Il XVI secolo fu decisivo per l’assetto di tutto il bacino padano per i secoli successivi. Fu l”’età dell’oro delle bonifiche”, in cui si conquistano nuove terre per la coltura del grano e si colloca tra due interventi di contrasto del precario equilibrio idraulico del Po: l’immissione del Reno nel Po di Ferrara (1522-26) e il Taglio di Porto Viro che rivolge verso sud la foce principale del fiume (1600- 1604). In questo periodo si verificò inoltre un generale cambiamento del clima europeo che giunse al suo culmine proprio alla fine del Cinquecento. L’aumento della piovosità e delle precipitazioni nevose sull’arco alpino ed appenninico spostarono più a monte il “punto neutro” 1 dei fiumi del bacino padano. Tutto il tratto terminale del Po risentì dell’eccesso di depositi alluvionali e di trasporto di materiale solido: il letto del fiume si alzò e tese a divenire pensile, con la conseguenza che le acque di piena finivano sempre più spesso per fuoriuscire dall’alveo o per rompere gli argini. Nella seconda metà del ‘500, i fiumi Reno, Panaro e Po provocarono frequenti alluvioni. Il Reno in pochi anni ostruì l’alveo del Po di Ferrara rendendo non più navigabile il tratto tra il porto di Primaro e Bologna. Per quanto riguarda il versante nord del bacino, ovvero il Po di Lombardia e il suo tratto terminale Po delle Fornaci, ormai riceveva tutto il volume di acque che scendeva dal bacino padano, mentre le correnti marine portavano le acque dei rami di Tramontana e di Levante fino all’imbocco della Laguna veneziana. Il difficile equilibrio idrologico portava a una serie di contese tra le diverse città e comunità che gravitavano attorno il delta padano. Quando Argenta fu colpita dal terremoto, si trovava in mezzo a un conflitto con Ferrara, la quale aveva cambiato i corsi delle acque danneggiando fortemente l’economia argentana.
Allora, il Po di Primaro bagnava le mura meridionali di Argenta. Questa cittadina, da meno di trent’anni entrata a far parte dello Stato della Chiesa come parte della Legazione di Ferrara, era sede di un governatorato e il suo territorio comprendeva pure i paesi di S. Alberto, Bando, S. Biagio, Boccaleone, Filo, Lavezzola, Longastrino (che facevano parte della diocesi di Ravenna), e Marmorta (diocesi di Bologna). Il governatore era rappresentante del potere centrale, veniva rinnovato ogni due anni e aveva il compito di coordinare e sovraintendere sull’operato dei rappresentanti locali, cioè i consoli e i massari. Dal punto di vista dell’amministrazione ecclesiastica, la cittadina era divisa in due parrocchie: San Niccolò (la parte orientale) e San Giacomo (la parte occidentale). Riguardo la popolazione, sono ancora attendibili i dati del Pardi, nonostante il suo lavoro abbia ormai quasi un secolo: la città con i paesi circostanti contava nel 1625, 6452 abitanti, arrivando a 7837 nel 1677. La popolazione di Argenta era variegata: ai mestieri e alle professioni comuni a qualsiasi città dell’epoca (calzolai, cestai, macellai fruttivendoli, fabbri, osti, meretrici, notai, maestri, sacerdoti), si aggiungevano quelli dovuti alla sua particolare posizione geografica: pescatori, marinai, fabbricanti di barche.