PE 98 - Progetto 5.1.1
"Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
coordinatori: P. Scandone e M. Stucchi
relazione semestrale


Introduzione

Le ricerche del primo semestre del PE98 hanno preso l'avvio a valle del Convegno del Gruppo (ottobre 1998), anche se in alcuni casi i ritardi connessi con l'erogazione dei fondi non hanno consentito la piena attivazione di alcune UR.

Le ricerche hanno riguardato i seguenti filoni:

i completamento della prima release del "catalogo di consenso", realizzato da un apposito GdL costituito da ricercatori di ING, GNDT e SSN fondendo in maniera critica il patrimonio informativo dei database CFTI2 e DOM4.1 e procedendo alla riparametrizzazione dei terremoti in modo omogeneo. In parallelo è stato allineato al catalogo il database dei punti di intensità, che servirà tra l'altro di base per la nuova release della carta delle massime intensità osservate (UR Albini/Stucchi, Bitelli/Camassi, Monachesi/Castelli, Rebez)
ii messa a punto di metodologie statistiche per l'analisi della distribuzione della sismicità nello spazio e nel tempo indirizzate alla individuazione di possibili andamenti regolari utili alla valutazione delle caratteristiche di rilascio dell'energia sismica nel territorio italiano (UR Mantovani/ Albarello, Rebez, Rotondi)
iii avvio o prosecuzione di studi di alcuni terremoti di media energia in alcune aree di particolare interesse: Appennino Umbro/Marchigiano, Pollino, Sicilia Orientale, Dalmazia (UR Albini, Barbano, Bitelli/Camassi, Monachesi/Castelli)
iv analisi critica della zonazione sismogenetica corrente a diversi livelli: concettuale, di insieme e di dettaglio nelle diverse aree, e formulazione di ipotesi per la sua revisione (UR Barbano, Doglioni, Guerra, Messina/Galadini, Scandone, Albini/Stucchi)
v predisposizione di elementi analitici di conoscenza dei caratteri sismogenetici di diverse aree e predisposizione di strumenti e ipotesi interpretative di case-studies (UR Barchi, Cello, Cinque, Lavecchia, Lentini, Messina/Galadini, Neri, Papani, Sirovich)
vi predisposizione del sito web del progetto e di strumenti per la diffusione e consultazione interattiva dei dati di sismicità (UR Padula, Albini/Stucchi).

E' stata inoltre avviata, a cura dei coordinatori, la stesura di un documento che illustra le caratteristiche e le finalità della zonazione corrente ZS.4 e ne propone un bilancio critico, finalizzato anche a indirizzare le attività delle UR.

Sono stati avviati contatti con i responsabili dei progetti 5.1.2, 5.1.4 e 6.a.2 per il coordinamento delle attività delle UR che afferiscono a più progetti (un seminario congiunto è in programma per l'11 e il 12 marzo), e con i responsabili dei progetti 6.b.1 e 6.b.2 per una sintesi delle conoscenze e delle ipotesi sismogenetiche nell'area della Sicilia Orientale.

Seguono le relazioni semestrali delle UR afferenti al progetto.



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Integrazione di dati geologici e geofisici lungo una traversa regionale, finalizzata alla definizione delle zone sismogenetiche umbro-marchigiane

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Perugia
Responsabile: M. Barchi (15 ML)

ricerche svolte con la collab. di G. Pialli, C. Collettini, S. Pucci, P. Chiraz
e di F. Guzzetti e M. Cardinali (CNR - IRPI)

1. Individuazione dell'area di studio

Le ricerche riguardano una fascia di circa 80 km2, compresa tra la Valle del F. Menotre, all'altezza di Scopoli (Comune di Foligno - PG), e la dorsale M. Tolagna - M. Cavallo. Questa fascia è stata scelta, in quanto: è compresa all'interno dell'isosista del VII grado della sequenza di Colfiorito (1997-98); ed è attraversata da una linea sismica a riflessione (che verrà indicata come Linea COL1), messa a disposizione dall'ENI/AGIP Division.

2. Rilevamento geologico - strutturale

Nel primo semestre è stato completato il rilevamento geologico - strutturale, in scala 1:10.000, di un'area di circa 55 km2. I rimanenti 25 km2 sono in via di completamento. Il rilevamento ha consentito di precisare molti dettagli della geologia locale e in particolare la localizzazione, la cinematica e l'entità dei rigetti delle principali faglie recenti e/o attive. La conclusione di questa parte del progetto è prevista entro il 15 marzo 1999.

3. Fotointerpretazione

I ricercatori del CNR-IRPI di Perugia hanno condotto la fotointerpretazione, utilizzando le immagini di un volo di dettaglio (scala 1:13.000) acquisito nell'ottobre 1997. L'obiettivo principale è stato quello di delimitare e caratterizzare i depositi continentali quaternari. Inoltre sono state individuate le principali lineazioni morfo-strutturali. Man mano che procedono i rilevamenti di campagna, le osservazioni acquisite con la fotointerpretazione vengono tarate ed integrate, ed i risultati vengono riportati su una carta di sintesi, in scala 1:25.000. Questo lavoro sarà ultimato entro il 31 marzo 1999.

4. Interpretazione della linea sismica

La linea sismica a riflessione COL1, nelle versioni stack e migrata, è stata consegnata alla U.R. dall'ENI/AGIP Division alla fine di Novembre 1998. Nel primo mese di lavoro è stata effettuata una prima ricognizione dei riflettori più evidenti, riconoscibili lungo la linea. Inoltre, per i tratti ove erano già disponibili dati del rilevamento di superficie, sono state costruite sezioni geologiche di dettaglio, lungo tracce coincidenti con quella della sezione sismica. Successivamente dati geologici e geofisici verranno integrati per la costruzione di una sezione geologica, estrapolata fino a circa 12 km di profondità. La sezione verrà ultimata entro il 30 aprile 1999.

5. Sintesi dei risultati

Fra le attività in programma nel secondo semestre di attività, resta da segnalare la proiezione degli ipocentri dei terremoti registrati durante la crisi sismica del 1997-98 lungo la sezione geologica elaborata in questo lavoro.

La sintesi dei risultati costituirà il contributo della nostra UR alla revisione delle zone e delle strutture sismogenetiche di questo settore dell'Appennino.



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Indagini storico-sismologiche per il miglioramento e l'integrazione
del database macrosismico unificato, finalizzate alla revisione
della zonazione sismogenetica

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR DISTART - Università degli Studi di Bologna
Responsabili dell'attività 5.1.1: G. Bitelli (10 ML) e R. Camassi (5 ML)

1. Premessa

Nel periodo successivo al settembre 1998 l'attività dell'UR è stata dedicata prevalentemente ad analisi ed elaborazioni connesse con la predisposizione di un catalogo unificato di consenso (GdL, 1998).

2. Preparazione del catalogo parametrico "di consenso" dei terremoti italiani

Nell'ambito delle attività avviate dal Gruppo di Lavoro "Catalogo di Consenso", questa UR ha svolto attività molteplici di analisi e controlli sia a livello della fase di selezione dei dati di riferimento per ciascun terremoto considerato, sia a livello di rideterminazione dei parametri degli eventi stessi. In particolare sono stati effettuati controlli sistematici sul parametro intensità epicentrale, ed è stato effettuato il controllo del valore di intensità massima, che è stato reso omogeneo su tutto il catalogo. E' stato inoltre rideterminata l'indicazione di area epicentrale per tutti i record (derivati da altri cataloghi parametrici oppure rideterminati a partire da dati di base) che ne risultavano privi.

E' stata condotta inoltre la verifica sistematica, mediante l'uso di GIS, delle localizzazioni epicentrali determinate mediante l'utilizzo dell'algoritmo che si è deciso di adottare per la redazione di questo catalogo; in un certo numero di casi (eventi in aree di frontiera, oppure in aree costiere) è stata proposta una localizzazione manuale ponderata, alternativa a quella determinata mediante l'algoritmo adottato.

Si è inoltre contribuito all'analisi approfondita e alla discussione di alcuni casi per i quali i parametri rideterminati con i nuovi criteri differivano in maniera sostanziale dai parametri proposti dai cataloghi originali, allo scopo di individuare singoli problemi particolari e proporre quindi soluzioni ad hoc.

3. Ricerche storiche su singoli eventi/aree

In collaborazione con le UR di Macerata e Siena sono state riprese alcune ricerche storiche su singoli terremoti e aree di possibile interesse anche per le finalità del Sottoprogetto 5.1.1. In particolare, a seguito dell'evento del Pollino del settembre 1998 è stato ripreso e approfondito lo studio del terremoto del 1708 nell'area di Viggianello, e di alcuni altri eventi minori dell'area fra XVII e XIX secolo (Camassi et al., 1998). E' stata raccolta e riesaminata tutta la letteratura disponibile e sono stati individuati e acquisiti alcuni documenti inediti di tipo tecnico-amministrativo conservati presso l'Archivio di Stato di Napoli, di cui è attualmente in corso l'analisi. Sono state inoltre avviate, presso archivi e biblioteche di Bologna, Firenze, e Roma alcune ulteriori ricerche finalizzate al miglioramento delle conoscenze su alcuni terremoti storici localizzati nell'area appenninica umbro-marchigiana, con particolare riferimento all'evento del 1785 (Serravalle di Chienti).

Lavori

Camassi R., Castelli V., Galli P. e Molin D., 1998. Il terremoto calabro-lucano del 9 settembre 1998: i risultati del rilievo macrosismico a confronto con alcuni terremoti storici dell'area. GNGTS - XVII Convegno Nazionale, Roma, 10-12 novembre 1998.

Gruppo di Lavoro "catalogo di consenso", 1998. Catalogo parametrico "di consenso" dei terremoti italiani (release di prova). Rapporto interno ING-GNDT-SSN, Bologna, 60 pp.



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Analisi delle relazioni tra sismicità e strutture tettoniche in
Umbria - Marche - Abruzzo finalizzata alla realizzazione della mappa delle zone sismogenetiche

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento Scienze della Terra - Università di Chieti - Responsabile: F. Calamita
Responsabile dell'attività 5.1.1: G. Lavecchia (15 ML)

Nell'ambito finanziamento GNDT 98, Progetto 5.1.1 , l'U.R Chieti ha portato avanti lo studio sismotettonico delle aree interessate dagli eventi sismici di Colfiorito (settembre-ottobre 1997) ed ha intrapreso lo studio di un'area campione dell'Appennino abruzzese (Val di Sangro, Marsica orientale).

1. L'area di Colfiorito

I dati sismologici relativi alla sequenza sismica di Colfiorito del settembre-ottobre 1997 sono stati confrontati con l'assetto strutturale dell'area ed interpretati nell'ambito di un possibile modello sismogenetico (Boncio e Lavecchia, 1998; Lavecchia e Boncio 1998; Boncio e Lavecchia, 1999b; Barchi et al., 1999; Calamita et al., 1999). Gli eventi sismici del 26 settembre (Colfiorito), del 12 e 14 ottobre (Sellano) e le principali scosse di replica si localizzano lungo una fascia che si estende per circa 35 Km in direzione NW-SE attraverso i bacini intra-appenninici di Colfiorito. Le soluzioni focali CMT delle scosse più energetiche (4.9<Ms<5.9) indicano una distensione con asse di massima tensione in direzione anti-appenninica, in accordo con il campo deformativo quaternario deducibile dalla cinematica delle principali faglie normali che hanno controllato la recente evoluzione tettonica dei bacini di Colfiorito. L'applicazione del metodo di inversione di Carey alle soluzioni focali disponibili mostra che i piani sismici sono ovest-immergenti e che la cinematica di tali piani è compatibile con un tensore degli sforzi caratterizzato da sigma3 suborizzontale orientato N47° e sigma1 subverticale. Il tensore degli sforzi calcolato è in buon accordo con quelli definiti dall'analisi dei meccanismi focali delle aree sismiche di Gubbio e Norcia. Tale tensore viene considerato come rappresentativo del campo di sforzi medio attivo alla scala dell'intera area appenninica umbro-marchigiana .

Il confronto fra la distribuzione preliminare delle scosse di replica e la geometria delle strutture tettoniche consente di ipotizzare una struttura sismogenetica principale degli eventi del 26 settembre coincidente con la prosecuzione in profondità della faglia bordiera orientale della depressione di Colfiorito (Faglia di M. Prefoglio). Le scosse principali si sarebbero enucleate lungo la porzione più profonda e meno inclinata della struttura sismogenetica, in prossimità dell'intersezione con una faglia normale a basso angolo immergente verso est (Faglia Altotiberina) che ne rappresenta l'orizzonte di scollamento basale. Tale interpretazione sismogenetica è analoga a quella proposta recentemente per il terremoto di Gubbio dell'aprile 1984 che ha interessato un'area localizzata circa 50 chilometri a NNW di Colfiorito.

2. L'Area dell'Alta Val Tiberina

Numerosi dati di recente pubblicazione concordano nell'indicare che la Faglia Altotiberina possa costituire la superficie di scollamento delle principali faglie distensive dell'Appennino umbro-marchigiano e suggeriscono un suo ruolo attivo nel determinare la distribuzione della sismicità.

L'affioramento di tale struttura si realizza in corrispondenza del bordo occidentale della Valle del Tevere ed è ben documentato in tutto il settore compreso fra Umbertide e Perugia (Massicci Perugini). Esso non è riconducibile ad una superficie discreta ma corrisponde ad un'ampia zona di denudamento (breakaway zone) caratterizzata da una serie di blocchi fagliati, fortemente basculati, posti al tetto del piano di faglia principale e delimitati da splays sintetici aventi direzione media N140E. In tale settore l'inclinazione della master fault, vincolata da dati di sismica a riflessione e dalla stratigrafia del Pozzo S. Donato sembra essere molto blanda, probabilmente inferiore ai 10°.

Rilevamenti tuttora in corso hanno messo in evidenza a varie scale di osservazione, che nelle rocce dell'hanging-wall la deformazione è stata accomodata dalla rotazione antioraria dei blocchi e dei piani di faglia che li delimitano (faglie di prima generazione) e dalla successiva enucleazione di piani ad alto angolo (faglie di seconda generazione) corrispondenti alle attuali "faglie bordiere" dei massicci carbonatici. L'analisi delle geometrie delle strutture e dei reciproci rapporti spazio-temporali verrà utilizzata per ricostruire e bilanciare una sezione geologica la cui restaurazione allo stadio pre-tettonica distensiva è finalizzata ad una più esatta valutazione dell'entità della deformazione distensiva. Sulle faglie principali, aventi direzioni NW-SE, si osservano movimenti di tipo dip-slip ma sporadicamente sono stati rilevati movimenti normali-destri su faglie in direzione N100+10 e normali-sinistri, su faglie in direzione circa N-S. L'applicazione di metodologie di analisi tensoriale a tali set di dati dovrebbe consentire di risalire all'orientazione ed alla geometria dell'ellissoide degli sforzi generatore e di confrontare quest'ultimo con i valori determinati in altri settori della regione umbro-marchigiana sulla base dell'inversione di dati geologici e sismologici.

3. L'area della Val di Sangro (Marsica orientale, Abruzzo)

Il 7 maggio 1984 un terremoto di magnitudo 5.8 (Ms, NEIS) ha colpito l'area della Val di Sangro (Marsica sud-orientale, Abruzzo), danneggiando gravemente 9 paesi (Imax = VII-VIII MCS). Alla scossa principale è seguita una intensa attività sismica fra cui una seconda forte scossa (11 maggio, Ms=5.2), localizzata approssimativamente nella stessa area del main shock. La sequenza sismica è stata registrata dalla rete sismica ENEA, dalle stazioni San Donato Val Comino e Duronia dell'ING, e da 8 stazioni mobili a tre componenti dell'Osservatorio Vesuviano installate nell'intorno dell'area epicentrale.

L'analisi sismotettonica dell'evento sismico ha avuto come presupposto la rilocalizzazione delle scosse di replica associate all'evento principale, utilizzando un modello di velocità coerente con la configurazione geologico-strutturale dell'area e con i dati di sismica attiva (NVR e DSS) e di tomografia sismica disponibili in letteratura. Le repliche sono state selezionate utilizzando solo gli eventi vincolati da un numero di letture (P o S) non inferiori a 6 ed aventi un GAP non superiore a 180°. Gli epicentri delle repliche rilocalizzate (circa 350 eventi) si concentrano nell'area posta immediatamente a sud di Monte Marsicano, all'interno di un cluster allungato in direzione NE-SW. In profondità gli ipocentri si concentrano prevalentemente tra i sei ed i tredici chilometri. In sezione orientata SW-NE gli ipocentri si approfondiscono verso SW mentre lungo sezioni orientate circa N-S gli stessi si distribuiscono secondo un asse subverticale, con debole approfondimento verso SSW (Boncio et al., 1998).

Le soluzioni focali, disponibili per gli eventi del 7 e dell'11 maggio (CMT database), unitamente alla distribuzione in profondità delle repliche suggeriscono che la struttura sismogenetica sia distensiva, con direzione appenninica (NNW-SSE) ed immersione sud-occidentale (Boncio e Lavecchia, 1999a). Il confronto fra dati sismologici e dati geologici sembra individuare la struttura sismogenetica in una delle faglie dirette a direzione NNW-SSE ed immersione occidentale affioranti nell'area di Barrea.

Tuttavia, l'analisi della distribuzione delle repliche nelle tre dimensioni mostra come la sequenza sismica non sia controllata soltanto da strutture a direzione appenninica. Il cluster di epicentri, infatti, si interrompe bruscamente verso nord, in corrispondenza del tratto a direzione N100° della faglia bordiera del Monte Marsicano (faglia della Valle del Sangro) che immerge verso SSW con inclinazioni medie di 80° e che rappresenta una zona di taglio transpressiva sinistra della fase tettonica mio-pliocenica riattivata in distensione. L'allungamento in direzione antiappenninica del cluster principale di epicentri è inoltre parallelo alla linea di intersezione fra la faglia della Valle del Sangro e quelle del sistema di Barrea, nonchè ai vettori di scorrimento (orientazione SW-NE) misurabili su entrambi i segmenti.

La sequenza sismica della Val di Sangro sembra essere stata controllata dall'interferenza di strutture distensive e transtensive a diversa orientazione ma cinematicamente compatibili. Infatti, l'episodio di rottura principale (scossa del 7 maggio) avrebbe interessato un segmento di faglia diretta a direzione appenninica. Il processo di rottura si sarebbe propagato dall'ipocentro verso la superficie e verso NW, fino ad interrompersi in corrispondenza della zona in cui la faglia sismogenetica (a direzione NW-SE) interseca la faglia della Valle del Sangro (a direzione N100°). L'apparentemente anomala concentrazione di aftershocks in direzione antiappenninica individuerebbe quindi un volume roccioso in deformazione localizzato in corrispondenza dell'intersezione fra i due segmenti di faglia.

Lavori

Boncio P. and Lavecchia G., 1998. Regional seismotectonic context of the September-October 1997 Colfiorito earthquakes (Central Italy). ABS del European Geophysical Society, XXIII General Assembly, Nice (France), 20-24 April 1998. Annales Geophysicae, Supplement I to Vol. 16, C161 (cum Poster).

Boncio P., Brozzetti F., Di Matteo P., Lavecchia G. e Pace B., 1998. Il controllo dell'interazione fra strutture sincinematiche a diversa orientazione nella genesi ed evoluzione dei processi sismogenetici: l'esempio della Val di Sangro (Abruzzo). ABS. XVII Convegno GNGTS, Roma, 10-12 Nov. 1998, 113-115.

Lavecchia G. e Boncio P., 1998. Storia e geologia del terremoto nell'Appennino umbro-marchigiano. Restauro & Conservazione, XXVI, 1- 6.

Barchi M., Boncio P., Brozzetti F., Lavecchia G., Magnani M., Minelli G., Pialli G. and Sotera M.B., 1997. The contribute of the CROP O3 seismic reflection profile to the seismotectonics and geothermics of the northern Apennines. ATTI IX Congresso Ordine Nazionale dei Geologi. 'Dalla ricerca alla applicazioni, risorse e sviluppo per il XXI secolo: Le risposte delle Scienze della Terrà, in stampa.

Boncio P. and Lavecchia G. (1999a) (submitted). A structural model for active extension in Central Italy. Journal of Geodynamics.

Boncio P. and Lavecchia G. (1999b) (submitted) A geological model for the Colfiorito earthquakes (september-october 1997, central Italy). Journal of Seismology.

Calamita F., Coltorti M.,Pierantoni P.P., Pizzi A., Scisciani V. and Turco E. (1999) . Quaternary normal faults and seismicity in the Umbria-Marche-Abruzzi mountains range (Central Italy): evidences from the Colfiorito autumn 1997 earthquake. Journal of Geodynamics.



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Individuazione e caratterizzazione di zone sismogenetiche in Appennino

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Camerino
Responsabile: G. Cello (5 ML)

L'obiettivo della ricerca é quello di applicare, in queste aree, un nuovo modello di segmentazione peraltro già verificato con il terremoto umbro-marchigiano del 1997.

I terremoti avvenuti in Appennino centrale e meridionale negli ultimi decenni (Norcia, 1979; Colfiorito 1997) ed anche lo studio dei terremoti storici ben documentati (Norcia-L'Aquila 1703; Fucino 1915) hanno mostrato che durante un evento sismico, in superficie, si generano e/o riattivano più faglie (Cello et al., 1998a; 1998b; 1998c; 1998d). La formazione di rotture multiple durante un evento sismico é stato ben documentato durante il terremoto umbro-marchigiano del 1997; fenomeni di riattivazione sono stati rilevati lungo tre differenti faglie attive. Documentazioni storiche e dati paleosismici dimostrano che durante il terremoto del 14 gennaio 1703 (Imax = XI MCS) si siano verificati fratture e dislocazioni al suolo lungo almeno quattro faglie attive. Analisi paleosismiche di dettaglio mostrano che ha seguito del terremoto del Fucino del 1915 (Imax = XI MCS) si siano riattivate almeno quattro faglie.

L'attivazione contemporanea di più faglie durante i terremoti sopra citati non può essere considerata come un caso eccezionale in quanto le faglie attivatesi sia nel bacino di Colfiorito (Vittori et al., 1998), di Norcia e del Fucino sono faglie preesistenti che hanno agito contemporaneamente negli ultimi centinaia di migliaia di anni ed hanno determinato l'evoluzione morfostrutturale tardo-quaternaria dei bacini intramontani dell'Appennino centro-meridionale.

Gli esempi sopra riportati suggeriscono, quindi, che le tecniche di segmentazione che utilizzano modelli di rottura a singolo segmento non possono essere applicati in maniera soddisfacente per la valutazione della pericolosità sismica (Tondi, 1998; 1999; Invernizzi e Tondi, 1998).

Il modello di segmentazione proposto si basa, invece, sulla possibilità di riconoscere in superficie e per una data area, caratteristiche geologico-strutturali, morfostrutturali, storiche, geometriche e reologiche simili. La segmentazione viene applicata, quindi, ad un'area invece che ad un singolo segmento di faglia e le faglie che si attivano in superficie durante un singolo evento sismico risultano, nel loro insieme, l'espressione superficiale di un'unica struttura sismogenetica profonda. Successivamente, sulla base delle caratteristiche specifiche dell'area individuata, é possibile valutare la geometria, la cinematica, lo slip-rate e le dimensioni della struttura sismogenetica profonda e quindi tutti quei parametri necessari alla valutazione del potenziale sismogenetico (Cello et al., 1999).

A nostro avviso, tale metodologia applicata in queste aree dell'Appennino centrale e meridionale può permettere una migliore ridefinizione della zonazione corrente.

Lavori

Cello G., Deiana G., Mangano P., Mazzoli S., Tondi E., Ferreli L., Maschio L., Michetti A., Serva L.and Vittori E. (GNDT Research Units: UNI - Camerino1 and ANPA - Roma2), 1998a. Evidence for surface faulting during the September 26, 1997, Colfiorito (Central Italy) earthquakes. Journal of Earthquake Engineering; Vol. 2, 1-22.

Cello G., Deiana G., Ferreli L., Mazzoli S., Michetti A. M., Serva L., Tondi E. and Vittori E., 1998b. Field trip Guide Book "The resolution of geological analysis and Models for Earthquake Faulting Studies", International Workshop, Camerino 3-6 giugno 1998.

Cello G., Deiana G. and Tondi E., 1998c. Abstract Volume "The resolution of geological analysis and Models for Earthquake Faulting Studies", International Workshop, Camerino 3-6 giugno 1998.

Cello G., Gambini R., Mazzoli S., Read E.and Tondi E., 1998d. The Val d'Agri Fault System (Southern Italy). International Workshop "The resolution of geological analysis and models for earthquake faulting studies", June 3-6, 1998, Camerino, Italy.

Invernizzi C. & Tondi E., 1998. Fluid Inclusions and Microstructural Evidence from Active Fault Zones in the Central Apennines: Preliminary Studies. International Workshop: "The resolution of geological analysis and models for earthquake faulting studies" Camerino 3-6 giugno 1998.

Tondi E., 1998. Active and capable fault segment in the Central Apennines. International Workshop: "The resolution of geological analysis and models for earthquake faulting studies" Camerino 3-6 giugno 1998.

Vittori E., Cello G., Deiana G., Mangano P., Mazzoli S., Tondi E., Ferreli L., Maschio L., Michetti A. M. and Serva L., 1998. Geological effects of the September 26, 1997 Earthquakes in Central Italy. EGS Assembly: Nice, 19-24 marzo 1998.

Cello G., Deiana G., Marchegiani L., Mazzoli S., Tondi E., Ferreli L., Maschio L., Michetti A., Serva L. and Vittori E., 1999. Geological constraints for earthquake faulting analysis in the Colfiorito area. Submitted to Journal of Seismology.

Tondi E., 1999. Assetto ed evoluzione geologico-strutturale dell'area di Colfiorito, area epicentrale del terremoto del 26 settembre 1997. Vol. XIV, Studi Geologici Camerti (in stampa).



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Contributo alla zonazione sismogenetica dell'Appennino campano-lucano

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Napoli "Federico II"
Responsabile: A. Cinque (15 ML)

Nel corso del primo semestre è stata completata la raccolta della letteratura e della cartografia esistente circa la evoluzione quaternaria dell'area del transetto Matese-Sannio. Integrando i dati preesistenti con quelli prodotti dalla UR in questi ultimi anni (vedi precedenti Relazioni del PE 96/98) si è poi iniziato a redarre carte di sintesi morfotettonica che evidenziano le zone con diversa storia dei movimenti tettonici verticali e la posizione delle linee (o fasce) disgiuntive che le delimitano. Al momento risultano pressoché completate le carte che riguardano le aree della valle del Volturno, della valle del Calore beneventano e del versante settentrionale del matese. Nel condurre tale operazione si stanno sperimentando legende e criteri di catalogazione dei dati (sia stratigrafici che geomorfologici) tali da rendere esplicito il tipo di 'evidenza' caso per caso utilizzato e, quindi, i termini di affidabilità delle interpretazioni proposte in carta.

Mentre procede la fase di sintesi sopra descritta, si stanno anche portando a termine dei controlli di campagna in aree di particolare interesse. Il rilevamento geologico e geomorfologico dell'area includente le depressioni tettoniche di Boiano e Sepino (margine nordorientale del massiccio del Matese) completando la mappatura delle unità quaternarie e delle evidenze di fagliazione recente. Nel corso di tali analisi si é avuta finalmente occasione di incontrare qualche buon affioramento (dovuto a tagli artificiali) dell'unità lacustre che occupa il sottosuolo della piana di Boiano e le cui geometrie e caratteri erano stati sinora ricostruiti a mezzo di stratigrafie di sondaggi. E' stato così possibile accertare che tali terreni sono spesso basculati (circa 10° verso NE) ed effettuare campionature sulle quali sono state avviate analisi palinologiche volte a definirne l'età (vedi relazioni precedenti). Analoghi risultati sono stati ottenuti nell'area di Sepino dove, peraltro, la correlazione di sondaggi attraversanti banchi di lignite ha permesso di confermare il forte basculamento (fino a 40° verso SW) dell'Unità Lacustre Antica (Villafranchiano).




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Considerazioni e proposte sulla zonazione sismogenetica della Calabria

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università degli Studi della Calabria
Responsabile: I. Guerra (20 ML)

ricerche svolte con la collab. di A. Moretti

Nel quadro del continuo affinamento delle conoscenze esistenti, la definizione delle zone sismogenetiche di interesse per la penisola italiana potrebbe essere approfondita e dettagliata, per la parte riguardante la Calabria, sulla base di dati geologici e sismografici di recente acquisizione. E` abbastanza ragionevole ritenere che i progressi verificatisi negli anni più recenti nella capacità di acquisire dati strumentali di gran lunga superiori dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo rispetto al passato e lo sviluppo di metodi di analisi numerica nella modellizzazione dei fenomeni alle sorgenti sismiche possano portare ad una caratterizzazione sempre più definita e dettagliata delle strutture sismogenetiche. Di seguito vengono passate in rapida rassegna le zone sismogenetiche che insistono sul territorio calabrese per individuarne gli aspetti che possono essere approfonditi alla luce di dati sia strumentali che di campagna osservati recentemente con una accettabile probabilità di pervenire a risultati utilizzabili nell'ambito delle finalità del GNDT. Le zone sono individuate con la numerazione GNDT.

La zona sismogenetica 64, al confine calabro-lucano, è stata interessata da una sismicità di livello modesto in tempi sia storici strumentali. Il recente terremoto del 9 settembre 1998 rappresenta probabilmente il massimo rilascio di energia finora verificatovisi. Le sue repliche sono state registrate per più di un mese da una rete sismica temporanea di dodici stazioni digitali 3D installate dall'ING e dall'Università della Calabria: si tratta probabilmente del miglior dispositivo di osservazione impiegato in Italia per un terremoto di quel livello. Questo evento sismico ha attirato l'attenzione di diversi gruppi di ricerca e l'elaborazione dei dati acquisiti dovrebbe consentire di ottenere informazioni sul quadro strutturale e dinamico dell'area. Tali informazioni potranno aiutare nell'interpretazione anche dei terremoti di energia molto simile verificatisi nella stessa area in tempi sia storici (1708, 1894) che recenti (1980, 1988) (Baratta, 1895; Gasparini e Tertulliani, 1988; Currà et al., 1994; Monachesi e Stucchi, 1997). In particolare dovrebbe essere possibile verificare se l'area in discussione è connessa a quella principale lungo la dorsale appenninica lucana o rappresenta un lobo isolato.

Alla zona sismogenetica 65 vengono attribuite caratteristiche che si presentano ben coerenti con l'attività microsismica e sismica registrata negli anni più recenti: si possono in proposito ricordare sia una sequenza di micro-terremoti del 1988 in Catena Costiera (Saracena), che diversi episodi isolati nei pressi di Rossano e nel prospiciente Golfo di Sibari.

L'attuale zona sismogenetica 65 comprende sia la Valle del Crati che quella del Savuto fino a Falerna. I due segmenti (a e b in fig. 1) in realtà sono separati all'altezza di Cosenza da una faglia di trasferimento diretta E-W (cfr data base delle faglie capaci, sottoprogetto 5.1.2) e le due aree presentano caratteristiche morfologiche e strutturali piuttosto diverse.

Anche la sismicità sembra differenziarsi in corrispondenza di tale limite trasversale. Per quanto riguarda la sismicità storica, il segmento meridionale è caratterizzato dal primo dei due grandi terremoti del 1638, mentre quello settentrionale è stato interessato da eventi di minore energia, anche se più frequenti.

La sismicità strumentale recente (fig. 2) mostra una densità di epicentri decisamente maggiore nella Valle del Crati.

Nell'ottica del progressivo affinamento della definizione delle zone sismogenetiche sarebbe interessante approfondire le modalità di interazione tra i due segmenti e valutare l'opportunità di identificare due zone distinte.

Settore centrale dell'Altopiano Silano. - Tra le attuali zone sismogenetiche 66 e 67 è frapposta un'area nella quale non vengono ricordati eventi sismici di elevata energia in tempi storici. Tuttavia, recenti indagini di campagna eseguite da componenti dell'U.R. dell'Università della Calabria hanno portato al riconoscimento di una faglia normale con attività olocenica che disloca la sommità del massiccio silano (faglia Cecita - Silvana Mansio, c in fig. 1; cfr data base delle faglie attive) e di un sistema trascorrente positivo (Linea delle Vette, d in fig. 1) (Moretti e Guerra, 1997), lungo il quale si è localizzata negli anni più recenti una insistente attività microsismica che ha più volte superato la soglia di avvertibilità. In quest'area intermedia, di cui va approfondita la caratterizzazione e valutata la possibilità di identificazione come nuova ZS, potrebbe ricadere la sequenza verificatasi nell'aprile del 1996 e che ha interessato la parte settentrionale della Sila (Acri, S. Demetrio Corone) (Colozza et al., 1996).

Anche questa sequenza si pone ai valori massimi osservati localmente in tempi sia storici che strumentali (Bruno et al., 1997) e si pone il problema della sua attribuzione alla zona sismogenetica 65 o quella eventuale intermedia tra le 66 e 67.

La zona sismogenetica 67 comprende il versante orientale della Sila ed il Bacino Crotonese, arrivando a contenere anche parte dell'offshore ionico. L'area appare troppo estesa perché comprende oltre alla sismicità crostale connessa con le faglie N-S che bordano ad oriente l'altopiano silano (terremoti del 9.6.1638 e del 1832), anche quella subcrostale al largo delle coste crotonesi, che deve essere invece attribuita alla flessura ed alla subduzione dell'avampaese ionico (Moretti e Guerra, 1997). In questo caso si può pensare ad un eventuale ridimensionamento della zona sismogenetica, con la sua limitazione alla fascia interessata dalle strutture estensionali più superficiali (e in fig. 1).

Allo stato non esistono elementi tali da suggerire modifiche alla definizione o alla caratterizzazione delle zone sismogenetiche 68, 69, 70 e 71.

Per quanto riguarda la zona sismogenetica 72, le osservazioni strumentali recenti hanno evidenziato l'esistenza nel Mar Ionio immediatamente a sud della Calabria di un allineamento di epicentri in continuità con la struttura attiva che caratterizza tale area e che ne rappresenta probabilmente l'estensione, ma la revisione dei dati disponibili e di quelli presumibilmente acquisibili a breve scadenza difficilmente possono portare a significativi progressi.

Riferimenti

Baratta M., 1895: Il terremoto di Viggianello (Basilicata) del 28 maggio 1894 - Boll. Soc. Sism. It., 1, 82-88.

Bruno G., Gervasi A., Guerra I. e Moretti A., 1997: La sequenza sismica dell'aprile 1996 al bordo settentrionale della Sila - Atti 16° Conv. Ann. GNGTS, in stampa.

Colozza R., De Sortis A., Goretti A. e Gerard R., 1996: Missione di ricognizione degli effetti del sisma che ha interessato la Sila il 27 aprile 1996 - T.R. Serv. Sismico Naz., Roma

Currà F., Guerra I. e Moretti A., 1994: Shallow seismic activity in the southeastern Tyrrhenian Sea and along the Calabria-Lucania border, Southern Italy - Boll. Geofis. Teor. Appl., 36, 309-409.

Gasparini C. e Tertulliani A., 1988: Il terremoto calabro-lucano dell'8 gennaio 1988 - Geol. Tecn., 88/2, 44-47

Monachesi G. e Stucchi M., 1997: DOM4.1, un database di iosservazioni macrosismiche di terremoti di area italiana al di sopra della soglia del danno - http://emidius.irrs.mi.cnr.it/DOM

Moretti A. e Guerra I., 1997: Tettonica dal Messiniano ad oggi in Calabria: implicazioni sulla geodinamica del sistema Tirreno-Arco Calabro - Boll. Soc. Geol. It., 116, 125-142.



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Stima del contributo della migrazione di deformazione alla pericolosità
sismica e caratterizzazione fenomenologica della sismicità in Italia

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Siena - Responsabile: E. Mantovani
Responsabili dell'attività 5.1.1: E. Mantovani (15 ML) e D. Albarello (10 ML)

1. Valutazione su base deterministica della pericolosità sismica

La prima linea di ricerca è basata sulla applicazione di tecniche di simulazione numerica per lo studio delle perturbazioni indotte nel campo di sforzo crostale dall'occorrenza di forti terremoti.

La strategia di modellazione adottata parte da una ipotesi generale sul quadro dei carichi tettonici attivi a scala mediterranea: in particolare, si assume che la dinamica regionale sia controllata dai movimenti relativi dei blocchi (Eurasia, Africa ed Arabia) e dall'interazione delle placche e microplacche interposte. Gli elementi a sostegno di questa ipotesi possono essere reperiti in lavori pubblicati su questo argomento da questa unità di ricerca (Mantovani et al., 1997, 1999a). La modellazione adottata è basata sull'assunzione che i meccanismi responsabili della sismicità siano legati ai processi deformativi nella parte più superficiale della crosta. Questa ipotesi trova fondamento in uno studio del comportamento meccanico del sistema crosta-mantello superiore nell'area Mediterranea condotto da questa unità di ricerca (Viti et al., 1997) che suggerisce come la resistenza meccanica della litosfera nella maggioranza dei domini strutturali presenti nell'area Mediterranea sia prevalentemente confinata alla crosta superiore fragile. Queste ipotesi rendono plausibile un approccio essenzialmente bi-dimensionale alla modellazione dei processi deformativi nel Mediterraneo Centrale.

Un'altra assunzione importante nella formulazione del modello numerico è quella relativa alla presenza di grandi strutture di disaccoppiamento tettonico che separano domini crostali caratterizzati da livelli di deformazione relativamente modesta. La presenza di queste strutture e del loro ruolo nella definizione dei processi tettonici è discussa in Albarello et al. (1997).

Sulla base di queste assunzioni, i processi di deformazione attuali nel Mediterraneo Centrale sono simulati numericamente mediante un approccio a elementi finiti. La struttura crostale è rappresentata da un sistema di gusci elastici ortotropi. In questo sistema, le principali discontinuità tettoniche sono rappresentate da elementi meccanicamente "deboli" rispetto ai domini crostali circostanti. La cinematica delle placche principali entra nel modello sotto forma di opportune condizioni al contorno che, assieme alla distribuzione delle maggiori discontinuità tettoniche nell'area, controllano il quadro delle deformazioni e degli sforzi all'interno della crosta. I dettagli della simulazione per la zona dell'Arco Calabro e aree circostanti sono discussi in Albarello et al. (1997).

Alcuni risultati preliminari ottenuti per l'area mediterranea centro-orientale sono descritti da Mantovani et al. (1999b). Questo studio ha permesso di dimostrare che con questo tipo di approccio, nell'ambito delle assunzioni fatte, è possibile riprodurre coerentemente il campo di deformazioni osservato nell'area in esame. A partire da questa configurazione si è poi tentato di caratterizzare la perturbazione nel campo di sforzi indotta dall'attivazione (presumibilmente sismica) di una o più delle discontinuità tettoniche presenti (Mantovani et al., 1998).

Per fare questo si assume che l'attivazione sismica di una struttura tettonica corrisponda al suo "indebolimento" meccanico e si studia l'effetto di questa nuova situazione sui campi di deformazione e sforzo nel modello. Questo modo di procedere consente di studiare su larga scala le variazioni di sforzo statico prodotte dall'attivazione di strutture sismogenetiche. Rispetto alle modellazioni analitiche riportate in letteratura l'approccio proposto permette di studiare la variazione di sforzo statico quando la discontinuità tettonica ha grandi dimensioni e si tiene conto del rilassamento viscoso degli sforzi presenti nella crosta inferiore.

Scalando opportunamente il modello al fine di riprodurre l'aspetto temporale dei fenomeni analizzati, sembra possibile individuare quelle aree che, a seguito di una determinata sequenza sismica, sono caratterizzate dalle maggiori perturbazioni nel regime dinamico e che potrebbero divenire sede di futura attività sismica.

Allo stato attuale, la ricerca ha permesso di individuare il modello cinematico-tettonico iniziale e di individuare una possibile strategia di indagine sulle deformazioni post-sismiche attese e sul loro confronto con la storia sismica dell'area in esame.

Un esempio dei risultati che è possibile ottenere è mostrato nella figura allegata dove sono rappresentate le direzioni di massima variazione degli sforzi indotta dalla mobilizzazione delle zone sismogenetiche periadriatiche. Le frecce divergenti e le barre indicano rispettivamente le direzioni lungo le quali il calo e l'aumento degli sforzi compressivi è massimo. Ovviamente questi risultati vanno valutati con tutte le limitazioni imposte dalle notevoli semplificazioni del modello rispetto alla situazione reale. Per esempio, un aspetto delle deformazioni reali il cui ruolo non è direttamente valutabile con l'approccio adottato è quello relativo ai movimenti verticali che invece sono chiaramente riconosciuti dalle informazioni neotettoniche in tutta l'area esplorata. Possibili strategie per mitigare questo problema sono attualmente oggetto di indagine.

2. Studio delle caratteristiche statistiche della sismicità in alcune aree campione

La seconda linea di ricerca, aspira ad una caratterizzazione statisticamente convincente della sismicità nell'area italiana, soprattutto per quanto riguarda la distribuzione nel tempo e nello spazio delle scosse. Il tentativo è quello di sfruttare pienamente metodologie statistiche avanzate per validare alcune ipotesi largamente accettate (distribuzione esponenziale delle magnitudo, carattere poissoniano delle sequenze sismiche etc.) e che svolgono un ruolo critico nelle stime di pericolosità. Allo stato attuale, le ricerche in questa direzione hanno avuto una finalità strettamente metodologica volta ad individuare le strategia di ricerca più adatte al conseguimento degli obiettivi posti. Di particolare interesse sembra essere lo studio dell'indice di dispersione (rapporto fra deviazione standard e media dei tempi di inter-evento) per discriminare zone sismogenetiche la cui sismicità è effettivamente caratterizzabile in termini Poissoniani (come comunemente assunto) da situazioni per le quali modelli stocastici differenti (Gaussiani, frattali, etc.) possono fornire maggiori garanzie. Modelli stocastici con memoria (catene di Markov) potrebbero essere inoltre utilizzate per una diagnosi speditiva delle caratteristiche statistiche della distribuzione spazio temporale delle scosse mettendo in evidenza eventuali forme di interdipendenza fra l'attività sismica di zone sismogenetiche dell'area italiana.

Lavori

Mantovani E., Albarello D., Cenni N. e Viti M., 1998. Simulazione numerica di perturbazioni di campi di sforzo indotte da attivazioni sismiche nell'area Maditerranea. Convegno Nazionale GNDT, Roma

Riferimenti

Albarello D., Mantovani E. and Viti M., 1997 - Finite element modeling of the recent/present deformation pattern in the Calabrian Arc and surrounding regions. Ann.Geofis., XL, 4, 833-848

Mantovani E., Albarello D., Tamburelli C., Babbucci D. and Viti M., 1997 - Plate convergence, crustal delamination, extrusion tectonics and minimization of the shortening's work as main controlling factors of the Mediterranean deformation pattern. Ann.Geofis., XL, 3, 611-643

Mantovani E., Albarello D., Babbucci D., Tamburelli C. e Viti M., 1999a - Mediterranean deformation pattern controlled by the minimum work condition. Sottomesso a Tectonophys.

Mantovani E., Viti M., Albarello D., Tamburelli C. e Babbucci D., 1999b - Numerical simulation of the recent-present kinematic pattern in the Central Maditerranean Area. Sottomesso al J.Geodyn.

Viti M., Albarello D. and Mantovani E., 1997 - Rheological profiles in the Central/Eastern Mediterranean. Ann.Geofis., XL, 4, 849-864




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Individuazione e caratterizzazione di faglie attive primarie
sul territorio nazionale

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Istituto di Ricerca sulla Tettonica Recente, CNR, Roma - Responsabile: P. Messina
Responsabile dell'attività 5.1.1: F. Galadini (10 ML)

Nell'ambito del Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati", l'UR IRTR sta partecipando alla redazione della versione aggiornata della mappa delle zone sismogenetiche dell'Italia centrale. A tale scopo l'UR mette a disposizione: 1) dati geologici di input per la zonazione riguardanti l'evoluzione tettonica recente di aree dell'Appennino centrale (risultato dell'attività svolta negli anni passati in settori chiave dell'Appennino centrale come l'area aquilana, la Piana del Fucino, la Valle del Salto; Basili et al., 1999; Galadini et al., 1999a; Galadini & Galli, 1999); 2) dati di nuova acquisizione riguardanti caratteristiche geometriche e cinematiche delle principali faglie ad attività quaternaria. Quest'ultimo punto riguarda evidentemente i dati ottenuti mediante l'attività svolta nell'ambito dei progetti 5.1.2 e 6a2.

Nell'ambito del punto 1 (dati geologici di input per la zonazione) sono state svolte attività non preventivate dall'UR all'atto della stesura del progetto. Si è infatti proceduto ad una rielaborazione dei dati geologici relativi all'evoluzione quaternaria dell'alta valle del Sangro (Galadini et al., 1999b). I lavori svolti alla fine degli anni ottanta avevano consentito la ricostruzione dell'evoluzione tettonica quaternaria senza che fosse possibile individuare sicuri vincoli cronologici tardo-quaternari. Rilevamenti geologici speditivi nel corso del 1998 e l'elaborazione di dati acquisiti in anni precedenti hanno permesso di evidenziare un'attività del sistema di faglie dell'alto Sangro riferibile almeno al Pleistocene superiore. Questi vincoli cronologici sono il risultato dell'analisi delle dislocazioni che interessano dei depositi di versante a ridosso dell'abitato di Pescasseroli (datati a circa 27.000 anni con il metodo del C14) e dei colluvi limosi in corrispondenza della scarpata di faglia che separa i Colli Alti dai Colli Bassi, la cui età è riferibile ad un momento del Pleistocene superiore precedente a 40.000 anni BP.

Lavori

R. Basili, F. Galadini, P. Messina (1999) - The application of paleo-landurface analysis to the study of recent tectonics in Italy. Geol. Soc. London Spec. Publ., in stampa.

F. Galadini, P. Galli (1999) - The Holocene paleoearthquakes on the 1915 Avezzano earthquake faults (central Italy): implications for active tectonics in central Apennines. Tectonophysics, in stampa.

F. Galadini, P. Galli, D. Molin (1999a) - Caratteristiche della sismicità della zona del Fucino (Italia centrale): implicazioni sismotettoniche. Il Quaternario, in stampa.

F. Galadini, C. Giraudi, P. Messina (1999b) - Nuovi dati sulla tettonica tardopleistocenica dell'alta valle del Sangro (Appennino centrale): implicazioni sismotettoniche. Sottoposto al "Il Quaternario".




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Studi sulla distribuzione spazio-temporale dei terremoti
e relative probabilità di occorrenza

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Osservatorio Geofisico Sperimentale, Trieste - Responsabile: A. Michelini
Responsabile dell'attività 5.1.1: A. Rebez (15 ML)

1. Utilizzazione dei tassi di ricorrenza delle zone sismogenetiche

Sono stati effettuati dei test sulla possibilità di utilizzare i tassi di ricorrenza delle varie classi di terremoti quali indicatori di un periodo di ritorno dei terremoti attesi. La metodologia è ancora nella sua fase di sviluppo e la parte più difficile risulta la valutazione di attendibiltà del metodo. Cioé tentare di capire se in realtà il descrittore " periodo di ritorno" è un modello plausibile e si adatta alla realtà fisica del problema sismologico. Sono state effettuate varie prove collegando le stime relative ai periodi di ritorno alla reale situazione di accadimento dei terremoti. Fermando il processo a differenti intervalli di tempo si è tentato di valutare se in realtà le zone sismogenetiche virtualmente in ritardo sul rilascio di energia hanno poi seguito questa indicazione o meno.

Naturalmente questi studi sono collegati anche al problema della completezza del catalogo di terremoti e alla supposta stazionarietà del fenomeno sismico. Anche in questa direzione sono state effettuate delle prove volte ad una migliore definizione della completezza dei dati sismologici. A questo scopo si è tentato di svincolare la stima di completezza (calcolata per le varie classi di magnitudo) dalla suddivisone geografica in macroaree adottata precedentemente in ambito GNDT per il calcolo delle Pericolosità sismica del Territorio Nazionale. Gli esiti di queste analisi sono ancora da agganciare ad un "giudizio esperto" di tipo storico per definire maggiormente quali variazioni nelle valutazioni di completezza sono da attribuirsi a fenomeni prettamente legati alla differente modalità di rilascio di energia sismica dei vari distretti sismologici, e quali sono invece le possibili variazioni collegate a precisi motivi di tipo storico e archivistico.

2. Completamento del catalogo "di consenso"

Nell'ambito della compilazione del catalogo di consenso si è ritenuto opportuno controllare e rivedere la relazione tabellare Ms/Io utilizzando la nuova base di dati (GdL, 1998). La metodologia applicata (Rebez e Stucchi, 1997) è simile a quella introdotta per la preparazione del catalogo NT, la base di dati invece è essenzialmente variata in funzione del cambiamento di molte stime di intensità macrosismica. Le differenze rispetto alla metodologia precedente sono che in questo caso si è ritenuto opportuno calcolare le magnitudo medie per i campioni da Io=6 a Io=9 mentre per gli altri valori (di cui si dispongono pochi dati) sono state adottate le stime ottenute dalla regressione lineare sulle medie.

Gli esiti sono una generale leggera diminuzione (Tabella 1) delle stime di magnitudo a parità di intensità macrosismica. Tale tendenza se introdotta negli attuali schemi di calcolo della pericolosità sismica andrebbe a produrre una lieve diminuzione delle stime di accelerazione prevista. Sono stati fatti alcuni test ma è difficile andare a predire con precisione di quanto potrebbe calare la stima di pericolosità se non ripercorrendo per intero il processo completo per il calcolo delle accelerazioni previste.


Tabella 1
     Io       Mm(Uni)       Mm(NT)          Sd(Uni)        Sd(NT)     
    11.0      7.1           (7.3)             0.32         (.25)      
    10.5      6.8                             0.31                    
    10.0      6.6           (6.7)             0.30         (.--)      
     9.5      6.3           (6.4)             0.29         (.41)      
     9.0      6.0           (6.2)             0.26         (.39)      
     8.5      5.8           (5.9)             0.21         (.37)      
     8.0      5.4           (5.5)             0.28         (.47)      
     7.5      5.1           (5.2)             0.45         (.43)      
     7.0      4.8           (5.0)             0.45         (.40)      
     6.5      4.6           (4.7)             0.49         (.45)      
     6.0      4.3           (4.4)             0.39         (.35)      
     5.5      4.0           (4.3)             0.20         (.31)      

In Fig. 1 sono riportati gli esiti di un test sintetico di confronto tra le stime di hazard ottenute con l'impianto generale adottato per il calcolo della Pericolosità Sismica del Territorio Nazionale (Slejko et al., 1998) e quello ottenuto riducendo i valori di magnitudo da attribuire alle varie classi di intensità macrosismica secondo la nuova relazione tabellare (Rebez e Stucchi, 1999). Il grafico mostra i valori in percentuale delle griglia di PGA che viene utilizzata per il calcolo della pericolosità (sono circa 8000 campioni). Si vede che il 30% dei campioni è a zero (mari e zone ad hazard nullo), dal 30% al 90% i valori rimangono sostanzialmente simili, mentre per i valori più alti di PGA le variazioni si possono giudicare significative.

E' da tenere presente che questi sarebbero gli esiti delle massime variazioni che si possono verificare in termini di PGA, cioè in realtà la diminuzione sarebbe minore in quanto questo è un test sintetico che non ha realmente scorporato le magnitudo strumentali (che resterebbero identiche). Inoltre la reale riattribuzione dei valori di magnitudo andrebbe a variare i rapporti di sismicità tra zona e zona provocando variazioni areali differenti e non un generale ribasso.

Nell'ambito della compilazione del catalogo di consenso si è inoltre collaborato con gli altri autori nel campo della attribuzione dei valori di magnitudo (il catalogo ne riporta varie) e delle procedure adottate.

Lavori

Gruppo di Lavoro "catalogo di consenso", 1998. Catalogo parametrico "di consenso" dei terremoti italiani (release di prova). Rapporto interno ING-GNDT-SSN, Bologna, 60 pp.

Rebez A. e Stucchi M., 1999. Determinazione della magnitudo macrosismica nel catalogo "di consenso". Rapporto interno GNDT, Trieste-Milano, 4 pp.

Riferimenti

Rebez A. e Stucchi M., 1997. Determinazione della magnitudo macrosismica nel catalogo NT. In: Corsanego A., Faccioli E., Gavarini C., Scandone P., Slejko D. e Stucchi M. (eds.), L'attività del GNDT nel triennio 1993-1995. CNR-GNDT, Roma, 246 pp.

Slejko D., Peruzza L. and Rebez A., 1998. The seismic hazard maps of Italy. Annali di Geofisica, 41, 2, 183-214.





Fig. 1- Grafico di confronto (in percentuale) tra le stime in PGA (in g) ottenute utilizzando la relazione magnitudo intensità di NT 4.1 (linea continua) e quella nuova calcolata per il catalogo di consenso (linea tratteggiata).



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Inversione di intensità macrosismiche per le faglie di forti
terremoti storici

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Osservatorio Geofisico Sperimentale, Trieste - Responsabile: A. Michelini
Responsabile dell'attività 5.1.1: L. Sirovich (15 ML)

ricerche svolte con la collab. di F. Pettenati e M. Bobbio

La nostra unità affronta il problema di formulare ipotesi sulla di terremoti di epoca pre-strumentale, soprattutto allorché non siano disponibili né dati neotettonici raffinati, né dati paleosismologici. In una certa prassi non ben codificata, in questi casi si tende ad associare l'andamento dell'area mesosismica a faglie "sospette". L'opinione dell'UR è che, in mancanza di meglio, questa procedura può essere ragionevole a scala regionale per scegliere aree sismogenetiche a fini di calcolo dell'hazard, e per orientare la ricerca successiva su macrostrutture o famiglie di strutture. Viceversa, tale prassi risulta insoddisfacente in analisi di maggior dettaglio, specie in caso di mancanza di gran parte del potenziale piano quotato macrosismico (per presenza del mare, come nella Sicilia SE).

Ricerche recenti condotte dall'UR (Pettenati et al., 1998a, b; Sirovich et al., 1999) indicano che la pretesa di dedurre suggerimenti geometrici dettagliati sul decorso delle faglie-sorgenti semplicemente dalla forma delle isosiste di grado più elevato configura spesso un problema mal posto, alla cui radice c'è l'assunto non verificato che il fenomeno descritto dalle isosiste sia continuo (e che sia stato campionato dalle indagini macrosismiche nel rispetto del principio di Nyquist nel piano). Purtroppo, molto spesso, ciò non è verificato, e la forma delle isosiste dedotta da campionamenti insufficienti risulta aleatoria.

La ricerca si avvale di risultati originali conseguiti elaborando dati californiani e della Sicilia SE (Sirovich e Pettenati 1998; Sirovich et al., 1998c). Tali studi hanno consentito di elaborare un nuovo metodo (cinematico) per calcolare la distribuzione regionale delle intensità macrosismica prodotte dalla rottura in profondità di una faglia di caratteristiche note. La metodologia è stata anche applicata all'incontrario (inversione) per stimare le caratteristiche di una faglia in profondità a partire da una mappa dei punti delle intensità macrosismiche osservate (e da ipotesi cinematiche di partenza). In questo modo sono già state formulate le prime ipotesi quantitative sulle faglie responsabili dei due terremoti del 1693 in Sicilia sud-orientale (Sirovich e Pettenati 1998; Sirovich et al., 1998c; Pettenati e Sirovich, 1999).

L'unità di ricerca propone l'applicazione della nostra funzione cinematica KF per invertire i dati di alcuni terremoti storici di area italiana. Per avere possibilità di successo è importante trattare scosse con piani quotati 1) fitti e giudicati attendibili, 2) non "inquinati" da scosse di magnitudo comparabile, 3) non "inquinati" da effetti di sito a scala sub-regionale (locali effetti di sito non "troppo" frequenti sono ammessi).

Il modello originale che usiamo è uno dei pochi in grado di fornire ipotesi geometriche-cinematiche sulle faglie-sorgenti, e lo fa su base quantitativa e riproducibile. In qualche caso ha funzionato; è per altro probabile che in altri casi non funzioni.

Sono già stati proposti per lo studio alcuni terremoti dell'area veneta (fra cui il terremoto asolano del 1695), nonché quelli dell' Appennino (1456), Garfagnana 1920, Fucino 1915 (oltre all'Irpinia 1688, 1694 e 1980).

Tuttavia, per far ciò in tempi compatibili con la scadenza del PE98, occorre che all'interno del sottobiettivo 5.1.1 - con l'aiuto dei colleghi - si individuino: a) priorità di interesse applicativo, e b) ipotesi geodinamiche verosimili sulle possibili faglie-origine dei terremoti da studiare.

Viceversa, se la nostra UR dovesse documentarsi ex novo sulla tettonica delle varie zone da cui provengono i dati macrosismici, per fare ipotesi ex novo sulla possibile cinematica delle sorgenti, la cosa richiederebbe tempo. L'UR ha già svolto questo tipo di indagine ex novo per California, Nevada e Sicilia SE, e l'esperienza ha insegnato che i tempi si allungano di molto.

Si invocano quindi la collaborazione e le idee dei colleghi. Il nostro modello è pronto.

Lavori

Pettenati, F, Cavallini, F and L. Sirovich, 1998a. Quantitative treatment of macroseismic intensity and objective evaluation of synthetic results. Philippe Bisch, Pierre Labbé and Alain Pecker (Eds.), Proc. 11th Europ. Conf. on Earthq. Engng., Paris, Sep. 6-11 1998. Balkema, Rotterdam, CD-ROM (pp. 10; file PETQTO.PDF).

Sirovich, L. & F. Pettenati 1998a. Seismotectonic outline of South-Eastern Sicily: an evaluation of available options for the scenario earthquake fault rupture. Submitted to Journal of Seismology.

Pettenati, F., Sirovich, L., and F. Cavallini, 1998. Objective Treatment, and Synthesis of Macroseismic Intensity Fields Using Tessellation. Submitted to BSSA, Aug. 1998.

Sirovich, L., Pettenati, F. & C. Chiaruttini 1999. The Assessment of Source Kinematics of Earthquakes Using Macroseismic Intensity Objectively. Submitted to BSSA, Jan. 1999.

Pettenati, F. and L. Sirovich, 1999. Source Kinematics of an M=7.1-7.5 Earthquake in the Central Mediterranean Region Obtained from the Inversion of its Intensity Data. Proceedings SEE-3, 3rd Int. Conf. Seismology and Earthquake Engng., May 17-19, 1999, Teheran, Iran., p.p. 1-8 (pre-print).

Sirovich, L, Pettenati, F. and M. Bobbio, 1998c. Site effects of an M=7.3-7.5 earthquake, and its tessellated synthesis. Geotechnical Hazards, Balkema, Rotterdam, 349-358.

Sirovich L., Pettenati F. e Bobbio M., 1998. Inversione di piani quotati macrosismici ed effetti locali a Catania. Rapporto sul contributo CNR n° 97.00536.pf54. Convegno GNDT 1998, Roma 19-21/10/98.



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Partecipazione alle attività di valutazione della pericolosità sismica
a scala nazionale

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Osservatorio Geofisico Sperimentale, Macerata - Responsabile: G. Monachesi
Responsabile dell'attività 5.1.1: V. Castelli (5 ML)

ricerche svolte con la collab. di H. Coppari

1. Catalogo parametrico "di consenso"

Nell'ambito delle attività propedeutiche alla realizzazione del catalogo "di consenso" (GdL"catalogo di consenso", 1998), è stata garantita la presenza e il contributo di un membro dell'UR a tutte le riunioni del relativo Gruppo di Lavoro.

Si è inoltre contribuito alla preparazione del catalogo, nella fase di scelta dei record da estrarre dai dataset CFTI97 e DOM4.1, con operazioni di valutazione dei rispettivi studi di riferimento, utili per indirizzare la scelta stessa. In particolare sono state eseguite - a titolo sperimentale - operazioni speditive di "classificazione incrociata" su tutti i record passibili di inserimento nel catalogo "di consenso". L'espressione "classificazione incrociata" sta a indicare che in sintesi - nell''intento di raccogliere quanti più elementi possibile per facilitare la selezione - si è effettuata una valutazione della qualità complessiva degli studi di base prodotti in ambito ING e SGA, secondo i criteri e codici di qualità evoluti in ambito BEECD e, viceversa, una valutazione dei consimili studi prodotti in ambito GNDT, secondo i criteri e codici di qualità evoluti in ambito ING e SGA, così come descritti nelle introduzioni ai cataloghi CFTI 1995 e CFTI 1997. I risultati dell'attività, sotto forma di files completi di codici di valutazione e di brevi note di commento, sono stati raccolti in alcuni rapporti tecnici (Castelli, 1998b-c-d).

Inoltre è stato analizzato il problema dei terremoti "falsi", con particolare riferimento ai casi in cui studi "doppi" ING e GNDT dedicati a questi terremoti giungono a conclusioni diverse in merito alla loro falsità/autenticità, e quello dei terremoti "molto dubbi", categoria adottata in ambito GNDT ma non in ambito ING (Castelli, 1998a).

2. Studio della tettonica del territorio umbro-marchigiano

Si è collaborato alle attività di ricerca avviate dalle UR IRRS e IRTR per il completamento del quadro di ipotesi sui terremoti da associare alla tettonica attiva nell'area di catena umbro marchigiana (Galadini et al., 1999).

3. Mappe d'intensità ipermediali

Si è collaborato alle attività dell'UR ITIM con la predisposizione di circa 180 mappe d'intensità ipermediali per l'interrogazione via web dell'archivio macrosismico del GNDT (Rubbia Rinaldi et al., 1999). Le mappe, consultabili nel sito Internet del GNDT, sono state preparate da H. Coppari utilizzando il GIS MapInfo Professional, in ambiente Windows, e il programma di foto-ritocco delle immagini Adobe Photoshop in ambiente Macintosh.

4. Ricerche storiche

In collaborazione con le UR di Bologna e Siena, sono state avviate ricerche storiche su singoli terremoti e aree di possibile interesse anche per le finalità del Sottoprogetto 5.1.1. In particolare, a seguito dell'evento del Pollino del settembre/ottobre 1998 è stato intrapreso uno studio approfondito del terremoto del 1708 nell'area di Viggianello. Presso l'Archivio di Stato di Napoli è stato recuperato e trascritto un fascicolo di documenti inediti (ricognizioni ufficiali sul danneggiamento) di cui è attualmente in corso l'analisi. I primi risultati del lavoro sono stati presentati durante il XVII convegno annuale del GNGTS tenutosi a Roma nel novembre 1998 (Camassi et al., 1998).

Ricerche su terremoti storici dell'area appenninica tosco-emiliana e umbro-marchigiana sono state avviate presso gli Archivi di Stato di Firenze, Bologna e Roma. In particolare si è avviata un'analisi approfondita della sequenza sismica del 1785 nell'area di Serravalle di Chienti, relativamente alla quale è stato recuperato e trascritto un fascicolo di documenti (ricognizioni ufficiali sul danneggiamento, lettere, perizie) conservato presso l'Archivio di Stato di Roma, di cui è in corso l'analisi.

Lavori

Camassi R., Castelli V., Galli P. e Molin D., 1998. Il terremoto calabro-lucano del 9 settembre 1998: i risultati del rilievo macrosismico a confronto con alcuni terremoti storici dell'area. GNGTS - XVII Convegno Nazionale, Roma, 10-12 novembre 1998.

Castelli V., 1998a. Il problema dei terremoti definiti 'falsi' o 'molto dubbi' da studi CFTI e/o NT, con particolare riferimento ai terremoti "doppi" da selezionare per la compilazione del catalogo "di consenso". Rapporto interno GNDT 8 pp.

Castelli V., 1998b. Note sulla classificazione di qualità degli studi CFTI95 e CFTI97 e sulla sua applicabilità agli studi GNDT. Rapporto interno GNDT, 26 pp.

Castelli V., 1998c. Prova di valutazione di 352 studi CFTI in base i criteri di classificazione evoluti nell'ambito del progetto CEE "BEECD". Rapporto interno GNDT, 5 pp.

Castelli V., 1998d. Prova di valutazione di 50 coppie di studi CFTI e NT su terremoti "doppi", con interscambio dei rispettivi criteri di valutazione. Rapporto interno GNDT, 8 pp.

Galadini F., Galli P., Leschiutta I., Monachesi G. and Stucchi M., 1999. Active tectonics and seismicity in the area of the 1997 earthquake sequence in Central Italy: a short review. Journal of Seismology, accepted.

Gruppo di Lavoro "catalogo di consenso", 1998. Catalogo parametrico "di consenso" dei terremoti italiani (release di prova). Rapporto interno ING-GNDT-SSN, Bologna, 60 pp.

Rubbia Rinaldi G., Coppari H., Padula M., Rigamonti P., 1999. Le ipermappe di intensita' di DOM4.1: rappresentazione e produzione automatica di cartografia ipermediale per l'interrogazione via web di archivi macrosismici. Rapporto tecnico GNDT, Milano 10 pp.




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Sismotettonica e strutture attive della Sicilia orientale

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università degli Studi di Messina
Responsabile: G. Neri (10 ML)

L'attività di ricerca si é sviluppata secondo quanto pianificato in fase di proposta, in particolare attraverso l'analisi dei dati sismici delle reti strumentali (con aggiornamento sino al 1995) per la stima dei meccanismi focali nella regione di interesse. Lo studio é stato condotto, per la prima volta nell'area, mediante ricorso a modelli di velocità tridimensionali. Sebbene siano state avviate sperimentazioni di nuove metodologie per il calcolo dei meccanismi, basate sull'uso integrato dei dati di polarità P e polarizzazione S, il dataset di soluzioni focali prodotto nell'attuale fase si riferisce all'applicazione di tecniche standard fondate sull'esclusivo impiego delle polarità dei primi impulsi. Va rilevato che i criteri selettivi alquanto severi adottati per la definizione del dataset finale hanno ridotto quest'ultimo ad una consistenza alquanto modesta (una trentina di eventi nel periodo 1988-1995).

E' in corso l'estensione dell'indagine sino a tutto il 1998 e se ne prevede la conclusione nell'estate del 1999, come da programma.

E' anche in corso un riesame della sismicità della Sicilia Nordorientale ai fini di una più accurata localizzazione delle sorgenti sismiche, anche in assenza di dati sufficienti a vincolare i meccanismi. Tutto ciò si collega con le analisi del quadro strutturale (sono peraltro in corso contatti con l'UR coordinata dal Prof. Lentini), della sismicità a medio-lungo termine testimoniata dai cataloghi (contatti con la Prof. Barbano) e delle deformazioni crostali lente (collaborazione con l'IIV, Catania).

Lo stato d'avanzamento già conseguito ha reso possibile l'affinamento delle conoscenze sulla distribuzione spaziale dei parametri di stress e strain sismico nella regione, contribuendo in particolare al programma per la definizione delle zone sismogenetiche siciliane. Nuovi progressi in tale processo conoscitivo sono attesi dall'estensione temporale dei datasets. Il completamento del programma '98 prevede, oltre a quanto già precedentemente indicato, una valutazione il più possibile accurata delle capacità sismogenetiche delle varie strutture rilevate nell'area di interesse e la definizione delle successive strategie di approfondimento.




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Strumenti per la diffusione dei dati di sismicità del territorio nazionale
e per la loro consultazione contestuale

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Istituto per le Tecnologie Informatiche Multimediali, CNR, Milano
Responsabile: M. Padula (15 ML)

ricerche svolte con la collab. di G. Rubbia Rinaldi e M. Stucchi

L'attività dell'UR Padula è proseguita con l'applicazione di strumenti software indirizzati ad aumentare l'usabilità in Internet e/o su CD-ROM dei dati di sismicità già qualificati e con lo studio e lo sviluppo prototipale di nuovi strumenti di consultazione.

1. Aggiornamento web

a) Archivio macrosismico.Nel gennaio 1999 è stato aggiornato il web dedicato alla consultazione dell'archivio macrosismico DOM4.1 con l'inserimento di 700 ipermappe di intensità (Fig.1). Ogni ipermappa consente di visualizzare nome della località, coordinate e intensità al passaggio del cursore su ciascun punto d'intensità. L'aggiornamento, anticipato all'Assemblea Generale GNDT (Roma, 19-21 ottobre 98), è seguito a una fase di messa a punto dell'editor di ipermappe (Fig.2) nel novembre 98 affinché il risultato fosse fruibile su tutte le piattaforme -Windows, Mac, Unix, con diversi browser- e alla sua applicazione per trasformare le mappe di intensità già disponibili (404 a aprile 98) e circa 300 mappe di nuova produzione in ipermappe (Rubbia Rinaldi et al., 1999). Contestualmente è stata creata la mailing-list users@emidius.itim.mi.cnr.it, per la registrazione degli utenti interessati a ricevere informazioni sugli aggiornamenti del web.

b) Web del GNDT. Oltre alla manutenzione ordinaria dei link a web residenti su altri server è stata avviata un'ipotesi di ristrutturazione e aggiornamento del web del GNDT, con riferimento al PE98 per quanto riguarda la parte istituzionale e lo schema dei progetti.

2. Test e messa a punto di una piattaforma CD-Web per la consultazione off line di siti web

La piattaforma di sviluppo dei diversi web su emidius.irrs.mi.cnr.it è stata trasportata e testata da Solaris 2.6 a Windows 95 per consentire la consultazione off line di documenti e archivi di dati già pubblicati, quindi su CD-ROM, anche senza collegamento in Internet, ma disponendo di un browser, Netscape 3.0, Explorer 4.0 o v. successive, e del gestore del protocollo TCP/IP installato per il funzionamento in locale del server http (Padula e Rubbia Rinaldi, 1999).

Un primo esempio è costituito dal CD-ROM per Windows 95 "La sismicità maggiore dell'Appennino Umbro-Marchigiano", distribuito alla 1a Biennale della Protezione Civile (Bastia Umbra, 24-27 settembre 1998) e a Sicurezza '98 (Milano, 24-28 novembre 1998), costruito con un sottoinsieme degli archivi di NT4.1online e DOM4.1online, utilizzando la stessa interfaccia di navigazione e adattando i programmi di interrogazione con le versioni Windows 95 del server http Apache 1.3.0, del server mSQL 1.0.16, e di PHP/FI 2.0.

Sono in fase finale l'estensione di tale piattaforma con l'integrazione di un server JAVA e la produzione di un CD-ROM strumentale contentente l'editor di ipermappe, per consentire le operazioni di editing in locale e ovviare ai limiti dei tempi di trasferimento via rete.

3. Sviluppo prototipale di strumenti software di carattere generale finalizzati alla consultazione contestuale di banche dati multimediali

L'attività del PE97 ha portato ad individuare alcune soluzioni per la consultazione on line del catalogo NT4.1 e del database macrosismico DOM4.1, le cui interrogazioni (NT4.1: per zona sismogenetica, per terremoto, per parametri; DOM4.1: per terremoto, per località) costituiscono esempi di interfaccia per la consultazione contestuale di informazione memorizzata sottoforma di testi, archivi di dati formattati, mappe. Per un aggiornamento sugli sviluppi e un bilancio degli accessi dei web NT4.1 e DOM4.1 si veda il rapporto tecnico (Rubbia Rinaldi e Stucchi, 1999).

Tali soluzioni sono in corso di raffinamento o di riprogettazione in modo da essere aggiornate rispetto allo stato dell'arte delle applicazioni client-server e da soddisfare vincoli tecnologi e esigenze potenziali degli utenti; impiegano principalmente funzioni GIS in rete e applet Java, cioè programmi ad alta flessibilità computazionale che, eseguiti sul client in locale, diminuiscono il carico al server e di conseguenza velocizzano il trasferimento delle informazioni in Internet.

In particolare, utilizzando come campione i dati pubblicati di NT4.1 e di DOM4.1, memorizzati in archivi, sono in corso di fattibilità e/o sviluppo i seguenti strumenti di consultazione in rete:

* interrogazione visuale su una mappa attraverso una poligonale: vengono recuperati da un archivio i dati le cui coordinate ricadono all'interno di una regione delimitata da una poligonale tracciata con il mouse sulla mappa. E' un nuovo tipo di interrogazione che ad esempio può essere integrato alla interrogazione per zona sismogenetica del catalogo, in fase di ridefinizione o validazione della nuova mappa delle zone sismogenetiche.

* interrogazione personalizzabile di archivio: consente all'utente di definire dinamicamente sia i campi specifici di interesse per un'interrogazione sia il formato di uscita dei record estratti. E' un'estensione della interrogazione su NT4.1 per parametri (tipi di area, data, intensità, magnitudo).

* gestore di ipermappe di seconda generazione: realizzato con Java, consente di rendere sensibili tutti pixel di un'immagine (mappa) e su questi attivare un'interrogazione (confronta con l'interrogazione per terremoto su NT4.1). E' un'evoluzione dell'editor di ipermappe utilizzato per l'aggiornamento della consultazione per terremoto di DOM4.1.

* raffinamento dell'interfaccia di consultazione per terremoto di DOM4.1, per cui al passaggio del cursore su un punto nella mappa di intensità vengono accesi i dati corrispondenti a quel punto nell'elenco dei punti di intensità.

Lavori

Padula M. and Rubbia Rinaldi G., 1999. From hybrids to CD-web for macroseismic data dissemination. Tech. Rep. CNR-ITIM, Milano 001/01/99

Rubbia Rinaldi G., Coppari H., Padula M. e Rigamonti P., 1999. Le ipermappe di intensità di DOM4.1: rappresentazione e produzione automatica di cartografia ipermediale per l'interrogazione via web di archivi macrosismici. Rapporto tecnico GNDT, Milano 10 pp.

Rubbia Rinaldi G. e Stucchi M., 1999. I web macrosismici di "emidius": storia, accessi, prospettive. Rapporto Tecnico GNDT, Milano, 16 pp. + allegati




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Determinazione dei tassi di sismicità nelle zone sismogenetiche
italiane e balcaniche

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Istituto di Ricerca sul Rischio Sismico, CNR, Milano - Responsabile: F. Pergalani
Responsabili dell'attività 5.1.1: P. Albini (15 ML) e M. Stucchi (--)

ricerche svolte con la collab. di E. Ercolani, I. Leschiutta, C. Mirto, G. Morelli e M. Stucchi

1. Completamento del catalogo "di consenso"

Una volta effettuata l'individuazione degli studi di riferimento per la compilazione del suddetto catalogo, si è reso necessario procedere alla rideterminazione della relazione tabellare Ms/Io in modo coerente con la nuova base di dati. Seguendo la stessa procedura utilizzata in precedenza (Rebez e Stucchi, 1997), per ciascuna classe di Io compresa fra 6 e 9 è stato ricalcolato il valor medio delle Ms e la rispettiva deviazione standard (Rebez e Stucchi, 1999). Per le rimanenti classi di Io, la scarsità dei dati e la loro parziale rappresentatività ha suggerito di utilizzare i valori che si ottengono dalla regressione lineare dei predetti valori medi (Fig. 1).




Fig. 1 - Relazioni tabellari Io/Ms.

Una release di prova del catalogo è stata rilasciata, ad uso interno, nel dicembre 1998 (GdL "catalogo di consenso", 1998). La versione finale sarà disponibile nel febbraio 1999.

2. Rapporti fra forti terremoti e tettonica attiva

a) Territorio umbro-marchigiano. In collaborazione con le UR IRTR e OGSM è stato completato il quadro di ipotesi sulle associazioni dei terremoti alla tettonica attiva nell'area di catena s.s. (Galadini et al., 1999) ed è stata avviata l'estensione della stessa analisi alle aree esterne.

b) Verifica dei rapporti fra nuove localizzazioni dei terremoti forti e Zs. Come detto più sopra, la maggior parte dei terremoti medi e forti sono stati oggetto di rideterminazione di epicentro, Io e M rispetto al catalogo NT4.1, in parte perché il dataset di riferimento è cambiato, in parte perché sono stati adottati algoritmi diversi da quelli usati in precedenza (GdL "catalogo di consenso", 1998). Si è reso quindi opportuno procedere ad una verifica dei rapporti fra la zonazione corrente (ZS4) e le nuove localizzazioni, al fine di avere una prima idea delle novità principali (Leschiutta, 1999). Le novità evidenziate sono in corso di analisi e costituiranno uno degli elementi utili per la revisione della zonazione. In prima battuta si può comunque concludere che si sconsiglia l'utilizzo del nuovo catalogo in associazione con la zonazione ZS4 ai fini di valutazioni di hazard di tipo Cornell.

4. Mappa delle massime intensità osservate

Sono stati predisposti il percorso e gli strumenti per l'esecuzione della fase finale del completamento della predetta mappa a partire dal catalogo e dal database "di consenso" (Ercolani, 1998). In particolare è stato affrontato il problema di quale sia l'approccio di determinazione della distribuzione di intensità massima calcolata (Ical) più utile a questo progetto. Si è convenuto che, dovendosi ricercare una distribuzione teorica che più si avvicina alla distribuzione di Imax osservata, non sia strettamente indispensabile utilizzare lo stesso approccio seguito in precedenza che ha visto l'uso dei parametri di attenuazione utilizzati per il calcolo della pericolosità sismica (1996). Si procederà, viceversa, alla determinazione dei parametri di attenuazione di circa un centinaio di eventi che risultano responsabili delle distribuzioni di intensità massima per il 90 % dei comuni.

5. Zone balcaniche

Come conseguenza dei materiali prodotti nell'ambito di PE96 e PE97 del GNDT e del progetto CEE "BEECD" (Albini e Mirto, 1999) è stata avviata la rideterminazione dei parametri dei terremoti delle zone balcaniche di interesse per gli studi GNDT (zona costiera di Dalmazia-Montenegro-Albania).

6. Collaborazione alla gestione dei siti Web

In collaborazione con la UR ITIM è proseguita la pianificazione e lo sviluppo dei principali siti web (NT, DOM, GNDT). In particolare è stato prodotto un aggiornamento della storia dei siti e del bilancio degli accessi (Rubbia R. et al., 1999), è stata curata l'immissione in rete delle mappe di intensità "cliccabili" ed è stata avviata una ipotesi di ristrutturazione del sito web del GNDT.

Lavori

Albini P. e Mirto C., 1999. Elementi per la rideterminazione dei parametri dei principali terremoti balcanici di interesse per il GNDT. Rapporto tecnico GNDT, Milano, 8 pp. + allegati.

Ercolani E., 1998. Materiali per la revisione della mappa delle massime intensità osservate nei comuni italiani. Rapporto tecnico GNDT, Milano, 10 pp. + allegati.

Galadini F., Galli P., Leschiutta I., Monachesi G. and Stucchi M., 1999. Active tectonics and seismicity in the area of the 1997 earthquake sequence in Central Italy: a short review. Journal of Seismology, accepted

Gruppo di Lavoro "catalogo di consenso", 1998. Catalogo parametrico "di consenso" dei terremoti italiani (release di prova). Rapporto interno ING-GNDT-SSN, Bologna, 60 pp.

Leschiutta I., 1999. Confronto fra le determinazioni dei parametri fornite dal catalogo "di consenso" e zonazione sismogenetica ZS4. Rapporto tecnico GNDT, Milano, 4 pp. + allegati.

Rebez A. e Stucchi M., 1999. Determinazione della magnitudo macrosismica nel catalogo "di consenso". Rapporto tecnico GNDT, Trieste-Milano, 4 pp.

Rubbia Rinaldi G. e Stucchi M., 1999. I web macrosismici di "emidius": storia, accessi, prospettive. Rapporto Tecnico GNDT, Milano, 16 pp. + allegati

Riferimenti

Rebez A. e Stucchi M., 1997. Determinazione della magnitudo macrosismica nel catalogo NT. In: Corsanego A., Faccioli E., Gavarini C., Scandone P., Slejko D. e Stucchi M. (eds.), L'attività del GNDT nel triennio 1993-1995. CNR-GNDT, Roma, 246 pp.



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Analisi statistica delle variazioni temporali della sismicità in zone sismogenetiche omogenee

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"

UR Istituto per le Applicazioni della Matematica e dell'Informatica, CNR, Milano

Responsabile: R. Rotondi (10 ML)

Parole-chiavi: analisi della completezza del catalogo; interazioni fra intertempo e intensità di eventi successivi; inferenza statistica bayesiana; metodi di simulazione stocastica; modelli grafici e Bayesian belief networks, punto di cambio.

E` proseguita l'analisi della zonazione ZS4.0 e del catalogo NT4.1.1 alla luce del problema della completezza e dell'identificazione di relazioni di dipendenza tra intensità macrosismica di un evento e tempo che lo separa dall'evento precedente e da quello seguente. Per quanto riguarda il primo argomento è stata calcolata, per la parte di catalogo corrispondente a ciascuna zona sismogenetica, la data più probabile d'inizio della sua parte completa sotto l'ipotesi che tale data costituisca il punto di cambio del tasso costante a tratti di un processo di Poisson. La stessa analisi è stata poi ripetuta considerando solo gli eventi con intensità I0>=VI, quelli cioè che in genere vengono considerati nelle valutazioni di pericolosità (Rotondi e Garavaglia, 1998). I risultati sono raccolti rispettivamente in Tabella 1 e 2. Si ricorda che gli eventi nel catalogo NT4.1.1 hanno intensità I0>=V-VI o magnitudo Ms>=4.0 e che quindi in NT4.1.1 sono riportati ben 593 eventi di intensità minore a VI. Poiché in genere si ritiene che la completezza del catalogo debba crescere col crescere della soglia adottata per la grandezza degli eventi inclusi nel catalogo stesso, ci si aspetta che le date in Tabella 1 siano posteriori a quelle in Tabella 2. Si può però osservare che questo accade solo nelle 18 zone: 9 (*) - 12 - 19 - 24 - 26 (*) - 27 - 28 - 31 - 32 - 40 - 45 - 52 - 55 - 64 (*) - 69 - 71 - 74 - 77, dove (*) indica le zone in cui la riduzione del periodo di completezza é più significativa. Si osserva invece, contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, un ampliamento del periodo di completezza nelle 12 zone: 4 (*) - 5 - 6 - 7 - 17 - 23 (*) - 35 (*) - 46 - 49 (*) - 51 - 72 - 79 (*) che in particolare per quelle contrassegnate con (*) raggiunge valori elevati. Vogliamo pero` far notare che in un numero limitato di casi le date stimate come inizio della parte completa del catalogo sono sicuramente discutibili dal punto di vista storico. Facciamo inoltre osservare che l'analisi compiuta fornisce anche per ciascuna zona la stima del tasso di accadimento.

Più complesso é invece il discorso sui risultati ottenuti attraverso l'applicazione di modelli grafici, in particolare modelli grafici diretti aciclici, nello studio delle relazioni di dipendenza stocastica tra intensità macrosismica di un evento, tempo trascorso da quello precedente IntS e tempo che separa da quello successivo IntT. Obiettivo di questo lavoro é quello di verificare se zone omogenee secondo i criteri adottati nell'elaborazione della zonazione lo sono pure per il tipo di grafo stimato come miglior modello tra gli otto generati congiuntamente dalle tre variabili suddette. La Figura 1 fornisce una rappresentazione grafica dei vari modelli esaminati; ciascun nodo nei grafi corrisponde a una variabile casuale e ogni freccia che congiunge due nodi rappresenta un legame causale tra le corrispondenti variabili, mentre la mancanza di tale legame tra due variabili indica la loro indipendenza totale o condizionata.

Ad esempio, nel modello 2 la presenza della sola freccia IntS-> I0 sta ad indicare l'ipotesi che l'intensità I0 di un evento dipende stocasticamente dal tempo trascorso dall'evento precedente IntS e che le altre due coppie di variabili (I0 ,IntT) e (IntS, IntT) sono tra loro indipendenti condizionatamente alla rimanente variabile. Si riconosce in questo schema il modello Slip predictable. In modo analogo il legame tra I0 e tempo di attesa del prossimo evento IntT mostrato nel terzo grafo e` caratteristico del modello Time predictable. La trattazione analitica di questi modelli richiede la discretizzazione delle variabili; questo comporta l'introduzione di un elemento di arbitrio nel caso delle variabili temporali e fa si` che il numero dei parametri cresca rapidamente con la complessità del modello. Nel nostro caso quest'ultimo aspetto insieme al numero molto ridotto di osservazioni disponibili in alcune zone sismogenetiche può ridurre l'affidabilità dei risultati ottenuti per queste zone.

Pur premettendo che lo studio non é ancora stato ultimato, si possono però trarre delle indicazioni preliminari dal lavoro svolto fino ad ora (Agostinelli, 1998). I risultati appaiono sensibili all'assegnazione delle distribuzioni a priori e alla scelta del parametro di precisione globale che devono perciò rispecchiare il più fedelmente possibile la nostra conoscenza sul fenomeno. I modelli stimati usando dati tratti dalle macrozone 1.1, 1.2, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 2.5, 3, 4, 5, 6, e quelli ottenuti usando dati tratti dalle singole zone hanno evidenziato alcune disomogeneità; tra le più evidenti quella tra la zona 4 e la sua macrozona 1.1, quella tra le due zone vulcaniche 56 e 73, e in misura meno forte, quella tra le zone 38, 55 e le rispettive macrozone 2.1 e 2.4. Si fa inoltre notare che adottando il fattore di Bayes come criterio di scelta del modello ottimale, oltre il 50% dei modelli selezionati é costituito dai modelli 5, 6 e 7; questo induce a ritenere che la complessità del fenomeno sia tale da richiedere lo studio di processi a piu` passi di memoria.

Lavori

Agostinelli C.,1998. Reti bayesiane e modelli probabilistici nell'analisi dei terremoti italiani, Relazione - dicembre 1998

Rotondi R.e Garavaglia E., 1998. Analisi statistica della completezza di un catalogo sismico, Quaderno IAMI-98.16


Tabella 1. Stima della data d'inizio del periodo di completezza del
catalogo NT4.1.1 suddiviso per zone sismogenetiche della zonazione ZS4.0.
Il simbolo (*) indica le zone per cui, dall'analisi svolta, si deduce che
l'intero sotto-catalogo puo` ritenersi completo.

zona          completa      zona          completa dal   zona         completa dal  
              dal                                                                   
1             1721.         28            1902.1        55            1873.9        
2             1872.3        29            1892. (*)     56            1488.5        
3             1845.9        30            1811.5        57            1895.0        
4             1755.6        31            1724.9        58            1882.4        
5             1856.(*)      32            1871.8        59            1627.5        
6             1857.1        33            1815.6        60            1892.4        
7             1868.3        34            1896.5        61            1841.1        
8             1783.5        35            1323. (*)     62            1702.2        
9             1882.1        36            1864.9        63            1826.0        
10            1887.3        37            1826.7        64            1894.4        
11            1572.(*)      38            1686.9        65            1824. (*)     
12            1882.0        39            1895.2        66            1821.5        
13            1785.8        40            1824.6        67            1897.9        
14            1774.1        41            1868.4        68            1626. (*)     
15            1827.1        42            1811.1        69            1783.0        
16            1892.(*)      43            1748.7        70            1707. (*)     
17            1869.(*)      44            1889.2        71            1836.3        
18            1803.9        45            1853.7        72            1712. (*)     
19            1753.2        46            1896.0        73            1875.0        
20            1835.3        47            1873.1        74            1884.0        
21            1884.(*)      48            1870.1        75            1818.6        
22            1818.1        49            1756.0        76            1559. (*)     
23            1610.(*)      50            1703.4        77            1909.4        
24            1895.9        51            1892.0        78            1624. (*)     
25            1968.6        52            1874.1        79            1536.2        
26            1910.0        53            1882.6        80            1974.4        
27            1861.2        54            1935.9 (**)                               

(**) si veda Rotondi e Garavaglia (1998)




Tabella 2. Stima della data d'inizio del periodo di completezza
dell'insieme di eventi con intensita` macrosismica Io >= VI estratti dal
catalogo NT4.1.1 suddivisi per zone sismogenetiche della zonazione ZS4.0.
Il simbolo (*) indica le zone per cui, dall'analisi svolta, si deduce che
l'intero sotto-catalogo puo` ritenersi completo.

zona          completa      zona          completa dal   zona         completa dal  
              dal                                                                   
1             1721.         28            1834.1        55            1825.8        
2             1872.3        29            1892. (*)     56            1488.5        
3             1845.9        30            1811.5        57            1895.0        
4             1877.         31            1697.7        58            1882.4        
5             1873. (*)     32            1697.4        59            1627.5        
6             1859.         33            1815.6        60            1892.4        
7             1891.4        34            1896.5        61            1841.1        
8             1783.5        35            1779.5        62            1702.2        
9             1576.7        36            1864.9        63            1826.0        
10            -             37            1826.7        64            1200. (*)     
11            1572. (*)     38            1686.9        65            1824. (*)     
12            1787. (*)     39            1895.2        66            1821.5        
13            1785.8        40            1780.3        67            1897.9        
14            1774.1        41            1868.4        68            1626. (*)     
15            1827.1        42            1811.1        69            1659. (*)     
16            1892. (*)     43            1748.7        70            1707. (*)     
17            1874. (*)     44            1889.2        71            1770.4        
18            1803.9        45            1694.2        72            1790. (*)     
19            1703.9        46            1960.2        73            1875.0        
20            1835.3        47            1873.1        74            1874.6        
21            1884. (*)     48            1870.1        75            1818.6        
22            1818.1        49            1886.5        76            1559. (*)     
23            1806. (*)     50            1703.4        77            1727.5        
24            1807. (*)     51            1904.1        78            1624. (*)     
25            1968.6        52            1731.7        79            1897.1        
26            1276. (*)     53            1882.6        80            1974.8        
27            1790.5        54            1935.9 (**)                               

(**) si veda Rotondi e Garavaglia (1998)




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Revisione delle zone/strutture sismogenetiche del territorio nazionale e contributo alla ridefinizione dei tassi di sismicità

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Pisa
Responsabile: P. Scandone (20 ML)

ricerche svolte con la collab. di A. Cascella, C. Meletti, P. Pantani, E. Patacca e S. Ruberti

L'attività svolta è stata indirizzata su due principali filoni di ricerca:

- aggiornamento del modello cinematico d'Italia e aree circostanti;

- studio delle strutture di sottosuolo tra l'Abruzzo orientale e l'Irpinia.

Relativamente al primo filone di ricerca sono stati inseriti nel modello nuovi dati, raccolti dalla letteratura, relativi a meccanismi di rottura ricavati da soluzioni focali di terremoti e a vettori di spostamento ricavati da misure geodetiche. Questi nuovi dati sono risultati in buon accordo con il modello elaborato negli anni precedenti; di questo, pertanto, viene confermata la capacità predittiva. Una rappresentazione schematica del modello cinematico è contenuta nella figura 1 (tratta da Meletti et al.,1998) nella quale sono stati messi in evidenza i seguenti elementi di ordine maggiore:

- la microplacca adriatica e le tracce dei vettori di spostamento che descrivono le relazioni tra Adria ed Europa. La freccia piena in Puglia indica il vettore di spostamento ricavato da misure VLBI nella stazione di Matera;

- il margine settentrionale della placca africana e le tracce dei vettori di spostamento che descrivono, secondo Livermore e Smith 1985, la convergenza tra Africa ed Europa. La freccia piena in Sicilia meridionale indica il vettore di spostamento ricavato da misure VLBI nella stazione di Noto;

- la placca europea, che include il blocco sardo-corso e i bacini retroarco del Mediterraneo Occidentale e del Tirreno;

- la scarpata di Malta, interpretata come margine estensionale tra placca africana e microplacca adriatica;

- i sistemi di catena e i principali svincoli laterali;

- le zone di risalita del mantello nelle quali il cuneo astenosferico (punteggiato) funge da leading edge per la compressione sopracrostale;

- i fronti di compressione nei sistemi Europa-vergenti (Alpi), Adria-vergenti (Sudalpino e Dinaridi lungo il margine convergente, Appennino ed Arco Calabro lungo il margine divergente) ed Africa-vergenti (Maghrebidi). Il fronte della compressione è inattivo (linea tratteggiata) nell'arco del Monferrato e nell'Appennino meridionale;

- la linea Insubrica, quale principale elemento di separazione tra sistema alpino Europa-vergente e sistema sudalpino Adria-vergente;

- il margine estensionale nell'Appennino meridionale tra placca europea e microplacca adriatica;

- la zona di Wadati-Benioff del Basso Tirreno.

Le figure 2 e 3 mostrano la distribuzione dei terremoti storici (fig. 3, catalogo NT) e attuali (fig. 2, ING 1981-1995) nel sistema cinematico analizzato.

Il secondo filone di ricerca aveva come obiettivo quello di comprendere le relazioni geometriche e cinematiche tra le strutture sismogenetiche dell'area molisana a nord del Matese (es. terremoto del 1805), le strutture sismogenetiche del Beneventano (es. terremoto del 1688) e quelle della Baronia (es. terremoto del 1930), nonché le modalità di attivazione ravvicinata "in cascata" di queste strutture (terremoto del 1456). Alle spalle di questa ricerca c'era l'ipotesi di lavoro che la geometria delle strutture estensionali recenti dell'Appennino meridionale sia in qualche modo condizionata e guidata dalla geometria delle strutture compressive plio-pleistoceniche che hanno interessato i carbonati del sistema duplex sepolto che forma l'ossatura della catena.

La ricerca, non ancora terminata, si basa essenzialmente sull'esame di linee sismiche a riflessione tarate su logs di pozzi per esplorazione di idrocarburi. I risultati finora raggiunti mostrano una direzione compresa tra W-E e WNW-ESE nelle strutture potenzialmente attive a nord del Matese che cambia bruscamente in una direzione compresa tra N-S e NNW-SSE tra il margine nord-orientale del Matese e Benevento e passa infine nuovamente, per le strutture della Baronia, ad una direzione compresa tra W-E e WNW-ESE.

Nel secondo semestre saranno analizzate le relazioni tra strutture profonde della Baronia e strutture profonde dell'Irpinia.

Lavori

Meletti C., Patacca E., Scandone P., 1998. Construction of a seismotectonic model: the case of Italy. Pageoph (in corso di stampa).




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Contributo alla revisione delle zone sismogenetiche della Sicilia

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento di Scienze della Terra - Università di Catania - Responsabile: L. Tortorici
Responsabile dell'attività 5.1.1: M. S. Barbano (10 ML)

ricerche svolte con la collab. di R. Azzaro, R. Rigano, B. Antichi e L. Arena

Nell'ambito degli studi inerenti il perfezionamento della zonazione sismogenetica della penisola italiana è stato intrapreso uno studio allo scopo di particolareggiare, sia sulla base di analisi di dettaglio della sismicità che sulla base di evidenze di tettonica recente, la zonazione della Sicilia. In generale si è potuta rilevare l'eccessiva estensione delle zone che, in molti casi, inglobano aree a sismicità differente.

Vengono discusse le zone sismogenetiche analizzate mettendone in evidenza gli elementi che indicano possibili proposte di variazioni ed i problemi per una loro precisa definizione. In generale in Sicilia si ha una scarsa disponibilità di dati strumentali per cui la definizione delle zone sorgenti è basata prevalentemente sull'analisi dei terremoti storici. Questo implica ampi margini di errore nella localizzazione dei terremoti soprattutto quando gli effetti macrosismici interessano aree costiere. L'unico terremoto forte avvenuto recentemente è quello di Messina del 1908. Inoltre non sono state riconosciute fagliazioni cosismiche se non in casi particolari. Per quanto riguarda poi le evidenze di tettonica recente, la letteratura disponibile non offre informazioni univoche.

1. Sicilia occidentale

La zona sismogenetica 76, che comprende la catena costiera occidentale, è stata interessata in tempi storici da terremoti di moderata energia che non hanno mai provocato effetti devastanti. Essi si concentrano prevalentemente nel tratto tra Palermo e Termini Imerese mentre, per tutta l'area tra Palermo e Capo S. Vito, non si hanno notizie di eventi sismici. Per la zona di Termini sono stati studiati due terremoti per i quali non si disponeva di dati di base, l'evento dell'11/9/1906 e quello del 21/1/1907 (Rigano, 1998). Secondo le fonti storiche gli eventi maggiori di quest'area (1726, 1940) hanno provocato "tsunami", il che suggerisce l'esistenza di sorgenti nel Tirreno verosimilmente in prossimità della costa. Questo settore è caratterizzato dalla presenza di due sistemi strutturali: quello "Sud-Tirrenico" (Finetti et al., 1996) a faglie trascorrenti destre NO-SE e quello a direzione circa E-O che delimita la catena costiera con strutture distensive (Ghisetti e Vezzani, 1977). Si può pertanto ipotizzare un eventuale ridimensionamento della ZS al suo settore più orientale, anche se rimane il problema del significato e della collocazione della sismicità di Ustica.

La zona sismogenetica 77 comprende aree con stili sismici differenti. Infatti nel settore più a nord (Area di Corleone) la sismicità è caratterizzata da piccole sequenze di terremoti di bassa energia che causano lievi danni in aree di limitata estensione, come è emerso da uno studio di dettaglio effettuato sui seguenti terremoti privi di dati di base: 19/5/1845, 25/5/1876, 11/6/1876, 26/8/1876, 3/12/1909, 20/11/1954, 15/1/1956 (Rigano, 1998). Le caratteristiche di questi eventi sono compatibili con strutture sismogenetiche superficiali di limitata estensione.

Più a sud, la zona del Belice è stata riconosciuta area sismica solo in seguito ai terremoti del 1968 e quindi non si dispone di un record storico. Al fine di approfondire le conoscenze sulla sismicità dell'area sono stati studiati i principali terremoti del 1968 attraverso la revisione degli studi e bollettini contemporanei nonché lo spoglio sistematico dei quotidiani locali. Nonostante il problema della sovrapposizione degli effetti per il susseguirsi delle scosse, si è cercato comunque di valutare gli effetti causati dai seguenti eventi: 14/1/1968 (12.28, 13.16, 15.49), 15/1/1968 (01.34, 02.01), 16/1/1968, 25/1/1968. Comunque la distribuzione degli epicentri e degli effetti non indica allineamenti ben definiti. I meccanismi focali disponibili non danno soluzioni univoche, variando da trascorrenti pure, a transpressive, a inverse pure; ciò è legato al ridotto numero di osservazioni di polarità ed alla scarsa affidabilità delle localizzazioni ipocentrali. Per cui dai dati sismologici non è possibile identificare in maniera definitiva le strutture sismogenetiche. Questo ha portato recentemente ad interpretazioni molto differenti degli stessi dati. I terremoti del 1968 potrebbero essere legati sia a rotture lungo una rampa di thrust cieco al di sotto della sinclinale del Belice (Monaco et al., 1996) sia, sulla base di analisi paleosismologiche (Michetti et al., 1995), a strutture trascorrenti che sarebbero il proseguimento in terra della zona di taglio N-S del Canale di Sicilia.

Lungo la costa meridionale infine la sismicità si manifesta con sequenze sismiche di bassa energia, che si protraggono anche per diversi mesi, talvolta in concomitanza di attività vulcanica nel Canale di Sicilia (p. es. 1831). Sono state riviste in dettaglio alcune delle sequenze sismiche e studiati i seguenti eventi privi di dati di base: 1652, 8/5/1727, 3/8/1727, 8/6/1740, 26/6/1740, 18/1/1817, 23/1/1817 (Rigano, 1998), ed alcuni eventi al di sotto della soglia del danno. La presenza di un sistema trascorrente orientato circa N-S sviluppato dalla zona di Sciacca fino alla zona assiale del Canale di Sicilia, come è evidente dai profili sismici (Argnani et al., 1987), e lungo cui sembrano allinearsi i numerosi edifici vulcanici sottomarini, sembra porsi come elemento tettonico privilegiato a cui poter riferire la sismicità dell'area. Anche la sismicità registrata negli anni più recenti (Salvi et al., 1996) presenta una distribuzione circa N-S nell'immediato offshore di Sciacca. Pertanto andrebbe valutata la possibilità di ridimensionare la ZS 77 eventualmente discriminando le tre aree sopra descritte.

Altra area caratterizzata da una discreta attività sismica è quella compresa tra Trapani, Mazara e le Egadi. I terremoti del 7 giugno 1981, del 1979 e del 1995, ubicati al largo delle Isole Egadi, rappresentano i massimi rilasci di energia riscontratisi nell'area. I terremoti storici sono poco documentati e di solito riguardano località isolate. In questo caso andrebbe considerata la possibilità di identificare l'area come possibile nuova ZS.

2. Sicilia sud-orientale

Per le zone sismogenetiche 78 e 79 sono stati analizzati sia i terremoti distruttivi (Ms = 6.4-7.3) e medio-forti per i quali sono disponibili dati macrosismici e strumentali di letteratura, che eventi minori precedentemente non studiati, privi di dati di base (4/10/1878, 13/4/1895, 3/11/1898, 2/1/1909, 3/3/1937, 8/10/1949, 23/12/1959, 29/10/1990). La consistenza fra le evidenze di tettonica attiva e la distribuzione della sismicità ha indicato la presenza di aree sorgenti con differente comportamento sismico all'interno delle zone sismogenetiche di riferimento (ZS 78, 79). Sulla base di questo studio è stata proposta una zonazione sismogenetica schematica, che tenta di legare i terremoti a strutture ben definite (Fig. 1, Azzaro e Barbano, 1998).

La sismicità sembra prevalentemente associabile infatti a faglie regionali che giocano un ruolo importante nell'evoluzione geodinamica recente dell'Avampaese Ibleo. La Scarpata Ibleo-Maltese è la sola struttura con dimensioni tali da poter generare terremoti di magnitudo M > 7 e provocare tsunami come quelli verificati in occasione dei catastrofici terremoti del 1169 e 1693; altri terremoti che potrebbero essere associati a questa struttura sono quelli del 20/2/1818, del 1846 e 1848. Alla Linea di Scicli ed al sistema di faglie che delimita a nord il Plateau Ibleo (per es. graben Scordia-Lentini) sono associabili terremoti con magnitudo massima 5.2 e 6.4, rispettivamente. Strutture minori legate alle principali causano terremoti con magnitudo minori a 5.0. L'estensione dei segmenti attivi ipotizzati è dimensionalmente compatibile con la lunghezza della rottura calcolata per i terremoti associati.

Pertanto andrebbe valutata la possibilità di ridimensionare le ZS 78, 79 tenendo conto dell'ubicazione delle faglie principali all'interno delle ZS di riferimento.

3. Sicilia nord-orientale

La zona sismogenetica 74 comprende aree con stili sismici differenti, come risulta anche dall'analisi di alcuni eventi minori (Antichi et al., 1998). Infatti la maggior parte dei terremoti sembrano localizzati nel versante tirrenico della ZS 74, in particolare lungo l'allineamento Patti-Vulcano-Salina (terremoti del 1717, 1729, 1732, 1783, 1786, 1831, 1926, 1936, 1978, 1980). Questa sismicità sembra potersi ricollegare alle strutture trascorrenti destre orientate NO-SE (es. terremoto di Patti del 1978), che definiscono la parte più settentrionale della zona di taglio crostale della cosiddetta Linea Tindari-Giardini auct. La mancanza di informazioni di eventi sul versante ionico, caratterizzato da minori evidenze morfotettoniche, non esclude che la "linea" sia attiva lungo tutta la sua estensione e pertanto un gap sismico potrebbe essere presente nella parte meridionale di essa. Di magnitudo più bassa ed ipocentri più superficiali, i terremoti dell'area Novara di Sicilia-Raccuia (1780, 1893, 1894, 1906, 1908) sembrano legati a strutture esterne all'allineamento Patti-Isole Eolie. I terremoti dell'area di Naso (1613, 1739, 1823) potrebbero essere associati a faglie normali NE-SO responsabili del sollevamento della Catena ma i pochi elementi conoscitivi su ruolo e dinamica delle strutture tirreniche (trend E-O) presenti in mare, e responsabili della sismicità del settore più occidentale dell'arco eoliano, non consentono di escludere che queste ultime possano aver generato terremoti tipo il 1823. La notevole estensione di questa ZS 74 è anche dovuta alla distribuzione dei terremoti storici (1892, 1894, 1915, 1930) e recenti (Salvi et al., 1997) ubicati nel settore occidentale delle isole Eolie; alcuni di questi hanno provocato anche danni significativi, seppure in zone ristrette vista la limitata estensione delle isole.

Pertanto andrebbe valutata la possibilità di ridimensionare la ZS eventualmente discriminando le quattro aree sopra descritte.

La geometria della zona sismogenetica 73 comprende tutte le strutture tettoniche presenti nell'area vulcanica etnea senza tenere conto degli allineamenti presenti. La sismicità associata è caratterizzata da elevata frequenza di accadimento, bassi rilasci energetici e sorgenti superficiali (H < 4 km). Contributi alla possibile ridefinizione di quest'area emergono da uno studio sulle evidenze di fagliazione superficiale cosismica relativa ad eventi avvenuti in epoca storica. Tale ricerca (Azzaro, 1998), condotta attraverso rilievi di campagna ed analisi di dati di letteratura, ha consentito l'individuazione di faglie sismicamente attive e dei terremoti ad esse associati.

Nel dettaglio è stato possibile riconoscere diverse strutture sismogenetiche, tra cui quelle responsabili degli eventi maggiormente distruttivi dell'area (per es. faglia di S. Tecla per il terremoto del 1914, f. di Moscarello per gli eventi del 1865 e 1911), definirne i differenti segmenti nonché la relativa cinematica. Sono state anche riconosciute strutture sismogenetiche sepolte. La sostanziale differenza tra la sismicità del versante orientale e quella del settore sommitale ed occidentale suggerirebbe la possibilità di definire meglio la geometria di questa ZS.

Allo stato attuale non si hanno elementi tali da suggerire modifiche alle zone sismogenetiche 75 e 71.

Lavori

Rigano R., 1998: Revisione di alcuni terremoti della Sicilia occidentale. Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti, Rapporto interno, Catania, 30 pp.

Antichi B., Arena L., Azzaro R., Barbano M.S., Rigano R., 1998b: Contributo alla ridefinizione delle zone sismogenetiche in Sicilia. Poster presentato al Convegno del Gruppo Nazionale per la Difesa dai Terremoti svoltosi a Roma dal 19 al 21 ottobre 1998.

Azzaro R., 1998: Earthquake surface faulting at Mount Etna volcano (Sicily) and implications for active tectonics. J. Geodynamics, 28.

Azzaro R. e Barbano M. S., 1998. Analysis of seismicity of southeastern Sicily and implications for a seismogenic model. Sottomesso a Journal of Seismology.

Riferimenti

Argnani A., Corvini S., Torelli L. e Zitellini N., 1987: Diachronous foredeep - system in the Neogene-Quaternary of the Strait of Sicily. Mem. Soc. Geol. It., 38, 407-417.

Ghisetti F. e Vezzani L., 1977: Evidenze di linee di dislocazione sul versante meridionale dei monti Nebrodi e Madonie e loro significato neotettonico. Boll. Geodesia e Sc. Affini, 36 (4), 441-467.

Michetti A. M., Brunamonte F., Serva L., 1995: Paleseismological evidence in the Epicentral Area of the January 1968. Earthquakes, Belice, Southwestern Sicily. Perspectives in Paleoseismological.

Monaco C., Mazzoli S., Tortorici L., 1996: Active thrust tectonics in western Sicily (southern Italy): the 1968 Belice earthquakes sequence. Terra Nova, 8, 372-381.

Salvi, S., Brunori, C.A., Amato, A., Boschi, E., and Selvaggi, G., 1996, Sismicità italiana 1986-1995. Carta a scala 1:1.500.000, Istituto Nazionale di Geofisica, Roma.




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Geometria, età e significato dei principali lineamenti strutturali della Sicilia orientale

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Istituto di Geologia e Geofisica - Università di Catania - Responsabile: L. Tortorici
Responsabile dell'attività 5.1.1: F. Lentini (15 ML)

Riguardo all'obiettivo proposto dall'U.R. di Catania, mirato alla definizione delle strutture sismogenetiche nella Sicilia orientale, nel corso del primo semestre del 1998 sono stati ulteriormente chiariti il ruolo ed il significato dei principali lineamenti tettonici affioranti nel settore orientale dell'isola.

Il prodotto più significativo è lo Schema geologico-strutturale della Sicilia nord-orientale che contiene tutte le informazioni di terreno disponibili, riguardanti la geometria e la cinematica dei sistemi di faglie affioranti in questo settore dell'isola. Tale documento cartografico, col quale viene anche raggiunto l'obiettivo di fornire una copertura geologica completa e sufficientemente aggiornata della Sicilia orientale, modifica notevolmente il quadro delle principali linee tettoniche affioranti nell'area peloritana. La comparazione dei dati di terreno con dati sismici del progetto CROP-mare, effettuata in collaborazione con l'Università di Trieste, ha consentito, inoltre, di riconoscere la prosecuzione a mare dei lineamenti tettonici riconosciuti a terra e di individuare le strutture riferibili ad una tettonica pellicolare e quelle collegate a tagli profondi di carattere litosferico, e pertanto potenzialmente sismogenetiche se riattivate.

E' stato individuato un fronte collisionale (North Etna Thrust Front), interpretato come espressione superficiale della sutura tra crosta maghrebide e africana, esteso lungo il settore settentrionale dell'isola. Tale struttura è interrotta trasversalmente da una shear zone destra, estesa dalle aree tirreniche alle aree ioniche della Sicilia, la cui espressione a terra è la cosiddetta South Peloritani Shear Zone, che costituirebbe lo svincolo meridionale del sistema Tirreno-Arco Calabro, attivatosi a partire dal Pliocene medio. Questa zona di taglio ha il carattere di un sistema litosferico nel settore tirrenico, mentre assume un significato pellicolare nelle aree ioniche, dove gioca il ruolo di rampa laterale del fronte esterno dell'Arco Calabro. Sono stati inoltre ridefiniti geometricamente i sistemi di faglie normali che controllano la costa tirrenica.

Gran parte delle ricerche ancora in corso sono ora concentrate alla comprensione delle relazioni tra le linee tettoniche della fascia orogenica ed i sistemi bordieri di faglie normali presenti lungo la costa ionica siciliana: Scarpata Ibleo-Maltese e Sistema Messina-Etna. Lo stato di conoscenze più avanzate nelle aree iblee ha permesso una serie di analisi di dettaglio lungo elementi strutturali già precedentemente definiti. Tali studi comprendono: analisi di terreno e di linee sismiche, mirate alla verifica dello stato di attività dei sistemi di faglie ad orientazione NE-SW e NNW-SSE della scarpata; analisi delle deformazioni in pozzo e delle curve di subsidenza, geohistory e backstripping di pozzi AGIP sul bordo ibleo e sulla Piana di Catania; analisi neotettonica e ricostruzione cinematica delle deformazioni nell'area di Augusta, prossima alle aree epicentrali dell'evento sismico del 1990.

Nell'area peloritana le ricerche in corso riguardano lo studio degli elementi morfologici areali finalizzato alla scansione temporale e valutazione dell'entità degli eventuali rigetti lungo le principali linee tettoniche dell'area con particolare attenzione alle relazioni tra i movimenti lungo i sistemi di faglie e le imponenti fasi surrettive che hanno interessato l'area. Questa parte della ricerca ha fornito primi risultati significativi quali l'individuazione dell'inizio della surrezione delle aree tirreniche (post-600 ka) e la determinazione dei tassi di sollevamento medi, calcolati intorno a valori di 1-1.1 mm/a.

L'insieme dei dati suggerisce che le grosse faglie che controllano il sollevamento in atto siano da reperire in aree attualmente sommerse e l'insieme degli elementi affioranti a terra sia stata passivamente coinvolta nei movimenti verticali, con parziali riattivazioni lungo segmenti pre-esistenti, ma non particolarmente significativi dal punto di vista sismogenetico.

I dati saranno completati con le analisi geomorfologiche in corso sul lato ionico, lungo le faglie del cosiddetto "Sistema Messina-Etna", che consistono, anche in questo caso, nella scansione temporale degli eventi surrettivi e nel riconoscimento di eventuali faglie a terra che controllino i movimenti verticali.




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Contributo alla ridefinizione delle zone/strutture sismogenetiche delle Alpi centro-orientali

PE 98 - Progetto 5.1.1 "Zone sismogenetiche e probabilità degli eventi associati"
UR Dipartimento Scienze della Terra - Università di Roma - Responsabile: G. Valentini
Responsabile dell'attività 5.1.1: C. Doglioni (15 ML)

Lo studio della sismicità delle Alpi centro-orientali ha avuto un'ulteriore ripresa d'interesse dopo il terremoto di Bovec (Slovenia) del 12/4/98 che ha avuto meccanismo focale di un piano di movimento trascorrente destro lungo la direzione NNW. Le Alpi orientali sono l'area dove maggiormente si è concentrata l'attività sismica dell'ultimo secolo nell'arco alpino. Viene spesso dimenticato però che quest'area è la zona di coalescenza tra due orogeni, le Alpi e le Dinaridi che sono associati a due zone di subduzione distinte che vanno ad avvicinarsi in profondità probabilmente sotto il Friuli orientale, la Carinzia e la Slovenia. Questa zona è strutturalmente complicata in modo ulteriore dagli effetti della distensione del Bacino Pannonico, considerato come bacino di retroarco della subduzione dei Carpazi. La sovrapposizione di questi tre eventi diversificati su di una litosfera già eterogenea per le eredità del rifting mesozoico e della sepolta catena ercinica, rende l'analisi strutturale delle 'Alpi' orientali particolarmente complicata.

La sismicità, oltre che dalla tettonica attiva, è notoriamente controllata dallo stato termico della crosta in cui i movimenti avvengono. Quindi la ricostruzione delle potenzialità sismiche delle Alpi orientali passa inizialmente per una costruzione di profili reologici dei vari settori coinvolti. Per esempio la distensione neogenica del Bacino Pannonico ha certamente alzato le isoterme nella zona di ispessimento crostale sia della subduzione dinarica che quella vera alpina orientale. Le ricostruzioni di profili 1 e 2D reologici sono quindi di interesse primario per la valutazione della pericolosità sismica dell'area oggetto di studio. La ricerca in merito è appena iniziata.

La zonazione corrente proposta dal GNDT è quanto al momento di meglio poteva essere elaborato. Alcuni indicazioni di maggiore intensità sismica potrebbero essere attese nel settore settentrionale del Friuli (area della Linea Insubrica o Linea della Gail, o della Linea Fella-Sava, probabili piani del terremoto della Carnia del 1348). Spostandosi verso il NE del Friuli, il flusso di calore aumenta a valori tra 90-100 mW/m2, verosimilmente per la distensione del bacino Pannonico; quest'aumento di temperatura dovrebbe diminuire la profondità di picco di massima resistenza (transizione fragile/duttile), ma abbassarne nel contempo l'intensità.

Spostandosi verso occidente, nell'area veneta, la crosta continentale è invece più spessa, il flusso di calore è mediamente minore (50-80 mW/m2) e quindi aumentano le potenzialità per maggiori intensità sismiche, considerato che gli stessi sovrascorrimenti responsabili del terremoto del Friuli del 1976 proseguono verso occidente dal Friuli al Veneto, come per esempio la linea della Fella-Sava che prosegue verso ovest nella Linea della Valsugana, la Linea Periadriatica o di Maniago che continua nella Linea di Belluno, o i sovrascorrimenti sudalpini sepolti che sono i più esterni ed attivi della pianura friulana e che si correlano con le strutture frontali delle Prealpi Venete (struttura a triangolo della Linea di Bassano, Anticlinale del Montello). E' da notare che nei pozzi della pianura veneta e friulana più meridionale è stato riscontrato uno stress orizzontale massimo sub-parallelo a quello del fronte della catena sudalpina, a circa 40 km a sud dai sovrascorrimenti noti.

Questo dato ci indicherebbe che tutta la pianura veneta è sotto sforzo e che rotture crostali in questo tratto possono prima o poi verificarsi, in aree attualmente considerate indeformate e di bassa pericolosità.

Un altro tema che viene considerato da questa unità operativa è la migrazione della sismicità sul piano di faglia, qualunque esso sia. Per esempio si sta analizzando il perché nel terremoto del Friuli del 1976 la sismicità sia migrata dall'alto verso il basso tra le due scosse principali di maggio e settembre, mentre questo generalmente non avviene nei terremoti appenninici distensivi. La ricerca continuerà focalizzandosi sull'analisi di terreno in alcune aree chiave sia in Slovenia che in Friuli, al fine di riconoscere le strutture sismogenetiche primarie, le loro dimensioni areali per un'eventuale analisi frattale, ed inoltre verranno condotti studi modellistici per valutare la ragione in termini di carico litostatico per la osservata migrazione della sismicità.


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Ultimo aggiornamento: 5 marzo 1999