PERICOLOSITA' SISMICA DEL TERRITORIO NAZIONALE

a cura di Dario Slejko
(Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste)
documento consegnato al Sottosegretario
per il Coordinamento della Protezione Civile
il 15.07.1996

Modalità di attenuazione dell'intensità macrosismica

a cura di L. Peruzza
Rapporto sintetico per il GdL "Rischio Sismico", maggio 1996


PERICOLOSITA' SISMICA DEL TERRITORIO NAZIONALE

La situazione italiana

Ogni otto anni mediamente in Italia si verifica un terremoto con conseguenze da gravi a catastrofiche. Questo comporta, per i governi che si succedono nel tempo, la necessità di fronteggiare l'emergenza e la ricostruzione, ma anche di elaborare una strategia di difesa dai terremoti.
Lo strumento di difesa adottato fino ad oggi in Italia è incentrato sulla normativa sismica, che predispone i requisiti antisismici adeguati per le nuove costruzioni in determinate zone del Paese; l'altra possibile difesa può avvenire attraverso l'intervento sul patrimonio edilizio già esistente, operazione che deve essere articolata a valle di complesse valutazioni socio-economiche, denominate analisi di rischio, in diffusione solo negli ultimi anni. Entrambi gli strumenti di protezione dagli effetti dei terremoti hanno un denominatore comune nella pericolosità sismica, ovvero nella stima dello scuotimento del suolo previsto in un certo sito durante un dato periodo di tempo a causa dei terremoti.

Per quanto riguarda la normativa sismica italiana, le prime misure legislative vennero prese dal governo borbonico a seguito dei terremoti che colpirono la Calabria nel 1783 causando più di 30.000 morti; dopo il terremoto che distrusse Reggio Calabria e Messina il 28 dicembre 1908, causando, si stima, 80.000 vittime, fu promulgata la prima classificazione sismica italiana, intesa come l'elenco dei comuni sismici. La lista comprendeva i comuni della Sicilia e della Calabria gravemente colpiti dal terremoto ed alcuni altri comuni per i quali si tramandava il ricordo di danneggiamenti subiti nel passato; fu modificata in seguito dopo altri eventi sismici semplicemente aggiungendo i nuovi comuni danneggiati. Nel 1974 fu promulgata la nuova normativa sismica nazionale contenente i criteri di costruzione antisismica, e la classificazione sismica, la lista, cioè, dei comuni in cui devono essere applicate le norme costruttive; quest'ultima viene stabilita con decreto legislativo ed è pertanto aggiornabile qualora le nuove conoscenze in materia lo suggeriscano; fino al 1980 però vi sono stati inseriti semplicemente i comuni nuovamente colpiti da terremoti. Gli studi sismologici e geologici che seguirono i terremoti del 1976 in Friuli e del 1980 in Irpinia, svolti nell'ambito del Progetto Finalizzato Geodinamica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), portarono ad un sostanziale sviluppo delle conoscenze sulla sismicità del territorio nazionale e permisero la formulazione di una proposta di classificazione sismica basata, per la prima volta in Italia, su indagini di tipo probabilistico della sismicità italiana e che conteneva un embrione di stima del rischio sismico sul territorio nazionale. La proposta del CNR fu presentata al governo e tradotta in una serie di decreti da parte del Ministero dei Lavori Pubblici tra il 1980 ed il 1984. L'insieme di questi decreti costituisce la classificazione sismica italiana attualmente in vigore.

Sono passati più di dieci anni da allora, e la comunità scientifica ha compiuto altri significativi passi nella comprensione del fenomeno sismicità, nella valutazione e sviluppo di tecniche per la riduzione delle sue conseguenze. Come in tutti i settori della ricerca, i risultati non sono esaustivi; consentono però un aggiornamento della classificazione sismica del territorio. Nell'ambito delle attività di ricerca del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT) del CNR, il progetto "Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale" si è posto quale obiettivo ottenere una nuova stima della pericolosità sismica d'Italia, utilizzando metodologie statistiche internazionalmente convalidate, per fissare le conoscenze disponibili alla prima metà degli anni '90.

Hanno concorso alla realizzazione di tale progetto le attività di tre Linee di Ricerca del GNDT, che possono semplicisticamente rappresentare gli "ingredienti" necessari per la stima della pericolosità. La Linea "Sismicità" contribuisce al miglioramento delle conoscenze sismologiche ed alla valutazione della sismicità nazionale, la Linea "Sismotettonica" guida l'interpretazione del "dove e perchè" avvengono i terremoti, la Linea "Pericolosità" esplora gli aspetti metodologici della stima della pericolosità, ed è quindi coinvolta nelle fasi di calcolo vero e proprio. Senza l'apporto originale ed il sincretismo di queste ricerche non è possibile giungere a risultati culturalmente e scientificamente validi e nuovi.

Le carte di pericolosità sismica

Pur essendo i risultati di pericolosità essenzialmente dei prodotti per tecnici, destinati a venir successivamente ripresi in ambito legislativo, o integrati in indagini di rischio, la loro divulgazione permette una riflessione su un fenomeno molto importante per il nostro territorio. Per questo motivo, si è preferito un percorso di lettura delle due carte di pericolosità che eviti descrizioni estremamente tecniche, le quali possono risultare talora incomprensibili, oppure reticenti ed oscure.

Nell'ambito del progetto GNDT per la nuova proposta di classificazione sismica del territorio nazionale è stato privilegiato un metodo probabilistico consolidato e preso a riferimento anche da numerosi progetti internazionali. Tale metodo - detto di Cornell, dal nome di colui che l'ha per primo proposto negli Stati Uniti degli anni Settanta - prevede:
i) che vengono riconosciute nel territorio le zone o strutture responsabili della sismicità (zone o sorgenti sismogenetiche);
ii) che sia quantificato il loro grado di attività;
iii) che si calcoli l'effetto provocato da tali sorgenti con la distanza.

Per questo si usa dire che gli elementi basilari per procedere al calcolo della pericolosità sismica col metodo di Cornell sono una zonazione sismogenetica dell'area studiata, un catalogo di terremoti, ed una o più relazioni di attenuazione del parametro sismologico scelto quale indicatore di pericolosità. Nell'ambito delle attività del GNDT, è stata elaborata una zonazione sismogenetica del territorio italiano e regioni limitrofe che considera 80 sorgenti, omogenee dal punto di vista strutturale e sismogenetico; è stato predisposto un catalogo finalizzato alla pericolosità per i terremoti avvenuti nell'intervallo temporale dall'anno 1000 al 1980 sul territorio nazionale e regioni limitrofe che consiste di oltre 3000 eventi principali (le repliche sono escluse); sono state validate, o sviluppate a partire dai dati osservati in occasione di diversi terremoti significativi, le relazioni di attenuazione dei due indicatori di pericolosità di interesse, ovvero l'accelerazione orizzontale di picco, e l'intensità macrosismica.

I risultati di questa metodologia sono in genere riferiti ad un certo livello di probabilità in un dato periodo di tempo; le figure presentate illustrano il valore dell'indicatore di pericolosità che si prevede non venga superato nel 90% dei casi in 50 anni. I risultati possono anche essere interpretati come quel valore di scuotimento che nel 10% dei casi si prevede verrà superato in 50 anni, oppure la vibrazione che mediamente si verifica ogni 475 anni (cosiddetto periodo di ritorno). Si tratta di una scelta convenzionale utilizzata nel mondo ed in particolare in campo europeo è il valore di riferimento per l'Eurocodice sismico. Non corrisponde pertanto nè al massimo valore possibile per la regione, nè al massimo valore osservato storicamente, ma è un ragionevole compromesso legato alla presunta vita media delle strutture abitative.

I due indicatori di pericolosità qui utilizzati rappresentano due aspetti diversi dello stesso fenomeno. L'accelerazione orizzontale di picco di Fig. 1 illustra l'aspetto più propriamente fisico: si tratta di una grandezza di interesse ingegneristico che viene utilizzata nella progettazione in quanto definisce le caratteristiche costruttive richieste agli edifici in zona sismica. L'intensità macrosismica di Fig. 2 rappresenta, invece, in un certo senso le conseguenze socio-economiche; descrivendo infatti il grado di danneggiamento causato dai terremoti, una carta di pericolosità in intensità macrosismica si avvicina, con le dovute cautele derivate da diverse approssimazioni insite nel parametro intensità, al concetto di rischio sismico.

Fig.1

Fig.2


Per questo motivo le informazioni che si possono dedurre dalle due carte possono essere diverse; va ricordato che in entrambi i casi, i risultati forniti non contemplano le situazioni di anomalia particolare, legati a possibili amplificazioni locali dello scuotimento per caratteristiche geo-morfologiche sfavorevoli oppure a situazioni di alta vulnerabilità degli edifici. Globalmente comunque i due prodotti hanno caratteristiche simili.

Nel dettaglio della Fig. 1, i valori massimi di pericolosità (superiori a 0,36 g, dove con g si indica l'accelerazione di gravità) sono raggiunti in Friuli, in alcune zone dell'Appennino Centrale e Meridionale, lungo l'arco Calabro fino allo stretto di Messina. Piccole porzioni della penisola (le zone pianeggianti del Piemonte e Lombardia, l'Alto Adige, il Tavoliere delle Puglie) e la Sardegna risultano caratterizzate da valori di scuotimento atteso molto bassi (inferiori a 0,08 g). E' da segnalare che l'attenuazione dell'accelerazione di picco selezionata è riferita ad un terreno medio ed è stata tarata su un vasto parco di dati europei per garantire robustezza ai risultati.

La dinamica della carta d'intensità macrosismica di Fig. 2 individua ancora un'area di elevata pericolosità sismica in Friuli (valori corrispondenti al IX grado della scala Mercalli-Cancani-Sieberg, MCS) mentre un lungo massimo interessa questa volta tutta la parte assiale della penisola, dall'Appennino umbro-marchigiano fino a quello lucano, per poi proseguire lungo l'arco Calabro fino a Messina; in due fascie costiere calabre vengono raggiunti i valori massimi di pericolosità, corrispondenti agli effetti del X grado MCS. Va segnalato che la convenzione utilizzata per la rappresentazione grafica associa i gradi intermedi, solitamente usati per indicare l'incerta attribuzione tra due classi di intensità, alla classe superiore; così, ad esempio, per la maggior parte della Pianura Padana, si prevede che possano verificarsi mediamente ogni cinque secoli effetti del V-VI o VI grado MCS, corrispondenti alla soglia dei primi danneggiamenti. La Sardegna resta sensibilmente meno pericolosa del resto d'Italia.

Le carte sono state realizzate da D. Slejko, L. Peruzza ed A. Rebez, presso l'Osservatorio Geofisico Sperimentale di Trieste, con il contributo di M. Stucchi, P. Scandone ed E. Faccioli e la collaborazione di D. Albarello, M. Bobbio, R. Camassi, C. Meletti, G. Monachesi ed A. Zerga.

Per informazioni: D. Slejko

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