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Michelini et al., 2006

Michelini A., Lomax, A., Nardi A., Rossi A., 2006. La localizzazione del terremoto della Calabria dell'8 settembre 1905 da dati strumentali. In: Guerra I., Savaglio A. (eds.): 8 settembre 1905, terremoto in Calabria. Regione Calabria, Università della Calabria, Deputazione di Storia Patria per la Calabria, pp. 225-240.

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Abstract

Il terremoto dell’8 settembre 1905 si verificò alle 1:43, ora locale, ebbe intensità massima pari al grado XI della scala Mercalli ed una Ms stimata in ca 7 (Riuscetti e Schick, 1974). Il terremoto causò poco più di 500 vittime ed un’onda di maremoto che inondò a più riprese le coste occidentali della Calabria ed in particolare la costa antistante il Golfo di Sant’Eufemia.

Il terremoto è uno dei maggiori occorsi in Italia nel XX secolo. Tuttavia, l’epicentro non è mai stato determinato utilizzando i dati strumentali (fasi di onde P e S) registrate a scala regionale e globale: tutte le localizzazioni finora proposte sono basate principalmente sul risentimento macrosismico.

La maggior parte delle fonti coeve al terremoto pongono l’epicentro a terra nella zona compresa tra Monteleone (l’odierna Vibo Valentia) e la parte settentrionale del Golfo di Sant’Eufemia. In particolare, Baratta (1906) così si esprime a proposito della sorgente del terremoto. “La grande commozione del settembre 1905 costituisce un vero terremoto policentrico, nella cui area di maggiore intensità si trova un centro superficiale principale nel territorio di Monteleone; un altro nei pressi di Ajelio-Mar tir ano, e con tutta probabilità un terzo nel zona Montalto Uffugo- Rende ".

Mercalli (1906) dal canto suo riconosce e descrive il fenomeno come segue. ÌNArea epicentrale si estende ai circondari di Monteleone, Nicastro, Catanzaro, Cosenza e Paola; quindi misura circa 100 km di lunghezza da nord a sud (tra Bisignano e Mileto). E chiusa a Est entro terra (non tocca in nessun punto lo Ionio), è invece aperta a ponente verso il Tirreno. Sulla terraferma ha appena 40 km di larghezza massima tra Olivadi e Briatico e presenta nella parte centrale una zona corrispondente alla Stretta di Catanzaro, da est ad ovest, nella quale gli effetti del terremoto risultano “non rovinosi". Si tratta probabilmente di due centri sismici: il principale a sud e l’altro a nord della Stretta di Catanzaro, che si attivarono quasi contemporaneamente. L’area mesosismica risulta pertanto sensibilmente ellittica, cioè molto meno estesa in senso E-W che in quello N-S. ".

Platania (1907) identifica invece gli effetti dello tsunami sulle coste calabra e siciliana e produce una mappa con l’intensità del maremoto. Si sofferma inoltre sulla rottura di un cavo telegrafico 12 km a Est del margine meridionale dell’isola di Vulcano nelle Eolie ed assume che detta rottura è da attribuire ad una dislocazione del fondo del mare prodotta dal terremoto.

Rizzo (1906) conduce un analisi su diversi sismogrammi e conclude che l’epicentro è localizzato a Lat. 38.83 N - Lon. 16.26 E ed ipotizza una linea di frattura da Aiello, attraverso il Golfo di S. Eufemia, fino a Briatico, Monteleone, Cessaniti.

Successivamente, Rizzo (1907) definisce l’area epicentrale in una zona distesa dalle falde del M. Poro, fino a Martirano e ad Ajello, attraverso il Golfo di S. Eufemia.

A partire dagli anni ‘70 del secolo scorso questo terremoto è stato riesaminato da diversi autori ma non appare che dal punto di vista della localizzazione siano stati fatti dei significativi passi avanti. Riuscetti e Schick (1974) adottano Lat. 38.8 N - Lon. 16.1 E (fig. 1), che si trova lungo la congiungente Briatico- Martirano di Rizzo (1907), come epicentro nel loro studio del meccanismo di fagliazione. A riguardo, gli autori ricavano dai dati dei primi arrivi a loro disposizione un meccanismo da inverso a trascorrente su una faglia verticale. Un risultato analogo è stato ottenuto da Martini e Scarpa (1983) i quali anche sottolineano l’alto grado di incertezza nella soluzione.

Ciaranfi et al. (1983) nella mappa della neotettonica dell’Italia meridionale indicano la presenza nell’area di due principali faglie attive anche se non vengono specificate in maniera esplicita come sorgenti sismogeniche. La prima è una faglia normale che immerge a NNE lunga 9 km identificabile nella parte settentrionale di Capo Vaticano. La seconda è una faglia normale, lunga 20 km ed immergente a NO lungo la costa nei pressi di Pizzo.

Mulargia et al. (1984) sulla base del maremoto che necessita una dislocazione verticale e sul fatto che il terremoto si trova sul prolungamento del graben di Catanzaro, suggeriscono 1’esistenza di una meccanismo di fagliazione normale. In generale accordo con questa proposta è anche Westaway (1992) che ipotizza per il 1905 una faglia normale di direzione OSO localizzata a ovest della costa calabra e pone come epicentro il medesimo di Riuscetti e Schick (1974).

Valensise et al. (1993) propongono l’attivazione di una faglia cieca con orientamento NE-SO ed immergente a SE, localizzata in mare lungo il golfo di Sant’Eufemia.

Westaway (1993) modifica quanto proposto precedentemente dallo stesso autore ed identifica come responsabile del terremoto del 1905 una faglia normale a N di Capo Vaticano. Inoltre, il medesimo autore ricava un velocità di innalzamento di ca 0.05 mm/a e quindi di 0.1 mm/a sulla faglia.

Boschi et al. (1995) sulla base dei dati di intensità localizzano l’epicentro “a terra” (Lat. 38.67 N - Lon. 16.07 E) mentre Camassi e Stucchi (1997), nella compilazione del Catalogo dei terremoti storici italiani (NT4.1.1), propongono sulla base di dati macrosismici una posizione a mare (Lat. 38.75 N - Lon. 16.03 E). Il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (Gruppo di Lavoro CPTI, 1999) ha rivalutato la soluzione proposta da Boschi et al. (1997) riproponendo l’epicentro del terremoto a terra.

Infine, Piatanesi e Tinti (2002) hanno svolto un lavoro in cui simulano il maremoto provocato dal terremoto candidando separa-tamente tre faglie proposte in letteratura come sorgente del terremoto del 1905 e producendo, in pratica, tre diversi scenari. Le faglie in questione sono quelle di Capo Vaticano, di Vibo Valentia e di Lamezia. Le conclusioni degli autori sono tuttavia ancora non univoche in quanto rimarcano che, con i dati e le simulazioni effettuate, non è possibile distinguere la faglia responsabile del maremoto tra le tre candidate. Non solo, sulla base delle loro simulazioni gli autori non escludono l’attivazione di una faglia spostata più a occidente in direzione delle Isole Eolie (10-20 km) e con geometrie simili a quella di Capo Vaticano о di Vibo Valentia (direzione circa OSO ed immersione quasi verticale).

In generale, l’ottenere per terremoti storici delle localizzazioni strumentali accurate dalle fasi delle onde sismiche P e S è un compito molto difficile. Infatti, anche se già agli albori della sismometria la strumentazione era spesso di notevole fattura dal punto di vista meccanico, gli orologi collegati ai sismografi, tuttavia, non riuscivano a mantenere un’accurata sincronizzazione con il tempo universale (UTC, Coordinated Universal Time) per cui i tempi delle fasi registrate sui sismogrammi erano spesso errati fino a diversi secondi. In sismologia l’accuratezza degli orologi è determinante nella maggior parte delle analisi ed è stata raggiunta solo in tempi relativamente recenti: dapprima mediante la sincronizzazione tramite segnali radio e, ancora più recentemente, tramite la tecnologia satellitare.

Inoltre, le tecniche standard di localiz-zazione presuppongono che i tempi di fase delle registrazioni siano accurati e, soprattutto, che non vi siano outlier, vengono così definiti i dati il cui errore effettivo é molto maggiore di quello loro attribuibile a priori. Da ciò consegue che con i terremoti storici l’applicazione delle tecniche standard è purtroppo destinata a fornire risultati spesso inesatti se l’insieme dei dati dei tempi delle fasi utilizzate nella localizzazione non è prima sottoposto ad un’attenta verifica. Infine, è bene sottolineare che l’individuazione degli outlier, quando si utilizzano tecniche di localizzazione standard, può risultare difficile in quanto i tempi di tutte le fasi (sia corrette che gli outlier) si mediano vicendevolmente.

Recentemente, Lomax (2005) ha dimo-strato, in un lavoro in cui ha localizzato il terremoto di San Francisco del 1906, che l’utilizzo di una tecnica diversa da quelle convenzionali, che minimizza simultaneamente tutti i residui tra fasi osservate e calcolate, può fornire dei risultati più accurati ovviando al problema degli outlier. Detta tecnica, che si avvale di coppie di dati e permette di isolare e diminuire fino ad elidere automaticamente 1’apporto degli outlier, è stata utilizzata nell’analisi dei dati del terremoto della Calabria del 1905 presentata di seguito.

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  DataDate    Area epicentraleEpicentral area    MDPs   Imax  EQ in
CPTI15
EQ in
CPTI15
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CPTI15
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1905 09 08 01 43Calabria  -  -