultare da un giudizio sintetico del rilevatore che rappresenti ragionevolmente la condizione generale di danneggiamento prima del sisma.

 

La definizione del livello di danno riscontrato è di particolare rilevanza, essa è basata sulla scala macrosismica europea EMS98 [4], integrata con le definizioni puntuali utilizzate nelle schede di rilievo GNDT [1, 2].

La scala EMS98 prevede sei possibili stati di danneggiamento (da D0: nessun danno, a D5 distruzione) per l'edificio nel suo complesso, in base al livello e all'estensione del danno agli elementi strutturali e non strutturali dell'edificio. Dovendo nella scheda raccogliere puntuali descrizioni del danno e della sua estensione separatamente per le diverse strutture principali (Sezione 4) e per le parti non strutturali (Sezione 5) è sembrato sufficiente graduare 3 livelli di danno, accorpando il livello D2 con D3 e D4 con D5. La loro definizione corrisponde alla sommaria descrizione riportata di seguito; maggiori dettagli sono riportati nei §§ 4.3 e 4.4.

 

D1 danno leggero è un danno che non cambia in modo significativo la resistenza della struttura e non pregiudica la sicurezza degli occupanti a causa di possibili cadute di elementi non strutturali; il danno è leggero anche se queste ultime possono rapidamente essere scongiurate.

Murature: lesioni di ampiezza £ 1 mm, comunque distribuite nelle murature e negli orizzontamenti senza espulsione di materiale, distacchi limitati o lievi dislocazioni (£ 1 mm) fra porzioni di strutture, ad esempio fra muri e solai o fra muri e scale o fra muri ortogonali. Fuori piombo limitati e non associati a fenomeni di distacco in elevazione o a cedimenti fondali dovuti al sisma, che quindi possono essere ritenuti preesistenti e non influenti sulla capacità delle strutture. Dissesti limitati alle coperture più deformabili (legno o acciaio), con conseguente caduta di qualche tegola ai bordi. Cadute di piccoli pezzi di intonaco o di stucco non legati alla muratura e degradati.

Cemento armato: lesioni lievi nelle travi (fino a 1 mm), lesioni capillari (< 0.5 mm) non verticali nelle colonne o nei setti. Lesioni fino a 2 mm di distacco delle tamponature dalle strutture, lievi lesioni diagonali delle tamponature (<1 mm).

 

D2-D3 danno medio - grave: è un danno che potrebbe anche cambiare in modo significativo la resistenza della struttura, senza che però venga avvicinato palesemente il limite del crollo parziale di elementi strutturali principali. Possibili cadute di oggetti non strutturali.

Murature: lesioni di maggiore gravità rispetto al D1, anche con espulsioni di materiale e con ampiezza di qualche mm (fino a circa 1 cm) o più ampie in prossimità delle aperture, sintomi di lesioni da schiacciamento, distacchi significativi fra solai e/o scale e pareti e fra pareti ortogonali, qualche crollo parziale nell'orditura secondaria di solai. Lesioni nelle volte di qualche mm e/o con sintomi di schiacciamento. Nelle coperture in legno o in acciaio con manto di tegole, sconnessioni nell'orditura secondaria e spostamenti apprezzabili (fino a circa 1 cm) degli appoggi delle travi principali, sconnessioni nell'orditura secondaria e caduta di una porzione rilevante del manto di tegole. Fuori piombo visibili riconducibili al sisma ma comunque inferiori all'1% circa.

Cemento armato: lesioni da flessione nelle travi fino a 4LJ mm, lesioni nei pilastri e nei setti in c.a. fino a 2Dž mm, inizio di sbandamento delle barre compresse nelle colonne con espulsione del copriferro, fuori piombo residui appena percettibili. Nelle tamponature lesioni evidenti (> 2mm) dovute a distacco dalla struttura, lesioni diagonali fino a qualche mm, evidenti schiacciamenti agli angoli a contatto con le strutture portanti, a volte con espulsioni localizzate di materiale.

 

D4-D5 danno gravissimo: è un danno che modifica in modo evidente la resistenza della struttura portandola vicino al limite del crollo parziale o totale di elementi strutturali principali. Stato descritto da danni superiori ai precedenti, incluso il collasso.

 

 

4.3 Edifici in muratura

 

Le tipologie murarie presenti in Italia sono molto diverse fra loro (vedi sezione 3), sia per quanto riguarda i materiali costituenti (blocchi e malta) sia per il tipo di apparecchio. Di queste differenze occorre tenere conto nell'associare al danno apparente (p. es. tipologia di lesione ed ampiezza), il livello di rischio strutturale conseguente. Le indicazioni fornite nel seguito sono da intendersi come orientative e valide per le tipologie murarie nelle quali la capacità di dissipare energia è maggiormente legata a fenomeni attritivi che mantengono una certa stabilità anche a seguito di lesioni modeste: ad esempio le murature con blocchi pieni grossolanamente o ben squadrati con malte di calce o bastarde. Le murature in blocchi forati e con malte di ottima qualità, possono, invece, vedere maggiormente ridotta la loro capacità residua a seguito di lesioni. Le murature caotiche con elementi naturali, si danneggiano in genere con maggiore facilità, spesso hanno consistenti gradi di danno preesistente, però per gradi modesti di danno non subiscono consistenti riduzioni di capacità viceversa possono manifestare comportamenti fragili con perdita improvvisa di geometria e quindi di resistenza e portanza dei carichi verticali, quando i dissesti si aggravano.

Cautele ancora maggiori devono essere utilizzate nell'analizzare il danno a strutture che siano state in passato riparate con interventi pesanti, come le iniezioni o l'intonaco armato. In tali casi, e soprattutto per l'intonaco armato su murature di cattiva qualità, le lesioni che si riscontrano sulle superfici dei paramenti intonacati possono corrispondere ad un diffuso scompaginamento interno dell'apparecchio murario, con conseguente separazione della vecchia muratura dalla riparazione.

 

 

 

Fig. 4.1 - Schema di riferimento per le lesioni alle murature [ modificata da [1])

 

1: Lesioni ad andamento pressoché verticale sulle architravi di aperture (Fig. 4.2);

2: lesioni ad andamento diagonale nelle fasce di piano (parapetti di finestre, architravi) (Fig. 4.11);

3: lesioni ad andamento diagonale in elementi verticali (maschi murari) (Fig. 4.8);

4: schiacciamento locale della muratura con o senza espulsione di materiale (Fig. 4.9 e 4.20);

5: lesioni ad andamento pressoché orizzontale in testa e/o al piede di maschi murari (Fig. 4.8);

6: lesioni ad andamento pressoché verticale in corrispondenza di incroci fra muri (Fig. 4.2, 4.4);

7: come 6 ma passanti (4.10, 4.11, 4.12);

8: espulsione di materiale in corrispondenza degli appoggi di travi dovuta a martellamento;

9: formazione di cuneo dislocato in corrispondenza della intersezione fra due pareti ad angolo (Fig. 4.13);

10: rottura di catene o sfilamento dell'ancoraggio;

11: lesioni ad andamento orizzontale in corrispondenza dei solai (Fig. 4.12, 4.15) o sottotetto (Fig. 4.7);

12: distacco di uno dei paramenti di un muro a doppio paramento (Fig. 4.14).

 

 

4.3.1 Livello D0 - danno nullo

Rientrano in questa categoria anche eventuali fessurazioni da ritiro nell'intonaco, i segni di piccoli dissesti avvenuti in passato, riparati e non riattivati.

 

4.3.2 Livello D1 - danno leggero

 

4.3.2.1 Murature

Ci si riferisce di seguito a lesioni che interessino la muratura e non solo l'intonaco.

Lesioni lievi per flessione in testa o al piede dei maschi murari (tipo5 £ 1 mm) e in corrispondenza di angoli di aperture o sugli architravi di porte e finestre (tipo 1 £ 1 mm, Fig. 4.2): il primo tipo può essere sintomo di un lieve e temporaneo superamento della resistenza a trazione della muratura nelle zone più sollecitate che è stato quasi completamente annullato una volta cessato l'evento sismico. L'innesco di queste lesioni è spesso agevolato dalle concentrazioni di tensione dovute agli spigoli delle aperture, che generalmente si scaricano attraverso una ‘naturale' ridistribuzione dell'andamento delle forze. Piccole lesioni negli architravi possono essere dovute anche alla formazione di archi di scarico e al successivo superamento della resistenza a trazione nella porzione di muro sottostante l'arco (Fig. 4.3). In questi casi occorre però valutare se esiste un ‘piede' sufficiente per la stabilità della zona di muratura sottostante l'arco, altrimenti prescrivere il puntellamento cautelativo dell'apertura. La lesione che parte dall'architrave, si estende su tutta la fascia di piano e trova corrispondenze ai piani superiori, è sintomo probabile di un diverso meccanismo, non più localizzato, che può preludere alla separazione di intere fasce verticali dell'edificio. Se l'apertura è limitata e non si notano segni di dissesto nel terreno si potrà ritenere che la capacità portante non sia significativamente alterata, specialmente se sono presenti elementi di collegamento e cucitura ai piani (cordoli e catene).

Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle fasce di piano (tipo 2,3 £ 1 mm). Questo tipo di lesioni può indicare il superamento della "resistenza a taglio" nei pannelli murari, ma l'entità limitata del danno visibile può far ritenere che non siano significativamente variati i meccanismi di trasmissione delle forze per attrito e per ammorsamento dei blocchi, così che sia praticamente ancora disponibile la capacità portante originaria.

Lesioni da schiacciamento (tipo 4) di lieve entità (appena percettibili e in ogni caso < 1 mm). Si tratta di lesioni imputabili a schiacciamento locale della muratura con sgretolamento della malta e/o di elementi lapidei o laterizi, senza espulsione di materiale. Questo tipo di danneggiamento può indicare un superamento localizzato della resistenza a compressione della muratura, magari favorito da condizioni di maggior degrado e minor confinamento tipiche degli angoli. Va valutato con estrema attenzione, se limitato a un sintomo lieve può essere annoverato in questa categoria, altrimenti è elemento per passare al livello di danno superiore. Ovviamente occorre attenzione per non confondere questa diagnosi con fenomeni che possono dare sintomi simili, come, ad esempio, le espulsioni di intonaco dovute all'effetto combinato di rigonfiamenti per umidità e a qualche lieve scuotimento (magari vibrazioni da traffico). In questi casi è opportuno tentare di eliminare localmente l'intonaco per esaminare la muratura.

Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci (tipo 6 - non passanti - e 7 - passanti- di ampiezza inferiore a circa 1 mm (Fig. 4.2). Questo tipo di lesioni, specie quelle passanti, indica la perdita di connessione fra murature ortogonali, il che può portare progressivamente alla formazione di setti scollegati (Fig. 4.4). A questi livelli di danno il fenomeno è generalmente all'inizio. Talvolta si tratta di una modesta riattivazione di uno stato preesistente. Si può quindi ritenere che lo schema statico iniziale non sia cambiato sostanzialmente e classificare il danno come leggero. Particolare attenzione deve essere posta alla presenza di vincoli efficaci a livello di solai e copertura. Quando questi sono assenti la sconnessione, se prosegue, può portare all'isolamento di pareti alte e snelle suscettibili di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali. Questa situazione può essere opportunamente segnalata in nota.

Lesioni tipo 8 sono generalmente attribuibili alla spinta localizzata di elementi come travi in legno, puntoni etc. Se il dissesto murario è appena percettibile si può ritenere che non sia stata alterata significativamente né la condizione di vincolo, né la capacità della muratura (che non deve presentare ovviamente fuori piombo ricollegabili a questo fenomeno).

Le lesioni tipo 9 si presentano a volte nella parte sommitale delle costruzioni, soprattutto in assenza di idonei collegamenti (cordoli, catene, cerchiature, tiranti). Il meccanismo che si attiva è in genere quello di scorrimento di un ‘cuneo' di struttura muraria dovuto alle forze orizzontali e non contrastato da idonei ritegni. Il fenomeno può estendersi ai piani sottostanti in assenza di collegamenti efficaci alla quota dei solai. Se il fenomeno è molto localizzato e le lesioni sono modeste, si può ritenere non pericoloso anche a fronte di future scosse della medesima entità merita in ogni caso di essere segnalato in nota anche a questo livello in modo che eventuali future ispezioni a seguito di ulteriori scosse ne controllino l'evoluzione.

Lievi danni alle catene (tipo 10). L'allungamento delle catene o anche la deformazione permanente delle zone di ancoraggio (piastre, zeppe, muratura sottostante) è indice di un impegno eccessivo dell'elemento strutturale che ha portato alla plasticizzazione di alcune sue parti, il che rivela un'insufficienza rispetto all'azione da contrastare. Quando non ci sono vere e proprie rotture e la plasticizzazione è poco rilevante si può ritenere che la struttura, deformandosi, abbia trovato un assetto abbastanza stabile.

Fuori piombo visibili in edifici antichi, se stabilizzati e non riattivati dal terremoto (Fig. 4.5), potrebbero essere ritenuti non influenti sulla sicurezza perché facenti parte ormai di un consolidato equilibrio statico complessivo. Ovviamente quanto più l'entità del fuori piombo è sensibile tanto più occorre considerare il quadro complessivo dell'edificio e valutare se tale danno possa ritenersi effettivamente ininfluente, discernendo i casi di fuori piombo dovuti, per esempio, ad usura delle murature, da quelli che denunciano spanciamenti di tutto lo spessore di parete. In ogni caso l'importanza del fuori piombo dal punto di vista del rischio strutturale è condizionata dall'efficacia dei collegamenti agli impalcati.

Lesioni orizzontali all'attacco fra muro e orizzontamenti di tipo 11, con dislocazioni molto limitate (fino a circa 1 mm). Queste lesioni denunciano un inizio (a questo livello) di scorrimento fra il solaio e la muratura sottostante (Fig. 4.6 a livello di solaio, appena visibile; Fig. 4.7 a livello di sottotetto).

 

4.3.2.2 Solai

Lesioni di piccola entità parallele all'orditura sono spesso dovute a flessione differenziale fra i travetti, un fenomeno ‘fisiologico' che si verifica sotto carichi verticali e che è dovuto sia alla flessibilità dei solai (soprattutto in acciaio), sia alla presenza di una discontinuità fra travetti e laterizio che tende a lesionare l'intonaco sottostante. Tale fenomeno non costituisce una modifica della capacità resistente della struttura. Può anche accadere, più raramente, che un solaio si lesioni in questo modo a causa della presenza di forze di trazione ortogonali alle nervature e generate dall'azione di collegamento che il solaio esercita fra due muri. In questo caso le lesioni possono indicare una modifica dello schema iniziale, ma dovrebbero essere rilevabili anche all'estradosso (salvo che non ci siano pavimenti elastici, come quelli in gomma o in legno).In ogni caso valori limitati come quelli qui considerati indicano solo un inizio di attivazione e possono essere eventualmente segnalati in nota per un eventuale approfondimento da parte del progettista. A volte l'eccessiva flessibilità (p. e. nei solai di legno o in acciaio) può causare anche la comparsa nell'intonaco d'intradosso di piccole lesioni ortogonali all'asse delle nervature.

Sostanziale assenza di spostamenti delle travi portanti in corrispondenza degli appoggi.

 

4.3.2.3 Volte ed archi

In molti tipi di volte e negli archi in muratura piccole lesioni possono essere fisiologiche, specialmente nelle volte a padiglione o a vela di piccolo spessore. La presenza di catene, speroni o di murature massicce tende a stabilizzare ma non ad eliminare totalmente tali effetti. Quando le lesioni sono visibili in chiave o alle reni esse sono generalmente attribuibili al superamento dell'eccentricità limite per la quale la sezione è interamente compressa. Valori modesti dell'apertura, da valutare in rapporto allo spessore, possono indicare che l'eccentricità non è molto forte e la struttura ha ritrovato un assetto statico soddisfacente. E' opportuno, nel giudizio di rischio, tenere anche conto della lunghezza delle lesioni in rapporto alle dimensioni dell'elemento e del numero e posizione delle stesse.

 

4.3.2.4 Scale

Per scale a sbalzo con gradini in pietra, legno o acciaio: lesioni fino ad 1 mm sulla muratura in corrispondenza dell'incastro. Per scale In muratura voltata: lesioni fino ad 1 mm comunque diffuse.

 

4.3.2.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole

Le coperture di legno o acciaio sono generalmente più deformabili di quelle in c.a. Se il manto superiore è in tegole, esso può facilmente sconnettersi a causa delle vibrazioni verticali, con conseguenti scivolamenti delle tegole interne e cadute di quelle di bordo nei tetti a falde. Se questi fenomeni sono limitati e la struttura è sostanzialmente intatta il danno è limitato alla funzionalità della copertura, ma può avere significato per la sicurezza degli spazi sottostanti. Occorre segnalare i provvedimenti di pronto intervento di rimozione degli elementi pericolanti o di transennamento se questi ultimi costituiscono pericolo per il pubblico.

 

 

4.3.3 Livello D2-D3 - danno medio-grave

 

4.3.3.1 Murature

Lesioni per flessione in testa o al piede dei maschi murari e sugli architravi di porte e finestre (tipo 1,5), aperte fino a circa 1ǃ.5 cm, possono indicare una forte sconnessione permanente dei maschi e delle fasce murarie (Fig. 4.7). In questo caso, principalmente con riferimento a lesioni di tipo 5, se l'estensione del fenomeno è rilevante, sarà ragionevole presumere che in un'eventuale ripetizione dell'evento sismico il fabbricato potrebbe raggiungere il livello di danno superiore. Per il tipo 1, invece, se si riterrà che il fenomeno è ancora locale e risolvibile con il puntellamento dell'apertura, si potrà propendere per un rischio strutturale basso con provvedimenti anche in funzione dell'estensione del fenomeno. Se, invece, si riterrà che molte delle fasce di piano non siano più in grado di vincolare i maschi, e quindi lo schema statico sia stato alterato in modo significativo, si propenderà per un rischio strutturale alto. In tal caso, probabilmente, si osserveranno anche lesioni al piede di tipo 5 nei setti più snelli.

Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle fasce di piano (tipo 2,3 > 2mm fino a circa 1 cm) sono generalmente spiegabili con l'attivazione di un meccanismo di resistenza a taglio che ha prodotto dislocazioni visibili (Figg. 4.8, 4.9). Se l'entità delle dislocazioni è modesta e l'estensione del danneggiamento è limitata si potrà propendere verso un rischio strutturale basso, mentre si propenderà per un rischio alto nel caso opposto. Nella Fig. 4.8 a destra è evidente una situazione prossima al crollo parziale. A volte lesioni di questo tipo rivelano l'attivazione di un meccanismo complesso comprendente anche deformazioni fuori piano del pannello murario. In tali casi sono presenti visibili spanciamenti, che generalmente indicano una situazione di rischio per possibili futuri crolli parziali.

Lesioni tipo 4 di lieve/media entità possono indicare fenomeni di schiacciamento evidenti. Il comportamento delle murature rispetto a questo meccanismo di danno è in genere abbastanza fragile, in special modo per la muratura di mattoni pieni e ancor più per quella in elementi forati, quindi questo tipo di danno va valutato con estrema attenzione. La gravità dipende dall'estensione, indice di una più o meno compromessa capacità portante verticale, dalla tipologia muraria e dalla geometria. Se esistono le condizioni per una forte concentrazione di tensioni verticali (ad esempio per la presenza di aperture che riducono la sezione resistente) ed in edifici di altezza non trascurabile e con cattivo stato di conservazione delle murature, il rischio strutturale può ritenersi elevato.

Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci, dell'ordine di 2LJ mm se passanti (tipo 7, Figg. 4.10, 4.11, 4.12) o leggermente più ampie se non passanti (tipo 6). Il meccanismo di danno caratterizzato dalla perdita di connessione fra murature ortogonali è stato chiaramente attivato e lo schema statico della costruzione ha sicuramente subito un'alterazione rispetto alla situazione originaria. La valutazione del rischio strutturale connesso a tale situazione merita una profonda attenzione. Nel caso in cui l'ampiezza delle lesioni è limitata e se si può fare affidamento su vincoli efficaci a livello dei solai e della copertura che possono contrastare fenomeni di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali, il rischio strutturale potrà considerarsi basso o basso con provvedimenti. Nel caso opposto si propenderà per un giudizio di rischio strutturale alto. Questa situazione richiede comunque provvedimenti di pronto intervento, almeno provvisionali, nei casi in cui è pregiudicata la pubblica incolumità.

Lesioni tipo 8 sono da considerarsi Medio-Gravi se si ritiene che vi possa essere un'alterazione delle condizioni di vincolo dell'elemento che ha provocato la spinta localizzata, oppure che vi possa essere una riduzione della capacità portante della muratura, associata a fuori piombo ricollegabili a questo fenomeno.

Le lesioni tipo 9 a questi livelli di danno hanno un'entità tale da determinare una chiara identificazione del cuneo di struttura muraria che tende a distaccarsi (Fig. 4.13). Se sono evidenti dislocazioni che denotano uno scorrimento del cuneo il rischio strutturale è da considerarsi alto. Se le dislocazioni sono appena percettibili il rischio strutturale può essere considerato basso con provvedimenti di puntellazione o contenimento, la cui realizzazione è da considerarsi indispensabile per un completo riutilizzo dell'immobile.

Isolati episodi di rottura di catene o sfilamento degli ancoraggi (tipo 10) che interessino porzioni limitate di struttura con associati modesti fuori piombo. Se la rottura è dovuta all'evento sismico evidentemente è intervenuta una modifica significativa dell'assetto statico che può far propendere per un giudizio di rischio strutturale alto. La gravità del danno è comunque da ricollegarsi non all'elemento catena ma alle conseguenze della sua rottura sulla struttura da essa vincolata.

Evidenze di fuori piombo, dovuti all'evento e non preesistenti, sono generalmente accompagnate da un quadro fessurativo sulle murature del tipo 6 o 7, con possibili distacchi muro-solaio. Il rischio strutturale è generalmente alto. Il fuori piombo deve comunque essere contenuto (<1%) e devono essere predisposti provvedimenti di pronto intervento. Quando il fuori piombo denuncia uno ‘spanciamento' della muratura occorre porre attenzione alla tipologia della stessa: se la tessitura è a doppio paramento oppure a sacco (v. Sezione 3), si possono essere innescate significative separazioni fra i due paramenti, che possono essere anche indice di un imminente collasso parziale. In tali casi il danno è sicuramente grave e diventa visibile con dissesti di tipo 12 (in Fig. 4.14 è riportato un dissesto molto grave ed esteso)

Lesioni di tipo 11 con dislocazioni di qualche mm. Queste lesioni denunciano un fenomeno più o meno grave di scorrimento fra il solaio e la muratura sottostante (a questo livello il danno è intermedio fra i primi sintomi appena visibili nelle Figure 4.7 e 4.6 e l'evidente dislocazione di Fig. 4.15). Spesso tale danno è localizzato a livello del sottotetto. In tali casi, se lo scorrimento è superiore a qualche mm (2 Dž) ed è attribuibile all'incremento dell'azione spingente della copertura, può determinarsi una condizione di rischio elevato per associazione di un elemento di vulnerabilità (copertura spingente) con la modificazione prodotta dallo scorrimento.

 

4.3.3.2 Solai

Presentano distacchi ben definiti fra solaio e strutture portanti (Fig. 4.16), connessi in genere ai meccanismi fuori piano delle murature; a questi distacchi si accompagnano spesso sfilamenti delle travi dell'ordine del centimetro.

L'appoggio del solaio sulle murature perimetrale non risulta in generale compromesso. Sono possibili dissesti rilevanti nei pavimenti e nell'orditura secondaria se presente (solai in legno o acciaio) fino ad arrivare a qualche crollo nell'orditura secondaria o terziaria (solai in legno).

Se il solaio è sostanzialmente integro, pur presentando gli sfilamenti delle travi sopraindicati, il rischio strutturale è associato allo stato delle strutture verticali. Viceversa, se il solaio presenta propri dissesti, il rischio strutturale può considerarsi alto, o basso con provvedimenti, indipendentemente dal livello di danno sulle murature. In questo caso il rischio potrebbe riguardare soltanto porzioni limitate dell'edificio.

 

4.3.3.3 Volte ed archi

Lesioni di notevole apertura e profondità sia in chiave sia alle reni, specie se accompagnate da dislocazioni significative rispetto allo spessore, possono indicare che il rischio strutturale dell'elemento è alto. In tali casi, infatti, è probabile che il disturbo dell'assetto statico connesso al danno produca forti concentrazioni di tensione legate alla riduzione della zona di sezione reagente (Figg. 4.17, 4.18).

Occorre comunque valutare l'importanza della volta nell'equilibrio globale della struttura: volte di piccolo spessore, generalmente di controsoffitto, possano dare un modesto contributo alla struttura nel suo complesso, pur potendo costituire fonte di rischio per gli occupanti. Orizzontamenti voltati più importanti possano interagire decisamente con le strutture verticali; in tali casi i danni sulla volta costituiscono un elemento di criticità maggiore e quindi possono rappresentare una fonte di rischio per l'intero immobile.

Possono presentarsi, a questo livello, distacchi ben definiti rispetto ai muri, connessi in genere ai meccanismi fuori piano e favoriti dall'azione spingente delle volte stesse (Fig. 4.18).

 

4.3.3.4 Scale

Danni alle scale più gravi di quelli al livello precedente D0-D1 senza che vi siano crolli di porzioni importanti delle stesse. Per le scale in muratura, tipicamente a volte, ci possono essere lesioni del tipo di quelle descritte per le volte. Per gli altri tipi si possono ritenere indicative le considerazioni svolte per i solai di tipologia simile.

 

4.3.3.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole

Valgono le considerazioni generali sul loro comportamento fatte per il livello di danno D1. Al livello D2-D3 corrispondono sconnessioni all'orditura secondaria e spostamenti apprezzabili degli appoggi delle travi (in legno o in acciaio), sconnessioni dell'orditura secondaria con fenomeni localizzati di crollo e/o cadute di tegole in misura rilevante rispetto al totale (per esempio dell'ordine del 20%). Il giudizio sul rischio strutturale sarà in generale alto se si sono verificati crolli più importanti mentre potrà anche essere basso con provvedimenti se si sono verificate solo cadute di tegole e dissesti localizzati. Nel caso di tetti in c.a. dotati di cordoli e caldane non si riscontreranno i fenomeni sopra indicati, potranno però presentarsi casi di scorrimento fra copertura e muratura, a seconda della rilevanza del fenomeno e delle possibili conseguenze sull'azione di collegamento delle pareti ci si orienterà per un giudizio di rischio strutturale basso con provvedimenti oppure alto (v. anche lesioni tipo 11 nelle murature).

 

4.3.3.6 Coperture a tetto in cemento armato

Nei casi, a volte riscontrati, di tetti realizzati con travetti in c.a o c.a.p. ma senza caldana, il giudizio dovrà tenere conto soprattutto della presenza di cordoli efficaci e della presenza di configurazioni spingenti. Cordoli discontinui e comunque non in grado di chiudere le spinte possono condurre a visibili scorrimenti rispetto ai muri, con conseguente di rischio strutturale elevato. Cordoli continui in assenza di spinte (sempre senza caldana) possono evitare rotture globali ma non sono generalmente in grado di contrastare rotture locali dei laterizi con conseguenti rischi localizzati.

 

4.3.3.7 Partizioni ed altri elementi non strutturali

Possibili crolli parziali con conseguente rischio alto o basso con provvedimenti in funzione dell'estensione e della posizione.

 

4.3.4 Livello D4-D5 - danno gravissimo e/o crollo

Danni ai singoli elementi resistenti maggiori di quelli del livello precedente (D2-D3), con espulsione di materiale strutturale in quantità rilevante e/o crolli localizzati di muri portanti, di cantonali e di spigoli murari. In Fig. 4.19 è rappresentato un ribaltamento di facciata (tipo 7) prossimo al collasso, in Figg. 4.20 e 4.21 gravissime lesioni diagonali, in Fig. 4.22 una eclatante separazione fra solaio e pareti, in Fig 4.15 una pericolosa dislocazione tipo 11, in figura 4.23 un gravissimo fuori piombo connesso a dissesto del suolo.

Rientrano in questo livello i crolli parziali di solai, tetti e/o volte, come quelli riportati nelle Figg. 4.6, 4.24, 4.25, nonché eclatanti rotture di tipo 12, come quella riportata in Fig. 4.14.

Collasso totale dell'edificio.

 

 

Fig. 4.2 - Lesioni verticali alla fascia fra le due aperture (tipo1) e lungo la connessione al muro trasversale a sinistra (tipo 6). 

Livello del danno: D1 (Tortora, CS, 1998)

Fig. 4.3 - Lesione in corrispondenza all'architrave verticale (tipo1) ed diagonale (tipo2); puntellazione cautelativa

Livello del danno: D1 (Correggio, RE, 1996)

 

 

 

 

Fig. 4.4 - Lesioni verticali lungo la connessione dei due corpi di fabbrica (tipo 6) 

Livello del danno: D1 (Tortora, CS, 1998)

Fig. 4.5 - Fuori piombo preesistenti in un antico centro storico. 

Livello del danno preesistente per l'edificio: D1

 

Fig. 4.6 - Lesioni verticali con distacco dall'edifcio adiacente (tipo 7); lesioni diagonali (tipo 3) ed orizzontali al livello del solaio (tipo 11); crollo parziale della copertura e delle murature di appoggio della copertura. 

Livello del danno: D2-D3 alle strutture verticali dei piani inferiori; D4-D5 alle pareti superiori e alla copertura (Busche, PG, 1998)

Fig. 4.7 - Lesioni verticali (tipo 1) e diagonali (tipo 3) estese a quasi tutta la parete; lesione quasi orizzontale (tipo 11) a livello di sottotetto. 

Livello del danno alle pareti: D3 esteso all'intera parete (Busche, PG, 1998)

 

Fig. 4.8 - Lesioni diagonali dei maschi murari del secondo piano (tipo 3) collegate a lesioni orizzontali (tipo 1); verso destra si nota la formazione di un grosso cuneo di muratura dislocata di oltre 10 cm.

Livello del danno: D4.

Fig. 4.9 - Lesione diagonale (tipo 3) in un maschio murario, con dislocazione alla base.

Livello del danno: D3 tendente a D4 (Fabriano, 1997)

 

Fig. 4.10 - Lesione verticale con distacco dalla parete ortogonale (tipo 7).

Livello del danno: D2-D3 (Tortora, CS, 1998)

Fig. 4.11 - Lesione interna con distacco delle pareti ortogonali in corrispondenza al loro spigolo (tipo 7).

Livello del danno: D2-D3 (Tortora, CS, 1998)

 

Fig. 4.12 - Lesioni verticali da distacco (tipo 7) su due pareti ortogonali, con distacco completo di un cantonale. 

Livello del danno: D3 tendente a D4 (Rivello, PZ, 1998)

Fig. 4.13 - Lesione con distacco di spigolo sottotetto (tipo 9).

Livello del danno: D2-D3 (Cerqueto, PG, 1998)

 

Fig. 4.14 - Crollo parziale di muratura a sacco in corrispondenza di vecchie aperture, per distacco esteso del paramento esterno (tipo 12); a destra si sviluppa una grave lesione diagonale (tipo 3) con dislocazione di diversi cm di buona parte della parete. 

Livello del danno: D4 (Busche, PG, 1996)

Fig. 4.15 - Grave dislocazione a livello del cordolo di sottotetto per spinta della copertura in c.a. (tipo12; la lesione si presenta simmetricamente sulla parete esterna parallela opposta); lesione angolare (tipo 9). 

Livello del danno: D4-D5 (Busche, PG, 1998)

 

Fig. 4.16 - Vista dal basso del distacco fra solaio in legno e parete con inizio di sfilamento della trave.

Livello del danno alle strutture orizzontali: D2-D3 (Treia, 1998)

Fig. 4.17 - Lesioni su volte di mattoni in foglio dotate di catena. 

Livello del danno esteso alle strutture orizzontali: D2-D3 (Correggio, 1996)

 

Fig. 4.18 - Lesione longitudinale in chiave di una volta a crociera e distacco dal timpano. Livello del danno alle strutture orizzontali: D2-D3 (Correggio, 1996)

Fig. 4.19 - Gravissima lesione verticale (tipo 7), con incipiente ribaltamento della facciata. 

Livello del danno alle strutture verticali: D4

(Rivello, 1998)

 

Fig. 4.20 - A sinistra lesioni verticali da distacco (tipo 7); lesione diagonale (tipo 3) sul maschio tra le due porte. La muratura è in blocchi di tufo. 

Livello del danno alla parete: D3

Fig. 4.21 - Lesioni diagonali (tipo 3) associata ad un meccanismo di ribaltamento fuori del piano, con notevole fuori piombo. 

Livello del danno: D4 (Grello, PG, 1998)

 

Fig. 4.22 - Dissesto del solaio per separazione dalle pareti e conseguente perdita di appoggio dei tavelloni. 

Danno al solaio: D4 

Danno alle strutture verticali: D4

Fig. 4.23

Fuori piombo di circa 8% dell'intero edificio , collegato a dissesto preesistente del terreno per presenza di corona di frana. 

Il livello del danno preesistente all'edificio è D4, solo leggermente aggravato dal sisma.

(Lauria, 1998)

 

Fig. 4.24 - Crollo parziale di muratura e copertura.

Livello del danno alla parete: D4-D5 

Livello del danno alla copertura: D4-D5 (Busche, PG, 1998)

Fig. 4.25 - Crollo parziale di una copertura in travetti di c.a. e tavelloni senza caldana. 

Livello del danno alla copertura: D4-D5

 

 

4.4 Edifici in cemento armato

 

4.4.1 Livello D0 - danno nullo

Lesioni negli elementi strutturali nei limiti di norma (entro 0.2 - 0.4 mm).

 

4.4.2 Livello D1 - danno leggero

 

4.3.2.1 Travi e pilastri

Lesioni nelle travi ortogonali all'asse e dell'ordine di 1 mm sono di poco superiori ai limiti di norma, possono quindi essere dovute alla sollecitazione sismica che si è sommata temporaneamente ai carichi verticali, soprattutto in strutture poco armate. Generalmente non si verificano plasticizzazioni nell'acciaio o, se anche sono state prodotte dal sisma, nella condizione di quiete dovrebbero essersi ridotte a stati di coazione che non dovrebbero pregiudicare la sicurezza a rottura. Ovviamente lesioni esposte per lungo tempo ad ambienti aggressivi possono provocare facilitare la corrosione e quindi diminuire la capacità portante, per cui il fenomeno va segnalato se si ha ragione di ritenere che si ricade in questa fattispecie.

A parità di danno strutturale (livello di sicurezza), le lesioni nei pilastri trasversali all'asse sono generalmente più modeste, rispetto alle corrispondenti lesioni nelle travi, per la presenza dello sforzo normale che tende a richiuderle. Si considereranno lievi, quindi, quelle che sono inferiori ad 1 mm. Sono da considerare con attenzione, invece, le lesioni verticali, anche di ampiezza inferiore ad 1 mm: qualora si possa ritenere che esse indichino fenomeni iniziali di schiacciamento il livello di danno dovrebbe essere considerato almeno D2, quando, invece, esse possono essere attribuite ad altre cause, ad esempio aumenti di volume delle barre di armatura longitudinali dovuti alla formazione di ossido con conseguente inizio dell'espulsione del copriferro, il livello di danno potrà essere considerato D1.

A questo livello di danno sono da escludersi lesioni nei nodi di ampiezza superiore a qualche decimo di mm. Sono anche da escludersi percettibili fuori piombo dovuti al sisma ed alla conseguente deformazione strutturale. Nel caso tali fuori piombo siano da attribuirsi a cedimenti delle fondazioni che determinano un lieve moto rigido della struttura sarà bene accertare la natura del fenomeno, eventualmente segnalando la necessità di una ispezione specialistica e compilando congruentemente le apposite sezioni 7 ed 8. In tal caso è necessario valutare la possibilità che esista un rischio geotecnico alto.

 

4.4.2.2 Solai intermedi e di copertura

Per le lesioni nei solai vale quanto detto nel caso di edifici in muratura. Quelle parallele ai travetti possono verificarsi per effetti di flessione differenziale e possono anche causare piccoli sfondellamenti di laterizi messi in opera già lesionati. Se le lesioni non si ripercuotono all'estradosso del solaio e quindi non c'è da temere una sconnessione dello stesso tale da pregiudicare la sua funzione di diaframma, allora lo schema statico originale della struttura si può ritenere non variato in maniera significativa. Occorre considerare con attenzione eventuali lesioni trasversali in corrispondenza dell'attacco dei travetti alle travi a spessore. Se si è innescata una lesione in tal punto e si riscontra l'impronta del travetto, è possibile che la continuità fra struttura principale e secondaria sia venuta meno, almeno in parte, e sia quindi opportuno predisporre delle puntellature provvisionali.

Modeste lesioni trasversali all'orditura (1 mm), comunque, potrebbero essere attribuite all'incremento dello stato tensionale dovuto alla componente verticale del moto ed essere più evidenti in solai flessibili o di grande luce. Tale incremento non costituisce in generale fonte di rischio a meno che la struttura non sia strutturalmente insufficiente a sopportare gli stessi carichi verticali.

Per le coperture, indipendentemente dal danno strutturale, possono verificarsi degli episodi di cadute di tegole dal bordo eventualmente da segnalare nella Sezione 5 della scheda.

 

4.4.2.3 Tamponature

Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite essenzialmente da lievi distacchi della muratura dalla strutture (£ 2 mm), compatibili con spostamenti del tutto ammissibili, in genere, per strutture in c.a.. Eventuali lesioni diagonali, che rivelano la collaborazione della tamponature alla resistenza della struttura alle forze orizzontali, sono modeste (£ 1 mm). Occorre prestare attenzione alla possibilità che alcuni pannelli di tamponatura abbiano manifestato la tendenza a ribaltare fuori dal loro piano, uscendo dalla maglia di telaio in cui sono inserite. Questa eventualità si manifesta con una certa facilità nel caso di rivestimenti a cortina che passano davanti alle strutture portanti e non sono ad esse ancorate. In tali casi il danno può indicare un rischio non strutturale anche elevato a seguito di una futura ulteriore scossa. Pertanto, in generale, l'osservazione di questo livello di danno nelle tamponature (in assenza di un più grave danno alle strutture) potrà condurre ad un giudizio di rischio strutturale basso o "basso con provvedimenti". Potrà invece condurre ad un giudizio di rischio non strutturale, anche elevato, nel caso particolare di cortina completamente scollegata. E' necessario, in tale ultimo caso, segnalare i provvedimenti di pronto intervento appropriati (1, 2 8 o 9 della sez. 8) che consentano di garantire la sicurezza degli spazi sottostanti.

 

4.4.2.4 Scale

Le strutture di collegamento verticale svolgono molto spesso una funzione di controventamento e l'esame del quadro dei danni che le interessa costituisce, analogamente alle tamponature, un indicatore di quanto la struttura nel suo complesso è stata impegnata durante l'evento.

A questo livello, i danni sono molto modesti e comparabili a quelli presenti sulle travi e sui pilastri, per cui si potrà in generale presumere che l'impegno non abbia significativamente diminuito la capacità strutturale.

 

4.4.3 Livello D2-D3 - danno medio-grave

 

4.4.3.1 Travi e pilastri

Nelle situazioni meno gravi (D2) le lesioni si presentano tipologicamente simili a quelle descritte nel livello D1, con ampiezze di poco maggiori; valgono quindi considerazioni simili sui meccanismi e sulla sicurezza. Nei casi più gravi (D3), la forte ampiezza delle lesioni fa ritenere che si sia verificata una estesa plasticizzazione delle armature, che potrebbe aver portato ad esaurire in buona parte le risorse di duttilità locali delle sezioni interessate, provocando anche fenomeni di scorrimento acciaio/calcestruzzo ed eventuali limitati sbandamenti delle barre. In queste situazioni la protezione rispetto al collasso sotto una futura scossa è legata alla ridondanza strutturale ed alla qualità dei materiali: elementi che possono essere qualitativamente accertati per la determinazione del livello di rischio strutturale. In Fig. 4.26 il danno al pilastro tozzo è D3 in presenza di staffatura efficace, potrebbe diventare D4 se la staffatura fosse carente. Le conseguenze sulla sicurezza dell'edificio dipendono anche dalla possibilità che altri pilastri o muri siano in grado di sopportare le forze orizzontali. Occorre anche porre attenzione alla possibilità che lesioni molto ampie abbiano eliminato alcuni meccanismi di trasmissione del taglio (ingranamento, effetto spinotto) e quindi abbiano ridotto significativamente la capacità delle travi di trasferire carico ai pilastri.

In via generale, uno stato fessurativo generalizzato caratterizzato da lesioni nelle travi ortogonali all'asse, anche dell'ordine di qualche millimetro, e da assenza di lesioni nei pilastri parallele all'asse, può indicare l'attivazione di un meccanismo dissipativo "sismicamente corretto" che può offrire ancora margini di sicurezza rispetto ad una futura ripetizione dell'evento. Occorre però accertare che non siano intervenute altre importanti modificazioni, per esempio gravi ed estesi danni alle tamponature, che potrebbero far ritenere sensibilmente ridotto il contributo di queste ultime, sia in termini di resistenza che di capacità dissipativa (Figg. 4.27a, b, c). Nei casi più favorevoli (danno diffuso, tamponature non espulse, struttura regolare) si potrebbe anche propendere per un giudizio di rischio strutturale basso con provvedimenti (per esempio locali puntellamenti delle travi per assicurare la capacità di trasferimento delle forze di taglio).

Particolare attenzione dovrà porsi alle lesioni riconducibili agli schiacciamenti del calcestruzzo con conseguente espulsione del copriferro ed inizio di instabilizzazione delle barre (Figg. 4.28, 4.29). Questo tipo di danni riduce notevolmente la capacità della sezione di sopportare ulteriori cicli di sollecitazione e può indurre a propendere per un giudizio di rischio strutturale elevato se non sono presenti ridondanze ed il fenomeno è esteso: ad esempio quando interessa molte sezioni di testa dei pilastri di un piano, fino a determinare una condizione di labilità (in Fig. 4.30 è mostrata una configurazione di questo tipo per un livello di danno D4).

Lesioni diagonali nei nodi di ampiezza superiore a qualche decimo di mm fino a circa 2 mm, in assenza di idonea armatura (situazione frequentissima negli edifici progettati prima del 1996) possono indicare una significativa perdita di rigidezza e resistenza del nodo, con conseguente diminuzione della capacità di trasmettere gli sforzi tipici del sistema intelaiato (In Fig. 4.31 è mostrata una situazione corrispondente ad un livello di danno più elevato, D4).

A questo livello di danno possono manifestarsi percettibili fuori piombo dovuti al sisma, anche di entità tale da non causare un significativo aggravio di sollecitazione nelle strutture per effetti del secondo ordine: per esempio spostamenti di interpiano pari ad una frazione trascurabile delle dimensioni della sezione delle colonne quando queste ultime non sono eccessivamente snelle. Tali fenomeni, anche se di modesta entità, possono indicare un danneggiamento permanente della struttura, che potrebbe influenzarne il comportamento in caso di repliche. Come per il livello di danno leggero se può esserci il dubbio che i fuori piombo siano da attribuirsi a cedimenti fondali sarà bene accertare questa eventualità, se occorre segnalando la necessità di una ispezione specialistica e compilando congruentemente le apposite sezioni 7 ed 8.

 

4.4.3.2 Solai intermedi e di copertura

Generalmente i solai degli edifici in c.a. si danneggiano con gli stessi meccanismi descritti per il livello di danno inferiore. Particolare attenzione va posta ai fenomeni di eventuale distacco fra i solai e le travi (a spessore) o fra solai e travi ad essi parallele, che indicherebbero, se estese, una modifica significativa dello schema statico. A questo livello di danno le lesioni di questo tipo sono generalmente dell'ordine di 2 - 4 mm. Attenzione deve essere anche posta alle coperture di edifici in c.a. realizzate con sistemi che non danno garanzia di continuità strutturale con il telaio o sono addirittura spingenti. Rientrano in queste categorie, ad esempio, i tetti a falde realizzati su muricci o quelli a travetti realizzati non all'atto della costruzione e quindi collegati ad essa in modo incerto. In questi casi l'esame del danno dovrà essere accurato per identificare dissesti in elementi chiamati a svolgere una funzione impropria (p. es. muricci in forati che sopportano i travetti del tetto) ed il relativo danno va riportato nella riga relativa al danno strutturale alla copertura. E' opportuno, inoltre, segnalare in nota casi di questo tipo.

Episodi di cadute di tegole dal bordo delle coperture vanno segnalati nella Sezione 5 della scheda.

 

4.4.3.3 Tamponature

Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite essenzialmente da significativi distacchi dalle strutture (2 - 5 mm; Fig. 4.32), da rotture diagonali o scorrimenti di alcuni mm, da schiacciamenti visibili agli angoli delle tamponature. Sono possibili espulsioni di materiale ed anche limitati crolli parziali. Tutte queste tipologie indicano un significativo impegno dell'elemento tamponatura, che a causa del danneggiamento, in occasione di una ripetizione dell'evento, non potrà più offrire lo stesso contributo. Se l'estensione del fenomeno è rilevante e le tamponature sono efficaci e ben disposte la perdita di resistenza potrebbe essere significativa e quindi il danno alle tamponature potrà contribuire ad un giudizio di rischio strutturale elevato (se anche la struttura principale presenta danni). Se, invece, le tamponature danneggiate sono poche e disposte in modo da aggravare la risposta strutturale, il loro danneggiamento potrebbe non essere significativo per la sicurezza della struttura e si potrà propendere per un giudizio di rischio strutturale più favorevole. In entrambi i casi si dovrà tenere conto del rischio prodotto dalla tamponatura come elemento non strutturale compilando le sezioni 6 ed 8. Le lesioni che rivelano l'attivazione di ribaltamento delle tamponature a questo livello sono ancora più evidenti che nel livello D1 e condurranno, generalmente, a giudizi di rischio non strutturale elevato.

 

4.4.3.4 Scale

Le strutture di collegamento verticale presentano dei danni che possono evidenziare la funzione di controventamento svolta per la struttura intelaiata. Occorre prestare particolare attenzione alle zone di collegamento delle strutture rampanti con la struttura intelaiata, ad esempio in corrispondenza di travi a ginocchio collegate a metà altezza di un pilastro. In tali zone, infatti, l'intersezione determina elementi ‘tozzi' che hanno un comportamento meno duttile. E' necessario verificare anche se i danneggiamenti presenti a questo livello possono condurre ad una perdità della funzionalità propria di collegamento verticale, nel qual caso si può propendere per un giudizio di rischio strutturale alto o basso con provvedimenti indipendentemente dal livello di danneggiamento delle altre parti della struttura.

 

4.4.4 Livello D4-D5 - danno gravissimo e/o crollo

Situazioni più gravi di quelle descritte per il livello precedente D2-D3: lesioni > 5 mm nelle travi e di 3 mm nelle colonne e nei setti, con forti espulsioni di copriferro che interessano anche il nucleo, forti sbandamenti delle armature dei pilastri, fuori piombo superiori all'1 - 2 % dell'interpiano, distacchi ampi ed estesi fra solai o coperture e strutture portanti principali, crolli di interi pannelli di tamponatura (Figg. 4.33 e 4.34), crolli parziali nelle strutture principali fino ad arrivare alla distruzione totale dell'opera. Nella maggioranza di casi il rischio strutturale connesso a tale livello di danno è alto, a meno che il danneggiamento non sia confinato in una zona molto ristretta e particolare della struttura. Situazioni corrispondenti a questo livello di danno sono riportate nelle Figg. 4.30, 4.35, 4.36 e 4.37.

 

 

 

Fig. 4.26

 

Lesione di rottura a pressoflessione 

e taglio in un pilastro tozzo

Livello del danno: D3, prossimo a D4

(Castelluccio Inferiore, PZ, 1998)

 

 

 

Fig. 4.27

 

Lesioni in una serie di pilastri favorite da presenza di fenomeni di ossidazione e da deficienza di staffe. 

Livello del danno totale alle strutture verticali: D2-D3

(Fabriano, 1997)

 

 

Fig. 4.28 - Espulsione di copri-ferro in testa al pilastro, accompagnata da lievi lesioni verticali. 

Livello del danno: D2-D3 (Bagnolo, RE, 1996)

Fig. 4.29 - Danno al nodo e all'attacco del pilastro con espulsione del materiale fino al nucleo. 

Livello del danno alle strutture verticali: D4 (Atene, 1999)

 

Fig. 4.30 - Danno gravissimo ad edificio con strutture a telai in c.a.; fuori piombo e formazione di cerniere plastiche in testa e al piede di gran parte dei pilastri del piano terra. 

Livello del danno: D4-D5

Fig. 4.31 - Danno all'attacco di un pilastro in corrispondenza della ripresa di getto; espulsione di materiale, lesione orizzontale e inizio di sbandamento delle barre.

Livello del danno alle strutture verticali: D3 (Fabriano, 1997)

 

Fig. 4.32 - Lesioni orizzontali e verticali alla tamponatura, per distacco dalla struttura principale; crollo parziale della tamponatura fra le due porte.

Livello del danno alle tamponature: diffuso D2; localmente D4.

Fig. 4.33 - Lesioni gravi in tamponature deboli. 

Livello del danno alle tamponature: D4 

(Umbria, 1997)

 

Fig. 4.34 - Ribaltamento totale di cortine in mattoncini non collegate alla struttura principale. 

Livello del danno per le tamponature: D4 (Fabriano, 1997)

Fig. 4.35 - Danno gravissimo a struttura a telaio di c.a., con distruzione di parte dei pilastri del primo piano e del solaio del secondo. 

Livello del danno: D4-D5 

(Turchia, 1999)

 

Fig. 4.36 - In primo piano crollo completo (pancake) di edificio in c.a., della tipologia di quello in costruzione in secondo piano.

Livello del danno: D5

(Turchia, 1999)

Fig. 4.37 - Collasso per cedimento del piano terra "soffice". 

Livello del danno: D5 

(Turchia, 1999)

 

 

4.5 Danni ad elementi non strutturali

 

 

Il danno provocato dal sisma su elementi che non fanno parte dell'organismo strutturale vero e proprio dell'edificio hanno comunque importanza ai fini di una più generale descrizione degli effetti e, naturalmente, per stime di carattere economico; ma sicuramente non trascurabile è anche la rilevanza che possono assumere ai fini del giudizio di agibilità. Tipici danneggiamenti di questo tipo sono quelli riguardanti gli intonaci, i rivestimenti, gli stucchi, i controsoffitti, le tramezzature; le parti non strutturali dei manti di copertura, i cornicioni e i parapetti; gli oggetti di vario tipo sia interni che collegati alle parti esterne dell'edificio; e poi ci sono i danni alle reti di distribuzione dell'acqua, del gas, dell'elettricità e del gas.

Nella Sezione 5 si registrano informazioni sulla presenza di tale danno di tipo non strutturale e si indicano gli eventuali interventi di pronto intervento che siano già stati messi eventualmente in atto. Quattro righe della Sezione 5 riguardano cadute e distacchi di varie parti o componenti accessorie e due il danno alle reti di distribuzione; per ognuno di essi, nella prima colonna, si indica la eventuale presenza riscontrata. Riguardo ai provvedimenti di pronto intervento già eseguiti è bene ricordare che, per ogni tipo di danno presente sulle righe, si possono indicare uno o più provvedimenti; se non si rilevano provvedimenti di pronto intervento già eseguiti si deve annerire la casella circolare corrispondente della colonna con l'intestazione Nessuno.

È necessario valutare con la dovuta attenzione il rischio connesso alla presenza di danni di questo tipo, soprattutto se possono dar luogo a problemi per le persone in conseguenza di situazioni di instabilità o per innesco di effetti indotti, come può accadere nel caso di problemi di compromissione del buon funzionamento delle reti di distribuzione. In caso di rischio sufficientemente alto da far propendere per un giudizio di inagibilità (esito B nella Sezione 8), è altrettanto importante la valutazione attenta della possibilità di ricorrere a provvedimenti di pronto intervento per la rimozione dei fattori di rischio, provvedimenti che dovranno essere indicati tra nella Sezione 8 ed eventualmente esplicitati nelle annotazioni della Sezione 9.

 

 

4.6 Pericolo esterno indotto da altre costruzioni

 

 

 

 

Un altro fattore di rischio importante per l'agibilità è connesso al pericolo derivante dalle influenze esterne all'edificio oggetto del sopralluogo e che possono derivare, principalmente, da situazioni di instabilità di edifici vicini (pericolo di crolli o di caduta di oggetti) o anche da condizioni di insicurezza del sistema delle reti di distribuzione.

Nella tabella della Sezione 6 si fa riferimento a queste due situazioni per le quali si può rilevare, con modalità multiscelta, se la condizione di pericolo che ne consegue interessa: direttamente l'edificio, le vie di accesso ad esso dall'esterno o le vie di comunicazione interne ad esso, come può accedere nei casi di edifici di una certa articolazione e complessità.

Anche in questo caso sono rilevabili gli eventuali provvedimenti di pronto intervento già presenti e, come nella sezione precedente, occorre lo stesso tipo di attenzione per gli esiti di inagibilità, parziale o totale, condizionata alla messa in atto di provvedimenti semplici. Molto frequenti, nell'ambito del costruito dei centri storici, sono i casi nei quali le condizioni di rischio indotto sono determinate da pericolo sulle vie di accesso ed è quindi molto importante avere le giuste informazioni riguardanti gli edifici interessati. Altrettanto importante inoltre riportare in mappa tali situazioni, per poter gestire quelle opere di pronto intervento che possono mettere in sicurezza anche interi isolati o quartieri.

 

 

4.7 Terreno e fondazioni

 

 

 

Nella Sezione 7 sono raccolte alcune informazioni riguardanti le condizioni del terreno e delle fondazioni, aspetti ascrivibili al cosiddetto rischio geotecnico, ma di carattere molto qualitativo e descrittivo. Il loro significato è da vedere più sotto l'aspetto di una constatazione di evidenza, che come valutazione sintetica di tipo specialistico. Infatti le informazioni contemplano una semplice osservazione sulla morfologia del sito nel quale l'edificio è collocato e la registrazione di evidenti presenze di dissesti del terreno, distinti nella forma di versanti incombenti o di cedimenti che interessano le fondazioni dell'edificio. Per i dissesti del terreno si richiede di valutare se sono riconducibili in tutto o in parte all'azione del sisma o se sono invece da ritenere conseguenza di fatti preesistenti all'evento.

La morfologia di Cresta costituisce elemento di particolare vulnerabilità per possibili amplificazioni locali dell'eccitazione sismica; fondazioni in Pendio forte o su piani di posa differenti possono essere causa di cedimenti del terreno o delle fondazioni; a maggior ragione quando si accoppiano a dissesti in atto o temibili. Per questo motivo sono evidenziate le scale di grigio nelle relative caselle.

Il fattore di rischi geotecnico viene in definitiva tenuto in considerazione, ma solo compatibilmente con il carattere speditivo del rilevamento.

Nella gestione tecnica dell'emergenza post-sismica è contemplata anche l'attività di controllo sui fenomeni franosi ed è quindi assai probabile che nell'ambito di tale attività vengano anche identificati ed esaminati gli edifici coinvolti in situazioni di questo tipo; tuttavia può anche verificarsi il caso contrario nel quale l'individuazione di un dissesto del terreno possa derivare dalla normale verifica di agibilità sugli edifici.

Si sottolinea anche in questo caso la possibilità di casi di condizioni di rischio indotto ed indiretto rispetto all'edificio, che possono riguardare, ad esempio, le vie d'accesso e che devono essere valutati ed evidenziati con l'attenzione di cui si è già detto nei casi precedenti.