Al margine nordorientale della Toscana si trovano due aree sismogenetiche ben conosciute (Mugello e alta Valtiberina), divise da un tratto di territorio in cui il più recente catalogo sismico italiano (GdL CPTI, 1999) non localizza terremoti rilevanti. Questo territorio corrisponde pressappoco al distretto storico del Casentino, formato da un’ampia valle attraversata dal primo tratto dell’Arno e delimitata a ovest dalla catena del Pratomagno e a est da un settore di catena appenninica che si protende a sud verso Sansepolcro e l’alta valle del Tevere.
L’assenza –o piuttosto la scarsità - di attività sismica in questa zona, da alcuni ritenuta un tratto oscuro del cosiddetto “Etrurian Fault System” (Lavecchia et al., 2000), ha portato a ipotizzare che il Casentino ospiti un “gap sismico”. Siccome però non pare ci siano precise ragioni geologiche a sostegno di questa ipotesi, non si può neanche escludere la possibilità che la lacuna sia più apparente che reale, e informativa piuttosto che sismica. Questa “lacuna informativa” potrebbe essere assoluta o relativa a seconda che derivi da una effettiva mancanza di fonti storiche in grado di documentare le vicende del Casentino (ivi compresi gli eventuali terremoti) per periodi più o meno lunghi, o da una passata mancanza di interesse per il Casentino come soggetto di studi storico-sismologici.
La prima possibilità è poco convincente. Il Casentino non è un’area storicamente “muta” cioè tanto arretrata, illetterata, priva di memoria storica e di rapporti con l’esterno da non aver prodotto (o fatto produrre da testimoni esterni) testimonianze delle proprie vicende storiche. Al contrario, in quanto sede originaria di due importanti ordini monastici (Camaldolesi e Vallombrosani), di una tra le principali dinastie feudali toscane (i Guidi) e di un celebre santuario (La Verna), il Casentino ha un patrimonio documentario mediamente più ricco e risalente a epoca più remota di quanto non capiti in genere ai distretti storici italiani (Wickham, 1988). In epoca moderna l’area è entrata nei circuiti del Grand Tour, divenendo un soggetto di interesse anche per la letteratura di viaggio europea e americana (Brilli, 1993). Non risulta invece che il Casentino sia mai stato oggetto di studi sismologici specifici, né da parte degli eruditi compilatori di terremoti del Seicento-Ottocento), né durante le ricerche storico-sismologiche su vasta scala promosse con criteri filologici nel tardo Novecento. In conclusione, dato che l’attuale percezione degli andamenti della sismicità storica italiana si basa essenzialmente su queste due esperienze (Camassi e Castelli (2003), in effetti mancano elementi concreti per trarre conclusioni sulla sismicità (o assenza di sismicità) casentinese.
Per rimediare a questa carenza è stata svolta un’indagine storico-sismologica mirante a migliorare le conoscenze sulla sismicità del Casentino attraverso il riordino e miglioramento delle conoscenze sui terremoti noti al catalogo corrente e la ricerca di tracce di eventuali terremoti ad esso sconosciuti.