Il 29 dicembre 2013 un terremoto di magnitudo MW = 5.0 (profondità 10.5 km) è avvenuto nell’area dei Monti del Matese alle ore 18:08:43, ora locale. Il terremoto è stato localizzato dalla Rete Sismica Nazionale dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) nei Monti del Matese (41.37°N, 14.45°E) (Figura 1). In seguito a tale evento, diversi interventi sono stati predisposti finalizzati al miglioramento del monitoraggio geofisico dell’area [De Gori et al., 2014].
L’evento ha prodotto panico e preoccupazione, in modo particolare nelle comunità alle falde del Matese, con un elevato livello di avvertibilità in tutta la provincia di Caserta, Benevento, Napoli, Avellino e Salerno, in Campania, e di Venafro ed Isernia, nel Molise. Nelle aree più prossime all’epicentro sono stati registrati lievi danni ad alcuni edifici e a strutture di culto. L’evento è tra quelli di maggiore energia registrati nell’area del Matese dopo il terremoto del 26 luglio 1805. L’area del Matese che si estende da Isernia a Benevento, è uno dei segmenti della catena Appenninica più attivi dal punto di vista sismico. Il livello di pericolosità sismica fornito dalle mappe dell’INGV indica un valore stimato di accelerazione di picco con probabilità di superamento del 10% in 50 anni, su sito roccioso, compreso tra 0.250g e 0.275g (g è l’accelerazione di gravità) (http://zonesismiche.mi.ingv.it/mappa_ps_apr04/italia.html).
Considerato l’elevato livello di pericolosità dell’area si è ritenuto opportuno procedere ad un rilievo speditivo degli effetti del terremoto sulle costruzioni, al fine di analizzare la vulnerabilità del patrimonio edilizio (in gran parte costituito da centri storici ed edifici in c.a. non antisismici) ed esaminare l’andamento della radiazione sismica, elementi che potrebbero essere utilizzati in futuro in un’ottica di mitigazione del rischio nel caso di eventi di maggiore energia.