a cura di Dario Slejko |
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Modalità di attenuazione
dell'intensità macrosismica
a cura di L. Peruzza
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PERICOLOSITA' SISMICA DEL TERRITORIO NAZIONALE
La situazione italiana
Ogni otto anni mediamente in Italia si verifica un terremoto con conseguenze
da gravi a catastrofiche. Questo comporta, per i governi che si succedono
nel tempo, la necessità di fronteggiare l'emergenza e la ricostruzione,
ma anche di elaborare una strategia di difesa dai terremoti.
Lo strumento di difesa adottato fino ad oggi in Italia è incentrato
sulla normativa sismica, che predispone i requisiti antisismici adeguati
per le nuove costruzioni in determinate zone del Paese; l'altra possibile
difesa può avvenire attraverso l'intervento sul patrimonio edilizio
già esistente, operazione che deve essere articolata a valle di complesse
valutazioni socio-economiche, denominate analisi di rischio, in diffusione
solo negli ultimi anni. Entrambi gli strumenti di protezione dagli effetti
dei terremoti hanno un denominatore comune nella pericolosità sismica,
ovvero nella stima dello scuotimento del suolo previsto in un certo sito
durante un dato periodo di tempo a causa dei terremoti.
Per quanto riguarda la normativa sismica italiana, le prime misure legislative
vennero prese dal governo borbonico a seguito dei terremoti che colpirono
la Calabria nel 1783 causando più di 30.000 morti; dopo il terremoto
che distrusse Reggio Calabria e Messina il 28 dicembre 1908, causando, si
stima, 80.000 vittime, fu promulgata la prima classificazione sismica italiana,
intesa come l'elenco dei comuni sismici. La lista comprendeva i comuni della
Sicilia e della Calabria gravemente colpiti dal terremoto ed alcuni altri
comuni per i quali si tramandava il ricordo di danneggiamenti subiti nel
passato; fu modificata in seguito dopo altri eventi sismici semplicemente
aggiungendo i nuovi comuni danneggiati. Nel 1974 fu promulgata la nuova normativa
sismica nazionale contenente i criteri di costruzione antisismica, e la
classificazione sismica, la lista, cioè, dei comuni in cui devono
essere applicate le norme costruttive; quest'ultima viene stabilita con decreto
legislativo ed è pertanto aggiornabile qualora le nuove conoscenze
in materia lo suggeriscano; fino al 1980 però vi sono stati inseriti
semplicemente i comuni nuovamente colpiti da terremoti. Gli studi sismologici
e geologici che seguirono i terremoti del 1976 in Friuli e del 1980 in Irpinia,
svolti nell'ambito del Progetto Finalizzato Geodinamica del Consiglio Nazionale
delle Ricerche (CNR), portarono ad un sostanziale sviluppo delle conoscenze
sulla sismicità del territorio nazionale e permisero la formulazione
di una proposta di classificazione sismica basata, per la prima volta in
Italia, su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana
e che conteneva un embrione di stima del rischio sismico sul territorio
nazionale. La proposta del CNR fu presentata al governo e tradotta in una
serie di decreti da parte del Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1980 ed
il 1984. L'insieme di questi decreti costituisce la classificazione sismica
italiana attualmente in vigore.
Sono passati più di dieci anni da allora, e la comunità scientifica
ha compiuto altri significativi passi nella comprensione del fenomeno
sismicità, nella valutazione e sviluppo di tecniche per la riduzione
delle sue conseguenze. Come in tutti i settori della ricerca, i risultati
non sono esaustivi; consentono però un aggiornamento della classificazione
sismica del territorio. Nell'ambito delle attività di ricerca del
Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) del CNR, il progetto
"Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale" si è posto
quale obiettivo ottenere una nuova stima della pericolosità sismica
d'Italia, utilizzando metodologie statistiche internazionalmente convalidate,
per fissare le conoscenze disponibili alla prima metà degli anni
'90.
Hanno concorso alla realizzazione di tale progetto le attività di tre Linee di Ricerca del GNDT, che possono semplicisticamente rappresentare gli "ingredienti" necessari per la stima della pericolosità. La Linea "Sismicità" contribuisce al miglioramento delle conoscenze sismologiche ed alla valutazione della sismicità nazionale, la Linea "Sismotettonica" guida l'interpretazione del "dove e perchè" avvengono i terremoti, la Linea "Pericolosità" esplora gli aspetti metodologici della stima della pericolosità, ed è quindi coinvolta nelle fasi di calcolo vero e proprio. Senza l'apporto originale ed il sincretismo di queste ricerche non è possibile giungere a risultati culturalmente e scientificamente validi e nuovi.
Le carte di pericolosità sismica
Pur essendo i risultati di pericolosità essenzialmente dei prodotti
per tecnici, destinati a venir successivamente ripresi in ambito legislativo,
o integrati in indagini di rischio, la loro divulgazione permette una riflessione
su un fenomeno molto importante per il nostro territorio. Per questo motivo,
si è preferito un percorso di lettura delle due carte di
pericolosità che eviti descrizioni estremamente tecniche, le quali
possono risultare talora incomprensibili, oppure reticenti ed oscure.
Nell'ambito del progetto GNDT per la nuova proposta di classificazione sismica
del territorio nazionale è stato privilegiato un metodo probabilistico
consolidato e preso a riferimento anche da numerosi progetti internazionali.
Tale metodo - detto di Cornell, dal nome di colui che l'ha per primo proposto
negli Stati Uniti degli anni Settanta - prevede:
i) che vengono riconosciute nel territorio le zone o strutture responsabili
della sismicità (zone o sorgenti sismogenetiche);
ii) che sia quantificato il loro grado di attività;
iii) che si calcoli l'effetto provocato da tali sorgenti con la distanza.
Per questo si usa dire che gli elementi basilari per procedere al calcolo
della pericolosità sismica col metodo di Cornell sono una zonazione
sismogenetica dell'area studiata, un catalogo di terremoti, ed una o più
relazioni di attenuazione del parametro sismologico scelto quale indicatore
di pericolosità. Nell'ambito delle attività del GNDT, è
stata elaborata una zonazione sismogenetica del territorio italiano e regioni
limitrofe che considera 80 sorgenti, omogenee dal punto di vista strutturale
e sismogenetico; è stato predisposto un catalogo finalizzato alla
pericolosità per i terremoti avvenuti nell'intervallo temporale dall'anno
1000 al 1980 sul territorio nazionale e regioni limitrofe che consiste di
oltre 3000 eventi principali (le repliche sono escluse); sono state validate,
o sviluppate a partire dai dati osservati in occasione di diversi terremoti
significativi, le relazioni di attenuazione dei due indicatori di
pericolosità di interesse, ovvero l'accelerazione orizzontale di picco,
e l'intensità macrosismica.
I risultati di questa metodologia sono in genere riferiti ad un certo livello
di probabilità in un dato periodo di tempo; le figure presentate
illustrano il valore dell'indicatore di pericolosità che si prevede
non venga superato nel 90% dei casi in 50 anni. I risultati possono anche
essere interpretati come quel valore di scuotimento che nel 10% dei casi
si prevede verrà superato in 50 anni, oppure la vibrazione che mediamente
si verifica ogni 475 anni (cosiddetto periodo di ritorno). Si tratta di una
scelta convenzionale utilizzata nel mondo ed in particolare in campo europeo
è il valore di riferimento per l'Eurocodice sismico. Non corrisponde
pertanto nè al massimo valore possibile per la regione, nè
al massimo valore osservato storicamente, ma è un ragionevole compromesso
legato alla presunta vita media delle strutture abitative.
I due indicatori di pericolosità qui utilizzati rappresentano due aspetti diversi dello stesso fenomeno. L'accelerazione orizzontale di picco di Fig. 1 illustra l'aspetto più propriamente fisico: si tratta di una grandezza di interesse ingegneristico che viene utilizzata nella progettazione in quanto definisce le caratteristiche costruttive richieste agli edifici in zona sismica. L'intensità macrosismica di Fig. 2 rappresenta, invece, in un certo senso le conseguenze socio-economiche; descrivendo infatti il grado di danneggiamento causato dai terremoti, una carta di pericolosità in intensità macrosismica si avvicina, con le dovute cautele derivate da diverse approssimazioni insite nel parametro intensità, al concetto di rischio sismico.
Per questo motivo le informazioni che si possono dedurre dalle due carte
possono essere diverse; va ricordato che in entrambi i casi, i risultati
forniti non contemplano le situazioni di anomalia particolare, legati a possibili
amplificazioni locali dello scuotimento per caratteristiche geo-morfologiche
sfavorevoli oppure a situazioni di alta vulnerabilità degli edifici.
Globalmente comunque i due prodotti hanno caratteristiche simili.
Nel dettaglio della Fig. 1, i valori massimi di pericolosità (superiori
a 0,36 g, dove con g si indica l'accelerazione di gravità) sono raggiunti
in Friuli, in alcune zone dell'Appennino Centrale e Meridionale, lungo l'arco
Calabro fino allo stretto di Messina. Piccole porzioni della penisola (le
zone pianeggianti del Piemonte e Lombardia, l'Alto Adige, il Tavoliere delle
Puglie) e la Sardegna risultano caratterizzate da valori di scuotimento atteso
molto bassi (inferiori a 0,08 g). E' da segnalare che l'attenuazione
dell'accelerazione di picco selezionata è riferita ad un terreno medio
ed è stata tarata su un vasto parco di dati europei per garantire
robustezza ai risultati.
La dinamica della carta d'intensità macrosismica di Fig. 2 individua ancora un'area di elevata pericolosità sismica in Friuli (valori corrispondenti al IX grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, MCS) mentre un lungo massimo interessa questa volta tutta la parte assiale della penisola, dall'Appennino umbro-marchigiano fino a quello lucano, per poi proseguire lungo l'arco Calabro fino a Messina; in due fascie costiere calabre vengono raggiunti i valori massimi di pericolosità, corrispondenti agli effetti del X grado MCS. Va segnalato che la convenzione utilizzata per la rappresentazione grafica associa i gradi intermedi, solitamente usati per indicare l'incerta attribuzione tra due classi di intensità, alla classe superiore; così, ad esempio, per la maggior parte della Pianura Padana, si prevede che possano verificarsi mediamente ogni cinque secoli effetti del V-VI o VI grado MCS, corrispondenti alla soglia dei primi danneggiamenti. La Sardegna resta sensibilmente meno pericolosa del resto d'Italia.
Le carte sono state realizzate da D. Slejko, L. Peruzza ed A. Rebez, presso l'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste, con il contributo di M. Stucchi, P. Scandone ed E. Faccioli e la collaborazione di D. Albarello, M. Bobbio, R. Camassi, C. Meletti, G. Monachesi ed A. Zerga.
Per informazioni: D. Slejko