Nello svolgimento di studi storici e statistici sui terremoti, in ogni regione in esame, é frequentemente desiderabile avere una scala per la differenziazione degli eventi in relazione all'energia inizialmente liberata, indipendentemente dagli effetti che possono essere prodotti dal terremoto in ciascun punto particolare di osservazione (Richter, 1935). In questa frase di Charles Richter possono essere sintetizzati gli sforzi che sono stati condotti negli ultimi decenni in sismologia, al fine di identificare un parametro che, in qualche modo, possa inequivocabilmente caratterizzare l'energia liberata durante il fenomeno terremoto. La “grandezza" di un terremoto, in relazione al moto vibratorio prodotto, viene oggi generalmente descritta dalla magnitudo о dal momento sismico. L’utilizzo principale di tali parametri avviene poi negli studi di sismogenesi e di pericolosità sismica dove la previsione del moto vibratorio atteso viene generalmente determinato, nei modelli di calcolo di uso più comune, in termini di distanza dalla sorgente e magnitudo. I due parametri sopracitati non sono comunque definibili univocamente; per la distanza del sito dalla sorgente sismica si può far riferimento a quella epicentrale, focale, dall’espressione superficiale della faglia о dall’area di distribuzione delle repliche. Per la magnitudo il discorso è ancora più complesso in quanto le molteplici scale esistenti fanno ciascuna riferimento ad una parte ben precisa dello spettro di frequenza con cui si è propagata l’energia. In particolare la Magnitudo Wood-Anderson (o Locale, о Richter) (Mwa) viene calcolala sulla radiazione ad alta frequenza, così come la Magnitudo sulle Onde di Volume (P ed S) (mb), mentre la Magnitudo sulle Onde di Superficie (Ms) viene determinala sulla componente a più bassa frequenza dello spettro. Tutte queste magnitudo tendono comunque a presentare un limite superiore (mb=7.2; Ms==8.3; Hans & Kanamori, 1979) ed a non rappresentare correttamente la “dimensione" del terremoto per elevati rilasci di energia. Di conseguenza la migliore misura per quantificare la “grandezza" del terremoto sembrerebbe essere la Magnitudo calcolata dal Momento Sismico (Mw) (Kanamori, 1978) che, rappresentando la parte dello spettro a periodo ultra lungo, non mostra saturazioni verso l’alto.
Da quanto sopra detto risulta evidente come tali dati siano basilari negli studi di sismogenesi e di pericolosità sismica, mentre proprio gli stessi dati sono sicuramente i meno presenti, ma non per questo i meno importanti, tra la gran mole di materiale sismico disponibile per il territorio nazionale. Tale carenza di informazioni ha prodotto un notevole sviluppo di correlazioni empiriche le quali hanno però mollo spesso prodotto risultati lontani dalle grandezze che volevano rappresentare. Ciò in quanto nel catalogo sismico nazionale CNR/PFG (Poslpischl, 1985) compare, nella colonna definita "magnitudo locale", un valore nel quale sono confluite sia magnitudo sulle onde di superficie, elaborate da Karnik (1962) con formule oggi non più in uso, sia magnitudo sulle onde di volume, fornite generalmente da BCIS e NEIS, da analizzare però con estrema cautela per la metodologia usata rispetto alla definizione di Gutenberg e Richter (1945) (Margottini, Martini & Sleiko, 1989 e 1991), sia magnitudo Wood-Anderson (dal 1971), non mediate però tra i due strumenti presenti in Italia (Trieste e Roma Monteporzio Catone) come invece suggerito da Richter (1935) nella formulazione originale del parametro.
Nel presente lavoro, al fine di ovviare alle incertezze esistenti nelle valutazioni di pericolosità sismica dovute alla mancata conoscenza di Magnitudo corrette ed uniformi tra di loro, sono state raccolte informazioni per la determinazione della Magnitudo e del Momento Sismico per 647 terremoti italiani dal 1900 al 1986. In particolare sono stati:
- selezionali i terremoti con intensità maggiore od uguale al IV Grado MCS tra quelli compresi nel Catalogo Nazionale CNR/PFG (Postpischl, 1985) (fig. 1) dal 1900 al 1980 ed integrati fino al 1986 con i Bollettini Macrosismici dell’istituto Nazionale di Geofisica ed altre pubblicazioni specifiche, evidenziando circa 8.000 eventi;
- ricercate, all'interno di ciascuna delle circa 500 collezioni di bollettini di Osservatori Sismologici contenuti nella Banca Dati ENEA (fig. 2), le registrazioni strumentali relative agli 8.000 eventi selezionati; è degno di nota lo spoglio manuale dei bollettini ha interessato circa 11.000 annate di registrazioni sismiche (fig. 3) comprendenti eventi di tutta la terra e consentendo il recupero di informazioni sismologiche dai singoli Osservatori per un totale di circa 3450 registrazioni di eventi italiani;
-
- utilizzati i dati sopra riportati per la determinazione della Magnitudo sulle Onde di Superficie, della Magnitudo sulle Onde di Volume, della Magnitudo Wood-Anderson e del Momento Sismico (e relativa Magnitudo da Momento Sismico) per un totale di 647 terremoti avvenuti dal 1900 al 1986 nel territorio italiano.